“Si tratta di un fatto molto grave”. Così la responsabile della Qualità della Vita di Lega Italiana Fibrosi Cistica, Silvana Mattia Colombi, definisce quanto avvenuto a Montepaone Lido, in provincia di Catanzaro, lo scorso novembre, quando a un bambino di 5 anni è stata negata l’iscrizione alla scuola pubblica dell’infanzia "Suor Salvatorina Casadonte” poiché affetto da fibrosi cistica.
La madre del bambino si è rivolta alla Lega Italiana Fibrosi Cistica Onlus – Associazione Calabria, che conferma che il motivo addotto dalla dirigente scolastica sarebbe il fatto che l’istituto “non può essere scambiato per un ospedale e non può quindi assistere persone affette da malattie infettive”.
Inutile si sarebbe dimostrato il tentativo della donna di spiegare che la fibrosi cistica non è una malattia contagiosa, ma sono piuttosto anche i piccoli raffreddori delle persone che circondano il paziente a compromettere il suo già precario stato di salute. L’unica soluzione è stata iscrivere il figlio in una scuola di Soverato, fino a che, stanca per via del pendolarismo quotidiano, non ha raccontato l’accaduto alla sua famiglia e alla La Lega Italiana Fibrosi Cistica Onlus (Lifc), che ha chiesto l’intervento immediato delle istituzioni affinché al bambino sia riconosciuto il diritto all’istruzione e alla socializzazione.
“Il fatto è estremamente grave – scrive Silvana Mattia Colombi nella lettera indirizzata al ministro dell’Istruzione, al sindaco del Comune di Montepaone, all’Ufficio Scolastico Regionale della Calabria ed a quello Provinciale di Catanzaro - perché un bambino affetto da fibrosi cistica è un bambino dall’aspetto normale e dall’intelligenza vivace che però lotta tutta la vita contro una malattia subdola e progressiva che colpisce soprattutto l’apparato respiratorio e digestivo. Un bambino affetto da fibrosi cistica è costretto per la sua malattia a rinunciare a molte delle belle cose che i coetanei possono fare, è un bambino che vive a contatto con medici ed ospedali, è un bambino che deve curarsi ogni giorno per contrastare la malattia da cui è affetto. Non è una malattia contagiosa la sua, né una malattia pericolosa per gli altri, ma solo ed esclusivamente per sé; la sua frequenza scolastica infatti aumenta la possibilità di entrare in contatto con virus stagionali e di contrarre sia infezioni respiratorie che gastrointestinali dagli altri bambini. È un rischio questo che il genitore spesso fatica ad accettare, prevalendo in lui il forte senso di protezione e di cura verso il proprio figlio al quale si vorrebbero evitare complicazioni e il rischio di ospedalizzazioni. Ma dove il genitore riesce, seppur a fatica, a superare queste sue paure, non dovrebbe trovare sulla sua strada ostacoli di alcun genere”.
Purtroppo però, osserva ancora la responsabile della Qualità della Vita di Lega Italiana Fibrosi Cistica, “gli ostacoli sono ancora una volta posti proprio da quelle istituzioni che dovrebbero tutelare il bambino e consentirgli un totale e sereno inserimento scolastico e sociale e che invece, con troppa superficialità, lo hanno discriminato, negandogli alcuni dei suoi diritti fondamentali, quali la formazione e la socializzazione”. “Eppure nel corso degli anni sono state emanate molte norme nazionali ed internazionali che tutelano il diritto all’istruzione, alla socializzazione e all’integrazione dei bambini fin dalle scuole dell’infanzia”, spiega Colombi citando in particolare, la normativa internazionale, con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle
persone con disabilità, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, entrata in vigore sul piano internazionale il 3 maggio 2008, e ratificata e resa esecutiva dall’Italia con legge 3 marzo 2009, n. 18. All’ art. 24, che stabilisce che gli Stati Parti «riconoscono il
diritto delle persone con disabilità all’istruzione». Diritto, specifica la stessa Convenzione, che deve essere garantito anche attraverso la predisposizione di accomodamenti ragionevoli, al fine di «andare incontro alle esigenze individuali» del disabile (art. 24, par. 2, lett. c, della Convenzione).
Inoltre, aggiunge Colombi, “la nostra Costituzione, all'art. 33, afferma che la Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi e ancora, nel riconoscere valore fondamentale alla persona come individuo, pone, a tal fine, a carico della collettività un obbligo di solidarietà, assumendo nel caso concreto rilievo l’art. 38, commi terzo e quarto, che sanciscono il diritto dei disabili all’educazione assegnando il correlativo obbligo allo Stato”. C’è poi la legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), fissa i principi della piena integrazione delle persone disabili; agli artt. 12 e 13 garantisce loro l’inserimento ed il necessario sostegno per mezzo di docenti specializzati, al fine della loro integrazione scolastica, fin dall’asilo nido. “Inoltre – prosegue la responsabile della Qualità della Vita di Lega Italiana Fibrosi Cistica - a livello nazionale già dal 2005 il Ministero della Salute, di concerto con il Ministero della Pubblica Istruzione, ha emanato le Linee Guida a cui un Dirigente Scolastico dovrebbe attenersi per garantire l’integrazione scolastica di un bambino disabile e la somministrazione dei farmaci a scuola, problema che riguarda anche i malati di fibrosi cistica”.
Per Colombi, “il dirigente scolastico, prima di negare un diritto avrebbe dovuto informarsi, comprendere ed infine, se necessario, impegnarsi per trovare la giusta soluzione o l’eventuale alternativa, nel totale e prioritario interesse del minore. Ancora una volta invece ci si è scontrati con la mancanza di informazione, con il pregiudizio, con la discriminazione”.