Non si uccidono così anche i cavalli?
di Ester Pasetti
22 GEN -
Gentile Direttore,
per chi non lo avesse visto, è un film del secolo scorso nel quale, in piena grande recessione, organizzano una gara di ballo, intesa come gara di resistenza, con in palio una consistente somma di denaro. Vi lascio immaginare la stanchezza prima e lo sfinimento poi dei partecipanti, che mettevano in gioco la loro possibilità di sopravvivenza, dato che in quel periodo, nella ricca America del Nord, si moriva di fame.
Ecco, a distanza di quasi un anno dall’arrivo ufficiale del COVID in Italia (a memoria il 30 gennaio), noi sanitari ci sentiamo come i concorrenti di quella gara: esausti, sfiniti, ma impossibilitati a cedere, perché in gioco ci sono letteralmente le nostre vite e quelle delle persone la cui cura ci è affidata.
Non più sorretti dall’adrenalina dei primi mesi; dalla speranza di uscire dall’incubo e riprenderci le nostre vite, anche professionali; con l’opinione pubblica (anche se non tutta) contro stiamo vivendo con grande pesantezza la nostra quotidianità.
Ci attendono ancora diversi, troppi mesi, di sacrificio e i problemi in campo sono molti, almeno nella nostra realtà regionale, nonostante lo sforzo, spesso anche se non sempre condiviso, di far funzionare al meglio il sistema. Proverò a riassumere per punti:
- la questione vaccino volume 1: tutta Italia, forse tutta Europa, ma non ne sarei così certa, si trova a fare i conti dopo l’entusiasmo iniziale che ci ha portato a vaccinare quante più persone possibile, in una gara contro il tempo, ma anche forse in una gara di vanità, con il rischio di non riuscire a garantire a tutti la II dose. Complici la scarsa limpidezza dell’operato dei fornitori e qualche errore di troppo di cui ci auguriamo ci si metterà al sicuro per il futuro con una efficace gestione del rischio, la macchina si è arrestata. Non possiamo che confidare nella buona sorte da un lato e nell’onestà e capacità di auto mutuo aiuto delle Regioni per garantire che quanto fino ad ora seminato non vada perduto;
- la questione vaccino volume 2: quando, e ci auguriamo presto, avremo risolto il problema della fornitura, ci troveremo a fare i conti con la carenza di vaccinatori. Se anche solo per questa prima e limitata esperienza, siamo stati costretti ad operare iso risorse (leggi distogliendo risorse ad una attività per assegnarle ad un’altra), non riesco ad immaginare come affronteremo il grande capitolo della vaccinazione della popolazione generale. Non abbiamo fiducia, ma speriamo di essere smentiti, nella capacità di reclutare ulteriore personale rispetto a quello già carente che, nelle condizioni di stanchezza e sfinimento di cui sopra, tenta di tenere in piedi un sistema che ha rivelato i suoi piedi di argilla;
- la questione dotazione organica: la famosa copertina che in quanto diminutivo tirata a destra e a manca non arriva a coprire nessuno. Sono state fatte molte assunzioni e molte stabilizzazioni, cifre impressionanti soprattutto se paragonate a quelle del decennio che ci siamo lasciati alle spalle, ma non bastano a colmare le perdite e l’aumentato carico di lavoro. Alcune realtà ambientali e professionali erano e restano in affanno e la situazione sarà aggravata da un evento lieto, ovvero l’accesso alle scuole di specializzazione di molti più giovani colleghi rispetto agli scorsi anni. Ma molti di questi giovani colleghi, negli ultimi anni, lavoravano al nostro fianco, con contratti i più svariati, proprio per sanare le carenze di organico. Insieme a pensionati che bontà loro sono rientrati per un anno al massimo per gestire l’emergenza COVID. Che i concorsi vadano quasi sempre deserti non è un mistero. Soprattutto, ancora una volta, nelle realtà meno appetibili o più disagiate. Che chi è rimasto in servizio sia sempre più vecchio e stanco e sottoposto a stress fino a qualche anno fa inimmaginabili è sotto gli occhi di tutti. E questo ci porta al punto successivo;
- la questione dell’invecchiamento della popolazione lavorativa: ci stiamo lentamente rompendo, ad uno ad uno, per usura. Non citerò scaramanticamente i “Dieci piccoli indiani”, ma la realtà è purtroppo questa. Anche la legge 81/2008 prevede strumenti di protezione, imponendo ai datori di lavoro di effettuare la valutazione dei rischi considerando alcune caratteristiche individuali dei lavoratori tra le quali l’età, con la finalità di adeguare quanto più possibile il lavoro all’uomo e non viceversa. La valutazione sulla persona diventa centrale rispetto alla valutazione sul rischio.
Come stiamo affrontando la protezione dei più anziani se non riusciamo nemmeno a realizzare obiettivi di minima quali la sospensione dal lavoro notturno e la destinazione ad attività meno usuranti ad esempio in termini di extra-orario o front-office?
Come un cane che si morde la coda, problemi si sommano a problemi, generando un vortice dal quale nessuno si può salvare. Sindacati come il nostro hanno dimostrato negli anni e sul campo capacità propositive e previsionali importanti. Riteniamo sia ora che ci venga dato l’ascolto necessario, che si trovi la forza di superare modelli formativi e di organizzazione del lavoro che hanno dimostrato la loro debolezza e vetustà. Che si rinunci all’idea narcisistica di poter governare l’ingovernabile. Ad oggi o si vince tutti o si perde tutti. Non c’è spazio per posizioni intermedie. E la posta in gioco è la più alta possibile. Ancora una volta, invitiamo chi ha potere decisionale a darci ascolto. Come sempre, noi ci siamo.
Ester Pasetti
Segretaria Anaao Assomed Emilia Romagna
22 gennaio 2021
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