“Solo l’Italia veleggia ignara e incosciente verso un’emergenza sanitaria e sociale sempre più drammatica. E il 21 settembre, politici e istituzioni non perderanno comunque l’occasione di salire su qualche palcoscenico, o di approfittare di qualche microfono o telecamera per dire quanto è drammatica la situazione delle vittime della malattia di Alzheimer”. Non usa mezzi termini Patrizia Spadin, presidente e fondatrice di Aima (l’associazione italiana malattia di Alzheimer), che cita l’Australia, il Canada, la Francia, la Svezia, il Giappone e l’Inghilterra, fino anche alla Corea, per sottolineare come in molti Paesi del mondo si siano messe in campo grandi sforzi per adeguare l’organizzazione sanitaria e sociale all’emergenza Alzheimer. Stessa cosa, denuncia Spadin, non si può dire dell’Italia, dove “assistiamo impotenti ad un progressivo ulteriore isolamento e abbandono dei malati e dei familiari alle prese con problemi sanitari e sociali pressoché irrisolvibili senza l’aiuto delle istituzioni, e oggi alle prese anche con enormi problemi economici: una quotidianità talmente difficile da essere intollerabile anche per noi che siamo al loro fianco”.
Il 25° compleanno di Aima e la XVII Giornata mondiale Alzheimer che si svolge oggi “si celebrano in un clima di crisi diffusa che non fa ben sperare per il futuro delle famiglie colpite dall’Alzheimer. Lo slogan ‘It’s time for action!’ lanciato da Alzheimer’s Disease International per la giornata mondiale 2010, rischia in Italia di rimanere ancora una volta solo un invito lanciato nel vuoto”, afferma la presidente Aima aggiungendo che “sfruttare la vetrina offerta dalla Giornata Mondiale per dire quanto e come sarebbe giusto agire in favore delle vittime dell’Alzheimer è forse più scandaloso del sottrarsi consueto per mancanza di risorse e capacità politica, al dovere di costruire delle reti di servizi e di tutela in risposta a necessità e a bisogni fondamentali di salute”.
Questo, mentre nel resto del mondo si mettono in campo risorse, progetti e forze per cercare di rispondere a quella che è un’emergenza non solo per le persone che soffrono di Alzheimer, ma anche per i sistemi sanitari nazionali. Così, per fare un esempio,Spadin cita il governo coreano, che “nel 2008 ha dichiarato guerra alla demenza, e benché ancora insufficienti, i provvedimenti adottati ( come l’aumento del 4% del costo delle assicurazioni sanitarie per moltiplicare il numero dei centri e la formazione del personale che oggi cura soltanto 180.000 dei 400.000 dementi del paese) sono passi nella giusta direzione. Certo, se vogliamo prendere esempio dai migliori – prosegue la presidente Aima - dobbiamo sicuramente ispirarci all’Australia, o al Canada dove da tempo, con grande impegno, e grande impiego di risorse sia nazionali che regionali, a cui partecipano le famiglie secondo le possibilità, sono state create reti di servizi che rispondono in maniera diversa ai diversi bisogni sanitari o assistenziali della malattia, per un percorso in continuum, dove il malato e la famiglia non sono mai lasciati soli e senza cure o assistenza. Pensiamo alla Francia , dove, nel febbraio 2008, il governo ha stanziato 1,6 miliardi di euro che per la grandissima parte (1,2 miliardi di euro) sono stati dedicati alla costruzione di centri diversi che rispondano ai bisogni dei diversi livelli di ”fragilità” dei dementi. E si potrebbe continuare con i buoni esempi, citando la Svezia, il Giappone e l’Inghilterra”.