Ripartire con i test per HIV, epatiti e altre IST, infezioni sessualmente trasmissibili, non è mai stato così importante come in questo momento dell’era COVID.
Le restrizioni imposte negli ultimi due anni dalla pandemia hanno, infatti, pesantemente colpito tutti i servizi di screening dedicati a queste infezioni rischiando di infliggere un duro colpo alla prevenzione. Nell'ottobre del 2020, proprio UNAIDS lanciò l’allarme per la consistente contrazione dei servizi di test HIV in quasi tutti i paesi con dati disponibili, Europa compresa. Stesso allarme viene periodicamente rilanciato da medici e infettivologi dei centri di cura italiani.
La Settimana Europea del Test è, dunque, un’occasione fondamentale per riaccendere l’attenzione e la partecipazione su questa priorità di salute pubblica.
Dal 22 al 29 novembre, in 53 paesi della Regione Europea dell’OMS, oltre 600 tra community, ONG e istituzioni pubbliche si uniranno in uno sforzo comune, grazie all’impegno di migliaia di volontari e attivisti, per offrire test gratuiti e consulenze per l’HIV, le epatiti B e C e altre IST. Promossa fin dal 2013 da Eurotest (prima HIV in Europe), vastissima rete di realtà europee, la European Testing Week si tiene due volte l’anno, costituendo una delle più importanti mobilitazioni del mondo sui temi della salute pubblica.
Obiettivi principali della ETW sono: sensibilizzare i cittadini e le cittadine sull’importanza del test ma, anche, premere sulle istituzioni affinché agevolino il ricorso allo screening. Le istituzioni sanitarie –è l’esortazione di ONU, OMS, UNAIDS- devono adoperarsi per rimuovere tutte le barriere che ostacolano il ricorso al test: ricette, richiesta di documenti, orari scomodi, mancata riservatezza, discriminazioni nei confronti dei gruppi più vulnerabili (sex workers, detenuti/e, migranti) e renderlo accessibile anche ai minorenni, fin dai quattordici anni.
Per una persona che abbia contratto l’HIV, conoscere il proprio stato sierologico, accedere rapidamente alle cure e raggiungere la soppressione virale è un investimento sicuro sulla propria salute e su quella della collettività, perché interrompe il diffondersi delle infezioni. Chi ha una carica virale soppressa, infatti, non trasmette il virus (U=U).
La LILA, per l’occasione, rafforzerà i propri servizi di testing, attivi tutto l’anno, e sarà in campo in otto città: Bari, Cagliari, Como, Firenze, Livorno, Milano, Trento, Torino, per un totale di ventidue appuntamenti e oltre 75 ore di servizio offerte. Lo screening è effettuato tramite test rapidi, salivari o capillari, anonimi e gratuiti, per rilevare HIV, HCV e sifilide. A tutti e tutte sono proposti anche colloqui di counselling e d’informazione pre e post test. In caso di esito reattivo, la persona viene sostenuta e accompagnata ai servizi per il test di conferma e, eventualmente, per l’accesso alle cure. Si tratta di un impegno straordinario che ci porterà fino al 1° dicembre, collegandosi alle nostre iniziative per la Giornata Mondiale di lotta all’AIDS. Il servizio offerto dalla LILA adotta tutte le misure di prevenzione anti-COVID, secondo un protocollo elaborato con la supervisione dello Spallanzani di Roma proprio per l’erogazione dei test in contesti non sanitari come quelli delle associazioni.
Oltre ai test rapidi in presenza, è disponibile anche un servizio telematico di sostegno a distanza per chi volesse eseguire un auto-test rapido da acquistare in farmacia. Chi non se la sentisse di eseguire da solo il test in casa propria potrà avere il nostro supporto prima, durante e dopo il test. Resteranno a disposizione, come sempre, anche i nostri servizi di helpline, in grado di fornire informazioni e counselling rispetto a tutti i temi dell’HIV.
Tutte le agenzie internazionali (ONU, UNAIDS, OMS) raccomandano da tempo di diversificare l’offerta del test coinvolgendo anche associazioni e community, realtà in grado di agire anche in contesti non sanitari, non burocratici, di offrire counselling e colloqui alla pari, di essere vicini ai target meno raggiungibili. È il modello di test “Community Based (CBVCT)” adottato dalla LILA. Sotto la pressione del COVID, che ha monopolizzato energie e risorse dei centri di malattie infettive, è stato emanato, recentemente, un decreto Ministeriale che ha riconosciuto, finalmente, questa opportunità anche in Italia sulla base di un accertamento delle competenze e dell’esperienza acquisita. Tuttavia, continua a non essere previsto nessun sostegno economico alle ONG, come la LILA, che si impegnano tutto l’anno in questa importante attività di salute pubblica.
Fare il test per l’HIV è fondamentale per proteggere la propria salute e quella degli altri. Dati del 2018 forniti da Eurotest, confermano che almeno il 36% dei 2,2 milioni di persone che convivono con l'HIV in Europa non conosce il proprio stato sierologico.
Ne deriva che oltre la metà (il 53%) di chi vive con l'HIV, abbia ricevuto la propria diagnosi con forte ritardo, spesso quando si è già in fase di AIDS o prossimi a questa condizione, il che ritarda l'accesso alle cure e rende più difficile il recupero dello stato di salute. Al contrario, accedere alle cure tempestivamente può consentire di vivere in piena salute e con attese di vita simili a quelle della popolazione generale.
Nel nostro paese oltre il 90% delle persone con HIV in trattamento raggiunge lo stato di soppressione virologica: il livello del virus nel sangue scende, cioè, a livelli talmente bassi da renderlo non trasmissibile ad altre persone. Questo consente di mantenere un buono stato di salute, una vita sessuale e relazionale più libera e soddisfacente e, anche, di avere figli in modo naturale. Ricordiamolo ancora: U=U, Undetectable equals Untrasmittable, vuol dire che, se il virus non è rilevabile, non può essere trasmesso, anche in caso di mancato uso del condom. Rispetto all’HIV/AIDS si tratta di un’evidenza scientifica rivoluzionaria.
U=U è fondamentale anche per combattere lo stigma che ancora grava su chi ha l’HIV, stigma che costituisce, anche, una delle principali barriere per l’accesso al test. Sentirsi giudicati, non accolti, temere per la propria privacy o per la propria condizione amministrativa scoraggia il ricorso al test.
Ampliare, facilitare e promuovere il ricorso al test è un passo fondamentale per gli obiettivi ONU che si propongono di sconfiggere l’AIDS entro il 2030. UNAIDS prescrive per questo a tutti i paesi membri, il target 95-95-95: ossia far sì che, entro il 2025, il 95% delle persone con HIV siano rese consapevoli del loro stato sierologico, che il 95% delle stesse riceva cure adeguate e che la stessa percentuale raggiunga lo stato di soppressione virologica.
Tra gli obiettivi dell’agenda 2030 c’è anche il controllo delle epatiti e delle altre infezioni trasmissibili. Le epatiti B e C, spesso concomitanti con l’HIV, riguardano, rispettivamente, quindici milioni e quattordici milioni di persone in Europa. Tali infezioni sono spesso asintomatiche, non sono trattate e tendono a divenire croniche nella gran parte dei casi costituendo una delle principali cause di cirrosi epatica e di cancro del fegato. La maggior parte delle persone con epatite C rimane priva di diagnosi e solo una piccola minoranza in Europa, il 3,5% riceve le cure necessarie. Eppure gli attuali trattamenti consentono di guarire completamente dall’epatite C e di controllare l’epatite B. Esiti gravi possono avere, se non trattate, anche le IST, in forte crescita, soprattutto tra i più giovani.
Per questo, i servizi integrati di testing invocati dalla rete Eurotest sono fondamentali per far sì che queste infezioni cessino di essere una minaccia per la salute pubblica mondiale.