Riformiamo la medicina generale...facile a dirsi
di Giuseppe Belleri
29 SET -
Gentile Direttore,
dopo i chiarimenti forniti dal
documento delle regioni sulla riforma della medicina del territorio è possibile fare il punto sullo stato dell’arte in vista dell’annunciato DM 71, che dovrebbe porre fine alle discussioni ed inaugurare la stagione dei fatti. Nel dossier delle regioni vi sono alcuni passaggi che testimoniano quanto sia prematura l’ipotesi di un’immediata assunzione come dipendenti di tutti i medici convenzionati dell'assistenza primaria, ovvero MMG, MCA, PLS e medici dei servizi. Le difficoltà che si frappongono alla realizzazione di questo progetto non sono poche nè facilmente superabili.
Vediamole schematicamente.
Il primo problema è di natura quantitativa e riguarda la possibilità di estendere a tutto il comparto dei professionisti convenzionati con il SSN il trattamento ipotizzato per quelli dell’assistenza primaria.: secondo i dati SISAC al gennaio 2020 i convenzionati sfioravano i 90mila a cui vanno aggiunti i 7mila infermieri di famiglia entrati in servizio nel 2020-2021. Se i quasi 70mila medici del territorio dovessero diventare in toto dipendenti i è probabile che i restanti 20mila, ovvero specialisti ambulatoriali, chimici, fisici, biologi e psicologi, richiederanno lo stesso inquadramento.
Tuttavia ad un mese dal varo del DM 71 che dovrebbe definire nei dettagli il percorso attuativo del Pnrr non è disponibile una "
valutazione di impatto economico/finanziario e in termini di personale di supporto (infermieri, personale amministrativo) per l’ipotesi del passaggio alla dipendenza".
Il dossier regionale non fornisce una quantificazione di massima degli oneri finanziari dell’operazione, prevedendo solo “
un atto normativo nazionale che renda compatibile l’incremento della dotazione organica con i tetti di spesa del personale e permetta l’inquadramento dei MMG nella dipendenza anche se non possiedono un titolo di specializzazione”. Ciononostante viene indicata al primo gennaio 2022 la "data ideale" per l'accesso dei futuri dipendenti o in forza di un nuovo ACN come accreditati, "anche per coerenza con il decreto su riorganizzazione assistenza territoriale da PNRR".
E’ strano che l’ipotetico passaggio alla dipendenza di 95 mila professionisti convenzionati con il SSN, tra medici, veterinari, chimici, fisici, biologi, psicologi ed infermieri, non sia ancora stato oggetto di un’analisi di fattibilità da parte del MEF circa il suo impatto economico-finanziario.
In compenso il documento delle regioni enumera i prevedibili effetti pratici della transizione dal convenzionamento alla dipendenza, vale a dire: fornitura di ambienti, strumentazione personale per i futuri 70mila neo-dipendenti, valutazione del costo del lavoro e aumento degli organici della sanità territoriale, tutela malattia, infortunio, ferie, carenza di medici per il ricambio generazionale e aspetti previdenziali legati alla sorte dell'ENPAM. Il documento non considera le migliaia di amministrativi, specialisti ambulatoriali, igienisti e coordinatori distrettuali che dovranno essere assunti per far funzionare le migliaia di nuove strutture, tra Case e Ospedali di Comunità, Distretti sanitari e COT.
Nell’elenco non figura un altro effetto immediato del passaggio alla dipendenza: il verosimile licenziamento delle decine di migliaia di collaboratori di studio, tra infermieri e segretari non considerati in quanto privi di una relazione contrattuale con il SSN, che potrebbero ingrossare le fila dei disoccupati. In loro sostituzione per ogni distretto, CdC e OdC dovranno essere assunti altrettante migliaia di amministrativi e di operatori di CUP per la gestione delle agende degli appuntamenti dei neodipendenti, nonchè addetti alla gestione informatica e del parco auto per le visite e il potenziamento dell’assistenza domiciliari.
L’impresione è che tra le righe venga di fatto archiviata l'ipotesi del passaggio immediato e in toto alla dipendenza, a favore della soluzione soft del doppio canale, ovvero:
• un graduale inserimento nei ranghi del SSN dei neo MMG dipendenti a partire dai prossimi anni, dopo la riforma del CFSMG, in parallelo,
• al varo di un ACN snello in forma di accreditamento di gruppi di MMG con la fornitura di prestazioni all inclusive.
Per entrambe le formule contrattuali appare ottimistica la data dell’entrata in vigore del gennaio 2022. Se il passaggio del CFSMG all’università sarà parallelo alla riforma dello stato giuridico, nonchè conditio per l’assunzione nell’ipotesi del doppio binario, solo i corsisti "specializzati" al termine della specializzazione potranno entrare in servizio come dipendenti.
Abitualmente la riforma di un ordinamento vale dalla sua entrata in vigore e non in modo retroattivo, salvo la soluzione della sanatoria. Tutte le norme licenziate negli ultimi 2 anni per favorire il ricambio generazionale e rimediare alle carenze di medici sul territorio fanno riferimento all'attuale assetto del CFSMG ovvero allo stato giuridico convenzionato, e quindi andranno riformulate e riprogrammate secondo il nuovo stato giuridico.
Infine bisogna considerare altri presupposti legislativi e normativi di un cambiamento epocale come l'assunzione di decine di migliaia di nuovi dipendenti statali.
Nel capitolo sulla dipendenza si accenna solo alla necessità di “
allargare la platea dei dipendenti in assistenza primaria”, di “un decreto che specifichi le equipollenze fra alcune specialità e l’attestato del CFSMG” e “
di modificare la legge 189 del 2012, di cui si riportano il comma 2 e 3 dell’articolo 1”, senza tuttavia altre indicazioni circa la revisione di tutti gli atti legislativi o normativi, ministeriali, regionali e amministrativi aziendali stratificati nei decenni per regolare la gestione della medicina convenzionata territoriale. Insomma la fase di transizione tra un regime e l'altro sarà lunga, complicata e verosimilmente punteggiata da effetti inattesi, come è accaduto con gli esodati della riforma Fornero.
Non mancheranno problemi logistici anche per il passaggio graduale alla dipendenza dei soli futuri specialisti in MG. C'è un passaggio del documento che lo fa intuire in modo un po’ criptico: l'ipotesi del doppio canale sarebbe preferibile in quanto "
sulla base delle esigenze legate alla demografia professionale e dello stato di evoluzione già realizzato nelle diverse regioni, potrebbe prevedere mix quantitativi anche differenziati fra un canale e l’altro".
In buona sostanza prima che vengano approntate un numero sufficiente di CdC non sarà agevole sistemare tutti i futuri MMG dipendenti che sostituiranno via via i colleghi andati progressivamente in quiescienza nei prossimi anni, vale a dire quasi il 50% degli attuali generalisti in attività, compresi quelli che lo faranno anticipatamente.
O meglio, forse in alcune zone l'operazione sarà possibile, come nelle regioni dove è già attiva una consistente rete di Case della Salute - ovvero l'Emilia Romagna e forse il Veneto - mentre in tutte le altre mancheranno i locali, le attrezzature, le auto, il personale etc. per consentire ad almeno 20mila generalisti di entrare pienamente in servizio, senza considerare il problema della distribuzione capillare degli studi di prossimità nei territori disagiati. Giova ricordare che le schede di accompagnamento del PNRR per l'approvazione UE prevedono 1288 Case della Comunità, dotate di 10-15 sale di consultazione a disposizione dei professionisti sanitari delle cure primarie, che per una popolazione di 45-50 mila abitanti sono non meno di una quarantina tra MMG, PLS, MCA e infermieri di famiglia (senza contare gli specialisti ambulatoriali).
Ma non si deve ritenere che la soluzione dell’ACN snello all inclusive sia più agevole e priva di criticità rispetto a quella radicale: il processo di implementazione del doppio canale, vale a dire l'attuazione dell'accreditamento del futuro ACN, non sarà nè semplice nè tanto meno rapido. Infatti il documento demanda "
alla tornata di contrattazione collettiva 2019-2021, la definizione degli aspetti giuridico economici di inquadramento della nuova figura professionale".
Tenuto conto che ancora siamo nella fase delle scaramucce tattiche tra i negoziatori dell'ACN 2016-2018, scaduto da quasi 3 anni e di non agevole rinnovo, potrebbero passare anni prima che l’ACN 2019-2021 divenga operativo.
Se i sindacati accetteranno le proposte della controparte con l'applicazione dell’ACN 2016-2018 i MMG invece di incassare gli arretrati potrebbero essere costretti a restituirli. Questa prospettiva dà l'idea del paradosso di una trattativa che si dovrebbe concludere con un accordo in perdita per i contraenti, abbinata ad ulteriori incombenze.
Come si vede i problemi non mancano ed è improbabile che una ristrutturazione così complessa e gravida di incertezze possa essere portata a termine in meno di 1-2 anni, se non addirittura solo al termine del quinquennio di investimenti del PNRR.
Ogni volta che si rompe un equilibrio sistemico per sostituirlo con uno più "avanzato" si deve mettere in conto un periodo di transizione più o meno turbolenta, confusa e a rischio di effetti inattesi e talvolta contro intuitivi se non perversi.
Dott. Giuseppe Belleri
Medico di medicina generale ed animatore Simg
29 settembre 2021
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