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Ospedale e Territorio: non integrazione ma dialogo

05 LUG - Gentile direttore,
in Regione Lombardia diverse sono state le “architetture organizzative” adottate per il Sistema Sanitario Regionale. Ognuna faceva seguito, di solito, ad una “Riforma” che ridisegnava ruoli e competenze.

Da diversi anni abbiamo due sigle: ATS (Agenzia Territoriale della Salute) e ASST (Azienda Socio Sanitaria Territoriale). In queste sigle sono state concentrate, la parte programmatoria (Agenzia) e quella prestazionale (Azienda). Su questa impalcatura più recentemente si sono costruite e stratificate anche le attività derivate dalla attuazione del PNRR (DM77, Legge regionale 22, Case della Comunità, etc.).

La Pandemia COVID ha messo a nudo i problemi, per anni sottaciuti, della Sanità Territoriale, quella che vede come primo presidio il Medico di Medicina Generale. L’aspettativa per il post pandemia era che questo settore doveva essere rinforzato, in quanto solo una forte presenza sanitaria sul Territorio è in grado di fare da barriera all’affollamento dei pronti soccorsi ospedalieri e alla creazione di lunghe liste di attesa.

Purtroppo, tutto questo non sta succedendo.

Al netto del ricambio generazionale non gestito della Medicina Generale, e di una rappresentanza sindacale sempre più in difficoltà a stare al passo con i tempi, da più parti si sta additando il Medico di Famiglia come uno degli ostacoli alla realizzazione di qualsiasi Riforma che possa migliorare l’attuale stato della Sanità.

In tutto questo scenario, prima dello stato giuridico dei Medici di Famiglia o di nuove strutture fisiche su territorio, forse sarebbe utile risolvere un problema centrale e prioritario: quello della “governance” della sanità territoriale.

Le normative in Lombardia avevano dato alle ASST, con la “T” finale, una competenza anche sul territorio. Ruolo che però ha fatto sempre fatica a realizzarsi, anche con la costituzione nelle ASST di un polo ospedaliero e un polo territoriale.

La “mission” delle ASST era, ed è tuttora, strettamente legata al suo ruolo di presidio ospedaliero delle acuzie e delle prestazioni specialistiche. Lo stesso Direttore Socio Sanitario, deputato a guidare il polo territoriale, scelto in maniera fiduciaria dal Direttore Generale, salvo rare eccezioni, ha avuto difficoltà a conoscere il territorio e ad intessere con esso relazioni efficaci. Per non parlare poi delle scarse risorse economiche riservate nei budget delle ASST al territorio.

Per questo motivo appare urgente e prioritario che si inizi da questo problema per mettere in moto quella operatività che al momento sembra mancare.

In generale e non solo in Lombardia, c'è la necessità di una organizzazione sanitaria territoriale con maggiore autonomia e capacità propositiva rispetto alla struttura ospedaliera. Al di là di alcuni aspetti, che in queste poche righe è difficile sintetizzare, si potrebbe prevedere la figura di un Direttore della Sanità Territoriale con un forte radicamento con il Territorio, con qualche forma di compartecipazione alla sua scelta anche da parte dei Sindaci. A questo, con una competenza a livello provinciale, potrebbero fare riferimento sia i Medici di Famiglia che altre strutture sanitarie e sociali presenti sul territorio, inclusi i distretti. Il territorio potrebbe avere quindi una sua dinamica propria, fatta di obiettivi, programmazione, budget, costruiti vicino ai bisogni e con chi dei bisogni di cittadini è la prima interfaccia: vale a dire gli enti locali.

Solo un'organizzazione sanitaria territoriale forte, oltre ad essere in grado di dialogare con la parte ospedaliera da una posizione paritaria, potrebbe fungere da barriera al ricorso inappropriato ai servizi ospedalieri favorendo così anche lo stesso lavoro dell'ospedale.

Quindi in questa ottica appare corretto parlare non di integrazione tra Ospedale e Territorio, ma di dialogo e anche, nel caso, di confronto, essendo servizi sinergici ma su versanti differenti: l’Ospedale quello della “malattia” e il Territorio quello della “salute”.

Su tutto questo sistema le ATS (o la Regione stessa) potrebbero svolgere, un lavoro di controllo, dove l'equilibrio tra Ospedale e Territorio potrebbe dare una spinta virtuosa al sistema.

Non si tratterebbe di duplicare le organizzazioni, né elaborare una nuova Riforma o tantomeno ritornare a modelli del passato. Si tratterebbe solo, facendo esperienza di quanto abbiamo vissuto con la pandemia, di un riposizionamento logico di ruoli e competenze, a tutto beneficio degli utenti. Potremmo avere uno strumento forte per mettere a terra le Riforme.

Il miglioramento della “governance” del sistema è solo il primo passo per sbrogliare quell’intreccio di problematiche insolute che sembra essere diventata la Sanità territoriale.

La definizione del “chi decide e su cosa” viene prima di altre decisioni pur importanti che però, senza una “governance” forte, corrono il rischio di disperdere le poche risorse che sono oggi a disposizione della Sanità pubblica.

Marco Magri
Medico

05 luglio 2023
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