Riflessione di un Direttore generale in pensione
di Giorgio Simon
11 GIU -
Gentile direttore,
il Servizio Sanitario è l’istituzione che mette insieme in forma organizzata gli incontri quotidiani tra una persona o una famiglia che soffre e un gruppo di professioni che se ne fanno carico. Il tutto con una quantità di risorse date. Un manager o direttore generale che non ricordi quotidianamente questo aspetto fondamentale dell’azienda che governa sbaglia tutto.
Alla fine della mia carriera iniziata come pediatra “di campagna” (non esistevano i pls) e finita come direttore generale del territorio dove vivo (“direttore di campagna “) vorrei proporre alcune riflessioni.
• Azienda sanitaria come “impresa”. Inizio esattamente dall’opposto della premessa. Un’azienda sanitaria è in molti casi anche l’impresa più importante per fatturato e dipendenti del territorio in cui è collocata. Di questo bisogna essere consapevoli e “stare sul mercato” avendo ben presente il ruolo sociale dell’impresa. È quindi necessario pagare rapidamente i fornitori (l’azienda che ho diretto era al primo posto in Italia secondo Assobiomedica), far correre i cantieri (no ho avuti oltre 30 tra cui il nuovo ospedale di Pordenone), creare occupazione (ho assunto oltre mille persone in tre anni), avere i conti in equilibrio, sviluppare innovazione non solo tecnologica ma anche organizzativa. “Essere inquieti” come raccomandava Popper.
• Azienda sanitaria che rende conto - accountability. I nostri prodotti sono cura, salute, accompagnamento, sollievo, qualità della vita. La qualità del prodotto si misura confrontandosi con standard internazionali e con le altre aziende italiane. Per questo strumenti come “Bersagli” , “PNE” , “Griglia Lea” devono far parte della vita quotidiana della gestione aziendale. Ogni ogni giorno bisognerebbe chiedersi “quanta salute ho prodotto oggi?” Manca un pezzo ancora da sviluppare ed è cosa pensano i cittadini di come li curiamo e quali sono gli outcome misurarsi da loro -PROMS.
• Azienda sanitaria della comunità. Un’azienda sanitaria si misura spesso su volumi di quanto produce come una qualsiasi industria manifatturiera. Ben diverso se si pensa che un’Asl sia l’ente che si occupa della salute della popolazione di riferimento. In questa maniera il problema non saranno i pazienti che arrivano alle strutture ma quelli che non ci vengono a spesso stanno peggio. Il primario cardiologico non si occuperà solo degli scompensati che ricovera ma di tutti quelli del suo territorio assieme a distretti e Mmg. Così le famose “barriere tribali” di Lancet di alcuni anni fa cadranno automaticamente. Si realizzerebbe così la “Population medicine” auspicata da Muir Gray.
• Azienda sanitaria e Comuni. Se un’azienda è di comunità e anche della comunità ed in primis dei Comuni. Ma i temi su cui lavorare assieme non sono quelli usuali “dammi una Soc” “non ridurre l’orario degli ambulatori” “non toccare il nascita” tutti temi che hanno a che fare con standard nazionali o internazionali”. Il confronto con i Comuni dovrebbero essere su argomenti quali: perché ci sono troppe diseguaglianze nella salute dei nostri cittadini? Perché troppa gente fuma, si muove poco e mangia male? Possiamo fare un “Piano Marmot” per il nostro territorio? Come affrontiamo il punto maggiore di crisi del servizio sanitario e sociale, ovvero quello di una persona fragile che vive in una famiglia fragile?
• Azienda sanitaria e diritti. Occuparsi di salute significa spesso occuparsi di diritti delle persone. Nella salute mentale e nella disabilità ad esempio è impossibile curare se non si pensa al diritto al lavoro, al diritto alla casa, al diritto di stare nella comunità. Anche nel caso di un’anziano fragile che si assiste spesso si mettono in crisi il diritto al lavoro delle donne che fanno da care giver, o, toccando i redditi a causa dei costi, la possibilità di una vita dignitosa per l’intera famiglia.
• Azienda sanitaria e professioni. L’azienda sanitaria è innanzitutto un’organizzazione di professionisti molto qualificati e di intelligenze. Un’Asl che non stimoli partecipazione, che non sfrutti al massimo il preziosissimo capitale umano di cui dispone nella programmazione e nell’innovazione continua dei servizi è un’Asl che spreca l’energia e il capitale più importante di cui dispone.
• Azienda sanitaria e associazioni. La domanda è semplice : sono possibili la democrazia e la partecipazione in un’azienda sanitaria oggi, in particolare con le dimensioni che hanno attualmente la grande maggioranza della aziende italiane? La mia risposta è assolutamente sì. Nessuna azienda che fa servizi per i cittadini può progredire senza un rapporto costante con le loro forme organizzate. Solo così può mettere assieme i punti di vista fondamentali per un vero servizi di comunità: i dipendenti, i Comuni e i cittadini. E bisogna farlo sul serio anche cedendo una quota di potere.
Non so se queste mie riflessioni possano essere utili alla politica, ai sindacati, al management, ai professionisti della sanità ma credo che nel momento in cui ci sono timori per la sopravvivenza stessa del Servizio Sanitario Nazionale sia utile ripensare ai fondamentali e ragionare oltre il “domani mattina “.
Giorgio Simon
Già direttore generale
AAS5 Friuli Occidentale
11 giugno 2019
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