L’osteopatia e la formazione fai da te
di Federico Claudio Franscini
05 NOV -
Gentile Direttore,
fa bene
Lugia Bisceglia a denunciare il silenzio attorno ai sedicenti corsi di osteopatia che ormai in qualsiasi città promettono formazione, aggiornamento e specifica professionalità, senza tuttavia disporre di alcuna autorizzazione e controllo del caso, ovvero senza assicurare prospettiva per i malcapitati studenti. Una formazione "fai da te" che persevera nell'alimentare false speranze professionali, col probabile avallo di varie rappresentanze di osteopati: registri privati, comitati e associazioni che siedono pure ai tavoli istituzionali per scrivere il profilo professionale e forse per perorare la sanatoria dei non aventi titolo per l'esercizio.
Citando la chiusura delle iscrizioni al primo anno nella sua scuola friulana, la stessa lettrice si pone legittimo interrogativo sulla maggior parte delle altre scuole autoreferenziali che, malgrado tutto, stanno "immatricolando" centinaia di nuovi studenti nel nuovo anno scolastico 2019/20. Malgrado la legge 3/2018 che ha identificato la nuova professione sanitaria di osteopata; malgrado i Codici delle leggi vigenti; malgrado la norma CEN 16686 e la sua deviazione italiana sottoscritta dagli stessi rappresentanti degli osteopati nel 2015 e, come se tutto ciò non bastasse, malgrado gli avvertimenti del maxi-ordine professionale in cui dovrebbero confluire gli osteopati idonei all'esercizio (
v. allegato).
Che cosa dicono tutte queste fonti? Che la formazione in osteopatia è contestabile qualora non sia autorizzata dall'autorità competente e che, di conseguenza, nessun corso possa allo stato garantire "il legittimo esercizio della professione in Italia".
Lapalissiano, si potrebbe osservare. Tuttavia, se è compito dello Stato tutelare la salute dei cittadini e la legalità dei corsi di studi, ritengo che sia non solo legittimo bensì urgente interrogarsi sulle ragioni di questo silenzio. Un silenzio pluriennale, che oltre ad ipotecare il futuro dell'abusivismo sanitario genera oggi il paradosso per cui le scuole private in osteopatia continuino ancora ad erogare corsi, a patto che informino i propri studenti sul rischio verosimile che a seguito degli stessi non sarà consentito loro l'esercizio della professione. Una foglia di fico quest'ultimo avviso, notifica obbligata e un po' ipocrita in considerazione dell'improbabilità che i responsabili degli stessi corsi ne dichiarino palesemente l'inefficacia, appellandosi viceversa alla tutela di questa o quella associazione, di questo o quell'attestato internazionale conferito probabilmente in termini poco trasparenti e senza autorizzazioni legali nazionali.
Nel nostro ruolo di osteopati esclusivi e soci ADOE, siamo certi che la precarietà pedagogica attuale sia il problema principale per il riconoscimento sanitario dell'Osteopatia in Italia. Temiamo fortemente, cioè, che gli interessi privati di alcune scuole e associazioni autoreferenziali pregiudichino le potenzialità della nuova professione della salute anziché sostenerla ai migliori livelli internazionali di formazione, competenze ed esercizio.
Tutto ciò premesso, per il bene dell'Osteopatia italiana facciamo appello all'iniziativa trasparente di tutte le Associazioni degli osteopati nel chiedere alle scuole contestabili di sospendere ogni formazione sul territorio nazionale, in attesa delle leggi che ne sanciranno la legalità. Auspicando che anche la politica dia presto un segnale chiaro in favore dell'equità pedagogica, della prospettiva professionale della Terapia Manuale Osteopatica e, nondimeno, della salute dei cittadini che si affidano alle mani di terapeuti dalle oscure competenze e certificazioni. In tal senso l'ADOE intende dare il buon esempio.
Federico Claudio Franscini
Segretario/Tesoriere Associazione degli osteopati esclusivi (Adoe)
05 novembre 2019
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