È un percorso ad ostacoli quello che è stato raccontato oggi, all’interno della Conferenza, dai pazienti e addetti ai lavori. Un cammino che, seppur caratterizzato da diversi microcosmi, all’interno dei quali si declina questo grande ‘universo’ delle patologie croniche, si può dire unito da un unico comune denominatore, l’iniquità. Sì, perché le diverse disponibilità economiche, sia a livello territoriale, sia a livello di stratificazione sociale, fanno registrare differenze importanti, spesso abissali, rendendo disomogeneo e difficoltoso l’accesso alle cure per i pazienti che soffrono di malattie croniche.
Un esempio su tutti quello portato da
Paolo Siviero, intervenuto in rappresentanza dell'Aifa. Siviero, all’interno del suo intervento, ha evidenziato come “i tempi di attesa per la semplice registrazione a livello regionale di un farmaco già approvato dall’Aifa, fanno registrare differenze di range che vanno dai 21 fino agli oltre 500 giorni”. E ancora, parlando di iniquità, è da considerarsi un problema socio-politico, e non meramente sanitario, il fatto che siano proprio le fasce più deboli della popolazione quelle ad essere più esposte ai fattori di rischio che causano l'insorgenza delle malattie croniche. E che sia sempre il ceto economicamente più “debole” a soffrire, poi, di un più difficoltoso accesso alle cure.
Non a caso
Federico Spandonaro, coordinatore scientifico del Rapporto Sanità del Ceis, ricordando come le ‘differenze di genere’ e il livello socio-economico siano due dei “fattori fondamentali e discriminanti per la salute e la cronicità”, ha parlato di un possibile “superamento del concetto di Sistema sanitario, in favore della creazione di un “più moderno Sistema socio-sanitario”. Sono esattamente questi i punti sui quali la politica dovrebbe e potrebbe incidere con più forza. Dalle parole di Spandonaro è poi emerso un ulteriore importante punto di riflessione, quello relativo alla qualità della cura e della vita del paziente. Infatti, per quel che riguarda questo genere di patologie, non si può fare un discorso di sola quantità, di semplice allungamento della speranza di vita. In tutti questi casi diventa fondamentale poter incidere e misurare la propria efficacia su quella che è la qualità di vita del paziente. Proprio in questa direzione, si dovrebbe poi allargare ulteriormente il proprio raggio d’azione, facendosi carico del paziente non solo a livello di cure, ma anche a livello sociale, sostenendolo dunque, anche in quello che è il momento per lui più delicato, il suo reinserimento nella società.
Molte di queste problematiche, a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, sono diventate di competenza regionale. E se è vero come ha evidenziato il presidente di Farmindustria Sergio Dompè, che la politica deve fare scelte coraggiose in tutte quelle zone dove si produce solo “inefficienza ad alto costo”, lo è altrettanto che sarà necessaria una ancor più attenta opera di vigilanza affinché non vadano ulteriormente ad acuirsi quelle che - per mancanze strutturali, di disponibilità economiche e spesso per gestioni poco oculate - sono le divergenze che pesano e ricadono sempre sulle spalle dei pazienti e, più in generale, delle fasce 'deboli' della popolazione.
Giovanni Rodriquez
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