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Non si muore solo di Covid

di Maria Augusta Fantetti, Claudio Ferraro

23 OTT - Gentile Direttore,
in questi giorni assistiamo, causa l’emergenza sanitaria determinata dalla Pandemia  Covid-19, a un sovraccarico del Sistema sanitario nazionale, che già si trovava in uno stato di criticità e che ora suo malgrado si trova ad affrontare  una sfida senza precedenti.
 
Il quadro che si presentava sette mesi fa era tutt’altro che roseo, era (ed è ancora) presente una forte differenziazione delle cure a livello regionale, in seno a un contesto storico caratterizzato da una grave crisi economica, fautrice di una situazione tale che il Servizio Sanitario Nazionale Italiano non è più riuscito ad assicurare il rispetto  di appropriati standard di prestazioni e servizi.
 
Ad aggravare poi oltremodo il quadro della sanità pubblica, annoveriamo la drastica riduzione del 48% dei posti letto Ospedalieri, non controbilanciata dal rafforzamento della assistenza territoriale.
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Inoltre c’è anche da considerare la contemporanea esistenza di altre due condizioni,  caratterizzate da un lato da una progressiva dilatazione dellarea della spesa privata out of pocket(ovvero sostenuta di tasca propria) per la copertura parziale o totale dei costi delle prestazioni, e conseguente incremento dei tempi di accesso alle prestazioni pubbliche, che vanno, a seconda delle stesse prestazioni dai 23 a 112 giorni, contro quelli del privato che vanno dai 5.2 ai 10.7 giorni; e dallaltro lato il ricorso al pronto soccorso per abbreviare i tempi di attesa per tali prestazioni e quindi per soddisfare i propri bisogni di salute, che sulla base di un rapporto stilato dal Tribunale per i diritti dei Malati, già nel 2018 tale condizione era aumentata del 40.5%.
 
Il bisogno di salute della popolazione non è solo rappresentato dal prevenire il contagio da questo maledetto virus, ma anche da altri problemi di salute, che risultano pericolosamente gravi per la vita dei pazienti. Se i tempi di attesa prima erano eccessivi per le prestazioni sanitarie, attualmente sono improponibili, i numeri delle persone affette da carcinoma che non possono accedere alle cure, sale vertiginosamente, fino ad arrivare a numeri allarmanti di morti secondarie al COVID.
 
Nel primo semestre del 2020 in Italia a causa del COVID, sono stati eseguiti circa un milione e quattrocentomila esami di screening oncologici di primo livello in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, causando un ritardo significativo nell’ individuazione della malattia neoplastica,  con conseguente riduzione delle probabilità di guarigione e la necessità di implementare le risorse nel trattamento della stessa.
 
A conferma di quanto scritto, i risultati di un studio condotto da un pool di ricercatori dell’Università di Bologna, Parma e IRCCS Humanitas, e pubblicato sulla rivista scientifica Clinical Gastrenterology and Hepatology,  pongono evidenza  che ritardi di 4-6 mesi sullo screening del colon retto, determinano un aumento di casi di neoplasia del colon-retto in fase avanzata, e se laddove i ritardi dovessero superare i 12 mesi, aumenterebbe anche la mortalità.
 
In questi giorni L’Unità di Crisi della Regione Lazio ha chiesto l’istituzione di nuovi posti letto alle strutture ospedaliere pubbliche e accreditate della Capitale, confermando quindi, che se non vi fosse stato un decurtazione così drastica delle risorse, magari oggi sarebbero presenti un numero di strutture sufficienti, ad affrontare la pandemia e nel contempo a garantire la continuità della cure per i pazienti affetti da patologie con prognosi infausta.
 
Balza agli occhi che l’utenza si trova di nuovo come in passato a dover pagare colpe non sue, poiché si sarebbe dovuto intervenire in modo preventivo e non aspettare la recrudescenza del Sars-cov2. Ricordiamo tutti gli enormi sacrifici chiesti nel primo lockdown alla popolazione, in nome del bene Salute, a cui sarebbero dovute seguire delle attente programmazioni dei flussi prevedibili in autunno con la stagione delle influenze. 
 
Abbiamo apprezzato tutti la creazione nella Regione Lazio di una rete Ospedaliera Covid dedicata, che si è dimostrata essenziale per arginare la diffusione del Covid, ma poi incredibilmente riconvertita con troppa fretta, sottovalutando per ragioni che francamente ci sfuggono, la pericolosità del Covid che come vediamo ogni giorno non tende a diminuire anzi sembra acquisire sempre più forza e virulenza.
 
Aspettando la panacea “ Vaccino”, e dovendo salvaguardare nel contempo anche il bene salute di chi è affetto da altre patologie altrettanto pericolose per la sopravvivenza, non resta che ottimizzare le risorse del sistema, evitando laddove sia possibile, il blocco sconsiderato dei ricoveri in elezione e parimenti facendo, ad esempio scendere in campo i MMG che con l’introduzione, si spera a breve, dei tamponi rapidi, possano essi fare da filtro e screening a monte evitando che tutta l’utenza, sempre più esasperata, si riversi in massa presso i Drive in e/o P.S.
Dott.ssa Maria Augusta Fantetti
Cps Infermiere Blocco Operatorio
P.O. Colleferro ASL ROMA5
 
Dott. Claudio Ferraro
Coordinatore Infermieristico
U.O.C. Chirurgia
P.O. Colleferro ASL ROMA5

23 ottobre 2020
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