3 febbraio -
Ecco la lettera che Francesco Divella, del pastificio Divella, ha inviato a Il Fatto Alimentare in risposta alla questione “grano non italiano nella pasta italiana” sollevato da Roberto La Pira.
Divella produce e confeziona, giornalmente, 2.400.000 pacchetti di pasta
In riscontro alla nota questione della etichetta della pasta, desideriamo innanzitutto esprimere il nostro sincero apprezzamento per l’obiettività con cui è stato elaborato l’articolo, che tra i pochi, su questa materia, ha saputo fotografare puntualmente la realtà senza ideologie preconcette. Consenta di aggiungere, a chi ci chiede il perché di tanta resistenza ad indicare in etichetta l’origine del grano. Le indicazioni da riportare in etichetta devono precisare l’origine della miscela dei grani da cui, sapientemente, si ottiene la semola adatta alla produzione con livello qualitativo alto, che il consumatore si aspetta dalla pasta a marchio Divella. Miscele, però, che essendo composte da grani nazionali (50/60%), canadesi, australiani e americani non sempre sono disponibili in uguale proporzione proprio in relazione ai vari approvvigionamenti e, quindi, possono durare per circa due mesi di produzione.
Deriva, quindi, la modifica delle miscele con consequenziale modifica delle etichette e con quali imballi non conoscendo, a priori, l’esatta miscela? Per ottenere gli imballaggi (cellofan al 95 per cento), occorrono dai tre ai sei mesi e allora come è possibile disporre di imballaggi aggiornati?
“Una merce alla cui produzione hanno contribuito due o più paesi è originaria del paese in cui è avvenuta l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale”
La F. Divella produce e confeziona, giornalmente, 2.400.000 pacchetti di pasta e non disponendo conseguentemente di imballi aggiornati dovrebbe fermare obbligatoriamente la produzione. Ancora, è noto, che il grano nazionale non è sufficiente (-40 per cento) ma viene anche ignorato che nel Sud Italia mancano Cooperative che possano offrire grandi quantitativi di grano nazionale avente le stesse caratteristiche analitiche che permettono i noti accordi di filiera con prezzo prefissato alla semina. Come può una società come la F. Divella, approvvigionarsi da diversi agricoltori che dispongono di quantitativi limitati e che conferiscono a commercianti con il risultato di avere grani con caratteristiche analitiche differenti e spesso non corrispondenti ai limiti analitici tabellari previsti per legge? Dal punto di vista strettamente normativo poi l’indicazione volontaria dell’origine delle materie prime in etichetta è attualmente oggetto di una proposta normativa della Commissione europea che disciplinerà le modalità concrete con cui essa andrà effettuata e le condizioni che ne consentiranno la sua corretta indicazione.
Ad ogni modo non bisogna dimenticare che una norma contenuta in un Regolamento Comunitario, direttamente applicabile in tutti gli Stati Membri, rinvia ad un principio in vigore a livello europeo da oltre 20 anni, contenuto nell’art. 24 del Reg. 2913/92, che istituisce il Codice Doganale Comunitario: “Una merce alla cui produzione hanno contribuito due o più paesi è originaria del paese in cui è avvenuta l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale, economicamente giustificata ed effettuata in un’impresa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo od abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione”. Tale norma è stata ribadita nell’art. 36 del Regolamento (CE) n.450/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 che istituisce il codice doganale aggiornato.
La pasta italiana è ottenuta con le miscele dei migliori grani del mondo frutto di una accurata selezione qualitativa
Ciò premesso in ordine agli aspetti applicativi e normativi, oramai da tempo, anche a livello associativo, ci stiamo confrontando circa le modalità più opportune con cui evidenziare che la pasta italiana è ottenuta con le miscele dei migliori grani del mondo frutto di una accurata selezione qualitativa. È necessario tuttavia procedere tenendo conto della armonizzazione al livello comunitario dell’etichettatura dei prodotti alimentari e nel rispetto delle sue norme che, come noto, sono direttamente applicabili in tutti gli Stati membri. In tal senso, siamo in attesa che si delineino le citate misure applicative al regolamento UE 1169/2011 sull’origine volontaria ed obbligatoria dei prodotti alimentari.
Mi consenta infine di sottolineare che la Divella come tante altre aziende del settore della pasta si confronta sul mercato internazionale (al momento la nostra principale fonte di crescita, considerato che il 55% della produzione nazionale viene destinata all’export) e mi sembra logico e comprensibile, nel rispetto della trasparenza nei confronti del consumatore, che tutti, almeno in Europa si competa con le stesse regole del gioco. In tutti i Paesi del mondo questo è ben compreso e le aziende nazionali sono generalmente supportate nella competitività…in tutto il mondo, ma purtroppo non in Italia.
Nel ringraziarLa ancora per il suo interessamento alla materia e per aver coinvolto i diretti interlocutori e cioè chi fa la pasta, l’occasione ci è gradita per porgere cordiali saluti.
Francesco Divella