L’intervento chirurgico, come riporta un dispaccio Ansa, è riuscito per merito della cooperazione di cinque unità operative (Emodinamica, Anestesia e Rianimazione, Radiologia e Urologia) dell’ospedale di San Donà di Piave.
Il caso era molto particolare, non tanto per le dimensioni della massa tumorale quanto per la compressione che essa esercitava su tutti gli organi addominali e toracici, e in particolare sui grossi vasi addominali. L’attività di vari organi era stata infatti progressivamente e notevolmente ridotta: i reni erano completamente schiacciati dalla massa, la mobilità e l’espandibilità dei polmoni erano state fortemente limitate dall’elevata pressione addominale.
“Quando la paziente è giunta alla nostra osservazione – spiega il primario di Chirurgia, P
aolo Sorrentino – ci si è subito resi conto che il rischio più consistente era rappresentato proprio dalla possibilità di una embolizzazione massiva nel momento in cui la massa sarebbe stata rimossa, determinando di conseguenza una decompressione improvvisa della vena cava e l’ipotetica liberazione degli emboli”.