L’accordo tra Fimmg-LegaCoop e l’eterno equivoco su Uccp e Aft
06 GIU -
Gentile Direttore, la firma del protocollo d’intesa tra FIMMG e LegaCoop sanità ha riproposto un equivoco che da anni accompagna la tormentata sorte della riforma Balduzzi del 2012, per quanto riguarda le UCCP e soprattutto le AFT.
Le AFT, recepite dagli ultimi due ACN ma non ancora attive in tutte le regioni, sono organizzazioni virtuali e non strutturali, caratterizzate dal mantenimento del rapporto fiduciario del singolo medico, “al fine di migliorare il livello di efficienza e di capacità di presa in carico dei cittadini” in quanto “forme organizzative monoprofessionali che condividono in forma strutturata, obiettivi e percorsi assistenziali, strumenti di valutazione della qualità assistenziale, linee guida, audit e strumenti analoghi”. La Legge non prevede l’erogazione diretta di prestazioni rivolte alla popolazione, come impropriamente vorrebbero alcune amministrazioni trasformando le AFT in una sorta di presidio territoriale, ma indica obiettivi assistenziali condivisi e percorsi valutativi per garantire qualità e performances, attraverso audit di processi/esiti di salute, applicazione e verifica di Linee Guida, Clinical Governance, gruppi di miglioramento e di Formazione sul campo etc.
Le AFT sono per definizione a costo zero per il SSN, essendo prive di profilo giuridico, fiscale e amministrativo, responsabile e sede legale, organismo direttivo, bilancio e non ricevono finanziamenti o incentivi dalle regioni: non possono quindi firmare contratti o convenzioni con altri soggetti, come una Coop di servizio. Insomma le AFT, lungi dall'inserirsi organicamente nel sistema di offerta come erogatori di prestazioni multiprofessionali alla popolazione, rappresentano l'occasione per aggregare i MMG dispersi e favorire il confronto tra pari superando il tradizionale isolamento individualistico della categoria; le AFT potrebbero coagulare quella comunità professionale di formazione continua, ricerca, tutoraggio e insegnamento che è storicamente il principale gap della MG rispetto al resto del continente, nonché conditio sociale e culturale per attivare il Corso di specializzazione.
La specificità degli obiettivi formativi, culturali e di auto-valutazione professionale delle AFT risulta evidente se si confrontano con l’altro modello introdotto dalla riforma Balduzzi, ovvero le Unità Complesse delle Cure Primarie o UCCP, intese come “forme organizzative multiprofessionali che erogano, in coerenza con la programmazione regionale, prestazioni assistenziali tramite il coordinamento e l’integrazione dei medici, delle altre professionalità convenzionate con il Servizio sanitario nazionale, degli infermieri, delle professionalità ostetrica, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e del sociale a rilevanza sanitaria.". Nel caso delle UCCP l'intento finale era "la costituzione di reti di poliambulatoriatori territoriali dotati di strumentazione di base, aperti al pubblico per tutto l’arco della giornata, nonchè nei giorni prefestivi e festivi con idonea turnazione”.
La descrizione delle UCCP collima con il profilo delle Case della Comunità Spoke del PNRR, attuate dal DM 77. Se non che entrambi i modelli hanno subito la stessa sorte: all’enunciazione programmatica astratta non ha fatto seguito l’implementazione di un adeguato piano di investimenti infrastrutturali, come quelli previsti per le Case della Comunità Hub. Come sarebbe oggi il panorama dell’assistenza primaria se fosse stata realizzata una fitta rete di UCCP in ogni regione, come indicato dalla Balduzzi?
Nel corso dei decenni sono sorte spontaneamente medicine di gruppo di grandi dimensioni che per far fronte ai problemi infrastrutturali, organizzativi e gestionali si sono avvalse dello strumento cooperativo, costituito ad hoc tra i componenti del gruppo divenuti soci, o ricorrendo ai servizi di Coop esterne. La Cooperazione in MG ha fanno un salto di qualità in Lombardia sul finire dello scorso decennio, in concomitanza con il varo della riforma della Presa in Carico (PiC) della cronicità e fragilità, che ha consentito la partecipazione dei generalisti e dei pediatri attraverso l’adesione ad una delle Coop sorte ad hoc nelle province Lombarde, in concorrenza tra loro. Nella PiC le Coop hanno garantito il supporto organizzativo al processo di arruolamento dei pazienti, di gestione dei PAI, delle piattaforme informatiche e delle agende per la prenotazione delle prestazioni. Purtroppo le Coop, in quanto di emanazione sindacale o societaria, invece di unificare la base nella pratica sul campo hanno ulteriormente frammentato una categoria già abbastanza divisa in diverse “parrocchie”.
Dall’esperienza della PiC nasce probabilmente l’accordo tra FIMMG e LegaCoop sanità finalizzato ad estendere il modello lombardo alle nascenti AFT. Tuttavia come sopra ricordato la natura virtuale e funzionale delle associazioni non consente di affidare formalmente ad enti esterni la loro gestione, che non prevede l’erogazione diretta di prestazioni multiprofessionali, come invece accaduto con la PiC. A meno che tutti i medici dell’aggregazione decidano per scelta autonoma di diventare soci di una Coop, assumendosi oneri e rischi relativi, o che una revisione della legge modifichi la natura giuridica delle AFT.
Dott. Giuseppe Belleri
06 giugno 2024
© Riproduzione riservata
Altri articoli in QS Lombardia