Meno di 1 famiglia su 5 segue un regime alimentare corretto, e oltre il 50% dei bambini commette errori a tavola. Questo, in sintesi, l’allarme emerso dall'
Iindagine nazionale sulle (s)corrette abitudini alimentari di bambini e loro famiglie - il punto di vista dei pediatri, condotta a dicembre 2012 su circa 1.800 pediatri italiani. L’osservazione, condotta dal Ciso (Centro interdisciplinare per lo studio dell’obesità) in collaborazione con Be-Total, oltre a evidenziare alcune aree particolarmente importanti per interventi educazionali mirati, ha suggerito nuovi spunti di riflessione e di lavoro. Tra le abitudini scorrette, ai primi posti troviamo la scarsa o assente assunzione di frutta e verdura (68,3%), il salto della prima colazione (67,6%), la sedentarietà (65,8%) e il consumo eccessivo di alimenti ipercalorici (63,1%).
“Si osserva che, mentre il bambino di età 0-3 anni è molto seguito sotto il profilo alimentare, nelle età successive e in particolare tra i 6 e i 10 anni esso viene seguito con sempre minore attenzione in questo ambito - ha commentato
Paolo Magni, ricercatore universitario di Patologia Clinica, Università degli Studi di Milano - il consolidamento di una alimentazione scorretta comporta importanti conseguenze dopo i 10 anni, con lo sviluppo di sovrappeso e obesità e, in proiezione futura, di un aumentato rischio cardiometabolico”.
L’indagine ha confermato poi lo scenario nazionale su obesità e sovrappeso, evidenziando come nel 20% dei casi tali condizioni si siano già associate a problemi di salute. Sorprendente, in questo contesto, il dato relativo alla percezione dei genitori: nei due terzi dei casi, mamma e papà non sono consapevoli dei potenziali rischi per la salute di un’alimentazione scorretta dei figli. D’altra parte recenti osservazioni indicano che 7 mamme su 10 non propongono ai figli cibi a loro sgraditi e sono poco orientate a provare alimenti nuovi.
Interessanti considerazioni scaturiscono poi dalle risposte che i pediatri hanno dato ad alcuni quesiti sui possibili stati carenziali. Il 15% dei pediatri interpellati ha infatti stimato che oltre il 20% dei bambini da loro assistiti presenti deficit vitaminici. Infezioni, calo di appetito e calo delle difese sono le circostanze di più frequente prescrizione di integratori.
“L’integrazione vitaminica è utile in concomitanza di episodi infettivi, nelle condizioni di stress, stanchezza fisica o inappetenza e quando l’alimentazione non è in grado da sola di soddisfare pienamente le necessità - ha osservato
Gianni Bona, Direttore della Clinica Pediatrica dell’Università del Piemonte Orientale, all’Ospedale Maggiore di Novara - in tale contesto il gruppo delle vitamine B ha un ruolo centrale e dovrebbe essere sempre tenuto in debita considerazione”. Va ricordato che le vitamine del gruppo B, a cui i pediatri si sono manifestati più sensibili, oltre agli effetti fisiologici già illustrati, svolgono anche un ruolo importante nell’ambito delle funzioni cerebrali coinvolte in concentrazione, apprendimento, memoria e capacità di ragionamento.
In conclusione è opportuno riconfigurare il ruolo delle vitamine e ridefinirne le attuali aree di possibile carenza, che affondano le proprie radici in abitudini non ottimali per la cui correzione il pediatra può fare molto. “È compito del pediatra avviare i bambini a uno stile di vita corretto, nel quale sono prioritarie l’alimentazione e l’attività fisica”, ha concluso Bona.