Con il diabete di tipo 1 non si scherza: attenzione ai pericoli delle diete non validate scientificamente
di Francesco Purrello
01 GIU - Gentile Direttore,
vorrei prendere lo spunto da un recente
articolo pubblicato su Quotidiano Sanità che riguarda la composizione della dieta nei soggetti con diabete di tipo 1, per fare delle considerazioni su questo delicato argomento, anche alla luce di quanto sta accadendo in Italia, dove persone di pochi scrupoli e nessuna preparazione scientifica propagandano sui media questo tipo di dieta come la panacea di tutti i mali (diabete di tipo 1 compreso) e l’elisir di lunga vita, esponendo in questo modo a seri pericoli la salute dei pazienti.
E’ bene intanto precisare che la cosiddetta
dieta VLCD (Very Low Carbohydrate Diet) utilizzata in questo studio deve essere considerata a tutti gli effetti una dieta “estrema”. Non si tratta in questo caso di ridurre, ma di quasi eliminare i carboidrati dalla dieta. Sono concessi fino a un massimo di 30 grammi di carboidrati derivati da verdure (l’equivalente di una patata di medie dimensioni o di una porzione media di broccoli) o frutta secca.
Attenzione poi al fatto che eliminando i carboidrati dalla dieta (
meno del 5%), con qualcosa bisogna sostituirli. In questo caso il restante 95% di quello che si mangia è composto da grassi o proteine.
Ora, nel paziente con diabete, un uso eccessivo di grassi altera i livelli nel sangue di colesterolo e/o trigliceridi in soggetti che già sono a maggior rischio di aterosclerosi e malattie ad essa correlate (ictus cerebrale, infarto miocardico). Un uso maggiore di proteine chiama i reni ad un lavoro maggiore. E’ noto che la quantità e la qualità delle proteine della dieta possono influenzare la funzione renale, e che nel soggetto diabetico i reni sono invece da proteggere perché purtroppo ancora oggi il diabete rappresenta una delle più frequenti cause di ricorso alla dialisi per grave insufficienza renale.
Queste considerazioni hanno portato tutte le Società scientifiche di diabetologia e nutrizione a consigliare nei soggetti con diabete, sia di tipo 1 che di tipo 2, una dieta composta per
circa il 50% da carboidrati, scegliendoli però tra quelli “complessi” ed a basso indice glicemico.
La ricerca scientifica però deve costantemente mettere alla prova nuove ipotesi. Lo fa con metodiche rigorose, basate per lo più sulla medicina basata sulle evidenze. Cioè su studi clinici controllati, in cui ci sono almeno due gruppi di soggetti: uno trattato con il metodo considerato fino a quel momento il più efficace, ed un altro con il nuovo metodo da studiare. Nel lavoro scientifico citato nel vostro articolo, invece, la metodologia dello studio è totalmente diversa, e scientificamente molto meno affidabile. Si tratta di un sondaggio
on line compiuto non su un campione di pazienti con diabete tipo 1 non selezionato, ma su soggetti che partecipano ad una
comunità Facebook di pazienti con diabete di tipo 1 che ha deciso di aderire alla dieta VLCD.
Lascia inoltre molto perplessi che diversi tra gli autori, ed uno in particolare, ha un evidente conflitto di interessi, essendo autore di diversi libri sulla terapia del diabete utilizzando la dieta a ridotto contenuto di carboidrati. E’ bene essere prudenti nel comunicare dati scientifici su terapie ancora non validate, ma ancora più vigili quando chi li comunica ha degli evidenti interessi commerciali.
Ed è singolare che i principali sostenitori dell’uso della VLCD, anche in Italia, siano anche autori di libri che propagandano diete o integratori.
Credo sia dovere di tutti noi medici, ricercatori, istituzioni, media essere molto attenti nel diffondere queste notizie. L’anello debole della catena è rappresentato dai pazienti, che vivono ogni giorno la difficoltà del diabete e sono, specie i ragazzi e le famiglie di soggetti con diabete tipo 1, particolarmente “fragili” e non sempre in grado di discernere, tra le varie notizie, quelle più affidabili.
Professor Francesco Purrello
Presidente della Società Italiana di Diabetologia
01 giugno 2018
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