22 novembre - I corsi di formazione Iss per contrastare e prevenire la violenza di genere hanno raggiunto più di 18.000 operatrici e operatori sanitari di tutti i 651 pronto soccorsi italiani e oltre 2.000 professioniste e professionisti del territorio. Mentre il progetto Epi-We, che recluta volontarie per studiare le cicatrici molecolari della violenza sul DNA delle donne maltrattate, va avanti veloce. Dall'Iss anche le indicazioni le donne sui servizi di aiuto
Oltre 18.000 operatrici e operatori sanitari e sociosanitari nei 651 Pronto Soccorso italiani, e più di 2.000 professionisti e professioniste dei Servizi territoriali, sono stati raggiunti dai percorsi di formazione messi a punto dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) per prevenire e contrastare la violenza di genere. I corsi, di formazione a distanza (FAD) e blended (che includono anche incontri in aula) sul tema della Prevenzione e del contrasto della violenza di genere attraverso le reti territoriali, sono stati promossi e finanziati dal Ministero della Salute a partire dal 2014. L’obiettivo del progetto formativo: aumentare le capacità di individuazione, di diagnosi, di gestione e trattamento della violenza di genere, e di prevenire i casi di re-vittimizzazione.
È solo uno degli ambiti in cui l’Iss esprime il proprio impegno contro la violenza di genere e, in particolare, sulle donne. Azioni che vengono ricordate in vista della Giornata contro la violenza sulle donne del 25 novembre. Tra le altre cose è in corso anche una nuova fase del progetto Epi-We, che recluta volontarie per studiare le cicatrici molecolari della violenza sul DNA delle donne maltrattate, va avanti veloce.
“Rilevare la violenza sulle donne che arrivano nei Pronto soccorso non è affatto un processo scontato, è necessario che il personale di salute abbia conoscenze, competenze e strumenti per farlo”, afferma in una nota Anna Colucci, ricercatrice della UO RCF, l’Unità Operativa ricerca psico-socio-comportamentale, Comunicazione, Formazione dell’Iss. “Le donne che vivono situazioni di violenza – aggiunge - sono di ogni età e appartengono a differenti contesti socio-culturali, spesso temono di rilevare quanto hanno subito per timore di ritorsioni da parte del maltrattante o di essere ritenute loro stesse, in qualche modo, responsabili della violenza, temono cioè quello che viene definito vittimizzazione secondaria”, conclude Colucci.
Con #IpaziaCCM2021, dagli ospedali ai territori Dopo i Pronto soccorso la formazione dell’Iss ha coinvolto, con il Progetto #IpaziaCCM2021 i Servizi territoriali di area sanitaria e socio-sanitaria, che rappresentano nodi cruciali della rete di prevenzione e contrasto della violenza ai quali possono accedere le donne e minori.
Hanno partecipato e completato il Corso FAD 2.346 professioniste e professionisti dei Servizi presenti nei territori. Sono stati formati presso l’ISS 23 facilitatrici e facilitatori della formazione, che hanno contribuito alla conduzione di 8 Corsi residenziali che si sono tenuti nei territori di attuazione del Progetto: Grosseto, Perugia, Matera, Lecce, Roma, Policoro (MT), Pordenone, Milano.
Quanto è stato raggiunto nei territori coinvolti nel progetto #IpaziaCCM2021, in una prospettiva futura potrebbe svilupparsi ulteriormente, coinvolgendo con percorsi formativi capillari l’intero territorio nazionale.
Il progetto Epi_We, avanti veloce: 70 donne hanno aderito al secondo step. In meno di un mese La violenza lascia cicatrici molecolari sul Dna delle donne che la subiscono: capire fino a che punto queste modifiche si estendano all’interno del genoma delle vittime e quanto durano i loro effetti nel tempo potrebbe essere la chiave per mettere in atto una prevenzione di precisione. È esattamente questo l’obiettivo della fase multicentrica del progetto Epi-We (Epigenetics for Women) che chiede la collaborazione di tutte le donne.
L’iniziativa, insieme a un video realizzato per invitare le donne a partecipare attraverso la donazione di un campione biologico, è stata presentata il 25 ottobre nel corso di un convegno in Iss. “Già 70 donne hanno risposto e aderito al progetto - dice Simona Gaudi, coordinatrice di Epi-We ricercatrice del Dipartimento Ambiente e Salute di Iss - e alcune di loro si sono anche raccontate, hanno anche parzialmente descritto il tipo di violenza subita. Per noi, e per tutte le donne, è un grande risultato”.