Cronache
Sempre più donne in Italia ai vertici della ricerca. Piemonte al top tra le Regioni “virtuose”
Della decisa riduzione del cosiddetto gender gap stanno beneficiando anche il mondo della ricerca e della clinica e di quanto sia sempre più fondamentale il ruolo della donna nella medicina si è discusso anche in occasione della consegna dell’Upo Alumni “Award for Women in Academy and Research”, il riconoscimento, promosso dall’Associazione delle laureate e laureati, con cui l’Università del Piemonte Orientale premia le donne che più si sono distinte in termini di carriera accademica e ricerca.
Giunto alla sua seconda edizione, quest’anno il premio è andato Gabriella Pravettoni, direttrice della Applied Research Division for Cognitive and Psychological Science all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano ed è stato consegnato dal Rettore dell’UPO, Gian Carlo Avanzi, nell’aula magna del Campus “Perrone” a Novara in occasione del convegno internazionale Innovators in Breast Cancer. Oltre a vantare un prestigioso curriculum accademico e scientifico, Gabriella Pravettoni rappresenta anche l’unico caso in Italia di una psicologa diventata direttrice di un dipartimento di oncologia.
“Il mio mentore, Umberto Veronesi, diceva sempre che ‘togliere un tumore da un corpo è facile, molto più difficile è eliminarlo dalla mente’ – spiega la prof.ssa Pravettoni –. Ecco, l’importanza della psico-oncologia è tutta qui, nella necessità di umanizzare quanto più possibile le cure, non dimenticando mai che con malattie o parti del corpo noi medici abbiamo a che fare con persone”. Ma se rispetto al passato sono sempre di più le donne medico, che cosa è cambiato? “Un tempo le donne erano meno portate a puntare sulla carriera e, nei pochi casi in cui accadeva, venivano viste dai colleghi maschi come un potenziale concorrente con cui era facile entrare in conflitto. Oggi tutto questo non esiste quasi più, la collaborazione tra maschi e femmine è molto frequente. E io ne sono la prova provata: per tre anni sono stata responsabile di dipartimento, da quindici sono direttrice di divisione psico-oncologica”.
Cosa possono apportare le donne medico in più rispetto ai colleghi uomini? “Penso che le donne sappiano gestire al meglio l’affettività delle persone, la loro parte emotiva. Hanno una spiccata capacità di ascolto e sono in grado di gestire le asperità collegate a situazioni più razionali – aggiunge la professoressa Pravettoni – di sicuro, in oncologia le donne si trovano più a loro agio e hanno maggior facilità ad affermarsi perché si ha più spesso a che fare con il dolore: le diagnosi di tumore sono tsunami che travolgono la vita delle persone e la capacità di ascolto e la sensibilità sono spesso la chiave per creare più facilmente una relazione di aiuto tra medico e paziente”.
“Il ruolo delle donne nella scienza e nella ricerca, non senza fatica, si sta velocemente modificando e sta divenendo finalmente più centrale a beneficio di tutta la comunità scientifica e della società in generale – sottolinea Alessandra Gennari, professoressa di Oncologia presso il Dipartimento di Medicina traslazionale dell’Università del Piemonte Orientale –. Ciò vale sia per la didattica sia nella gestione di gruppi di ricerca e anche a livello manageriale. Le donne sanno usare un linguaggio diverso per affrontare con efficacia i problemi, tratto che personalmente considero un valore aggiunto e distintivo. Non è un caso se oggi le laureate sono più dei laureati (il 60%), concludono il loro corso di studi più rapidamente dei colleghi uomini (il 60%) e con voti migliori. La donna di oggi sa essere multitasking, dividendo le energie con efficacia tra accademia, famiglia e una società che sta cambiando rapidamente e che la vede sempre più centrale”.
La conferma arriva dai numeri: “È stato calcolato che in Italia il 70% dei medici oncologi sia costituito da donne, anche se solo il 15% di loro ricopre posizioni apicali. Ma quest’ultimo dato è destinato a mutare in fretta e la situazione del Piemonte lo dimostra – spiega Massimo Aglietta, coordinatore della Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta, professore ordinario di Oncologia Medica all’Università degli Studi di Torino e direttore della Divisione di Oncologia Medica presso l’Istituto per la Ricerca sul Cancro di Candiolo –. Ad oggi, i primari di oncologia donne sono ben 6, a fronte di 8 uomini. Un dato che pone sotto questo aspetto la nostra regione al top anche a livello nazionale. Sono certo che nel giro di sei o sette anni le donne primario supereranno per numero i loro colleghi uomini. È solo questione di tempo”.
A consegnare il premio promosso dall’associazione delle laureate e dei laureati UPO Alumni è stato il Rettore, Gian Carlo Avanzi: “Sono certo che questo riconoscimento possa costituire un ulteriore impulso per le nostre giovani ricercatrici e in generale per la componente femminile del nostro ateneo, da sempre centrale e determinante per fare dell’Università del Piemonte Orientale un luogo aperto, inclusivo e che promuove le pari opportunità contrastando ogni tipo di discriminazione – ha detto il Rettore –. La nostra Scuola di Medicina, grazie al coordinamento dei professori ed esperti oncologi Alessandra Gennari e Marco Krengli e insieme alla comunità scientifica internazionale, sta operando un ruolo centrale per il miglioramento del processo diagnostico e per lo sviluppo di nuove terapie di contrasto al tumore alla mammella ed è la dimostrazione concreta dell’efficacia di una rete di conoscenza di cui l’Università del Piemonte Orientale è uno dei crocevia”.