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Obbligo vaccinale e scelte organizzative: i “fantasmi di un natale passato”

di Roberto Pieralli (Snami-Emilia Romagna)

26 APR - Gentile direttore,
volevo condividere con Lei ed i Suoi lettori alcune considerazioni sull’attualissimo tema dell’obbligo vaccinale, una riflessione su come alcune scelte del passato, a mio modesto avviso, siano state cofattore determinante al raggiungimento di questa situazione che definirei di forte imbarazzo per i gestori delle politiche sanitarie oggi costretti all’imposizione per garantire la tutela della salute.

Nel succedersi degli anni, in questo paese sono venute meno alcune figure importanti, che indipendentemente dall’ aspetto strettamente sindacale e contrattuale, rivestivano un ruolo professionale sottovalutato e oramai torpido nei ricordi di molti.

Prima vennero aboliti i medici scolastici, poi fu destrutturato e di fatto eliminato il contratto di lavoro della Medicina dei Servizi, branca di riferimento per i medici vaccinatori, rimasta oggi appendice quasi essicata dell’ACN della Medicina Generale.

La figura del medico scolastico era una figura di raccordo tra il mondo sanitario e la popolazione generale, tra medicina della prevenzione e medicina della cura. Un fulcro e un raccordo tra genitori, insegnanti e bambini, un punto di riferimento, di consulto, di contatto e di consulenza.
I medici scolastici si preoccupavano guarda caso di vaccinazioni, di gestione delle piccole necessità sanitarie, di riammissione scolastica dopo le assenze per malattia infettiva. Svolgevano insomma un ruolo di medicina di comunità e igiene e medicina preventiva portando relazione e confronto con i genitori che avevano dubbi o necessità di informarsi e capire.

All'epoca i bambini si vaccinavano per l'obbligo di legge o perché' "l’aveva consigliato il dottore”?

Forse in qualche caso anche per tutte e due i motivi, ma son ragionevolmente certo come lo sarete anche voi, che la grossa quota era la seconda, il consiglio del medico, la fiducia in quanto il professionista consigliava caldamente. Il fulcro, anche al di la della medicina di famiglia, rimane la possibilità di creare relazione fiduciaria.

Sia ben chiaro, ritengo possa esserci spazio anche per l'obbligo di legge in ambito vaccinale.

Credo tuttavia che oggi, 2017, l'obbligo, pur emotivamente appagante per alcuni, dovrebbe essere collocato come ultimo step di salvataggio, un’azione di forza conseguente alla dichiarazione di fallimento nel centrare l’obiettivo dopo che un sistema sanitario, avendo prima tentato di diffondere cultura, poi relazione fiduciaria e trattamenti consapevoli e condivisi, si rendesse conto di non aver ottenuto quanto di necessario per la tutela dei propri cittadini.
Per carità, quando “ce vo' ce vo' “, ci mancherebbe!
 
La riflessione, merita di esser fatta:
Dopo il medico scolastico soppresso abbiamo, o meglio, hanno perché' io proprio non c'ero, trasformato il "ruolo" del medico vaccinatore, figura un tempo inquadrata nella "medicina dei servizi" , in una specie di medico cottimista che, salvo rari casi, viene incaricato, almeno in Emilia Romagna, massimo 12 ore a settimana mediante contratto di ATP ( Attività territoriali programmate), con forse 6 o 12 mesi di incarico senza alcuna investimento specifico e strutturato nella formazione sul ruolo professionale cruciale che questi colleghi dovrebbero rivestire.

Nessuna prospettiva di carriera, nessuna possibilità nemmeno di giungere a qualche tipo di stabilità lavorativa nel settore, nessuna progettualità di ruolo. Un “lavoretto” temporaneo banalizzato dal sistema nella sua essenza. Anch’esso vittima della più generale banalizzazione dell’atto medico che viviamo in questo tempo.

Ritengo la “storia” di queste categorie professionali un buon esempio e la spia della generale tendenza di certe politiche sanitarie a voler “banalizzare e procedurare” tutto al pari di quanto avviene in un sistema basato sulla produzione fordista.
Poi ci chiediamo come mai hanno avuto spazio i “no vax”?

O come mai la popolazione segua di più i gruppi web di propaganda e/o disinformazione?
 
Come mai siano oramai sempre più frequenti e “normali” gli avvicinamenti a “stregoni” e propagandisti di pratiche prive di alcuna razionalità o base scientifica?

Forse, uno dei motivi ridiede nel fatto che li viene soddisfatto il bisogno di relazione, di confronto, di personalizzazione del rapporto, quello che pian piano viene perso nel sistema pubblico. Il motivo, o almeno uno dei motivi, che ritengo predominanti, è che il sistema "organizzativo" ha allontanato qua, come cerca di fare in altri ambiti, i medici dai cittadini, cercando automatismi industriali di processo che spostino l’attenzione dalla relazione uno a uno verso la “produttività” excel based.

Ma in sanità al contrario di altri ambiti, la relazione fiduciaria, la relazione umana medico paziente è elemento irrinunciabile e non marginalizzabile. Quando lo si fa, questi sono alcuni dei risultati.

Un' organizzazione che concepisce, per esempio, il sistema vaccinale quasi al pari di un “punturificio” a catena di montaggio, con esempi come quelli apparsi sui quotidiani pochi giorni fa a Bologna, ove si proponeva addirittura il rapporto di 1 medico a 5 infermieri quasi relegati al ruolo di “punturatori”, crea un setting che taglia quasi totalmente le possibilità di instaurare relazioni strutturate tra medici e cittadini, privilegiando il processo “industriale” alla relazione. Il dato numerico all’ aspetto umano che con buona pace del management, non è standardizzabile. Tutti pezzi unici.

Se ne facciano una ragione i manager, di questa relazione fiduciaria e professionale la popolazione, più o meno consapevolmente, sente il bisogno. Se ne facciano una ragione i grandi studiosi delle tabelle di dati: quando la relazione viene meno, la stessa in alcune fasce di popolazione può facilmente essere sostituita da altre e meno nobili iniziative anche disinformative. Uno spazio vuoto che viene colmato dai cittadini come si può, con gli strumenti culturali che si hanno, non sempre con piena consapevolezza.

Come anche il BMJ 2017;356: j373 “Continuity of primary care matters and should be Protected” ha recentemente ricordato, in sanità qualunque modello organizzativo non può' prescindere dall'orbitare al centro della relazione fiduciaria interumana, non con le strutture.

Tutti noi, ne son convinto, saremmo più felici di creare alleanza terapeutica, di costruire processi di prevenzione e di cura condivisi, da “alleati” con i nostri pazienti. Si lavorerebbe in un clima più sereno, di obiettivi comuni, di abbattimento del contenzioso e della sfiducia.

L' obbligo ad un trattamento, che ribadisco condividere in taluni casi, rappresenta comunque a mio avviso una sconfitta organizzativa e anche culturale. Un campanello di allarme che denota il fallimento del modello che, avendo marginalizzato via via la relazione a favore dell'industrializzazione e dell’automatismo, ha tralasciato il "piccolo dettaglio" rappresentato dai fattori "umani", dai meccanismi psicologici di popolazione, che al pari dei meccanismi fisici, entrano a pieno titolo nel più ampio concetto di salute.

È apprezzabile notare che dopo anni nei quali il dibattito si concentrava sullo scontro, come diversi stimabili colleghi e alcune strutture abbiano iniziato anche tramite i social media, a diffondere informazioni, cultura, e tentare di ricreare contatto e comunicazione. A questo però, personalmente penso andrà affiancato un processo di ristrutturazione di alcuni ruoli, attualizzandoli e rendendoli parte di un processo di crescita culturale e professionale. Parte di una visione, di uno scopo più alto che è il mandato sociale che i medici, come le altre professioni sanitarie, sentono profondamente.

Chissà se qualcuno dei manager avrà realizzato che queste dinamiche di popolazione, questi “fattori umani”, pur non essendo codificabili nelle caselline di Excel degli “obiettivi regionali” e delle analisi, quegli stessi dati li possono modificare e talvolta rovinare totalmente.

L’imposizione, è certamente uno degli strumenti, una “terapia”, ma sarebbe a mio avviso parimenti opportuno comprendere i meccanismi che in questo ambito ci hanno fatto “ammalare”.

Dott. Roberto Pieralli
Segretario Regionale SNAMI Emilia Romagna

26 aprile 2017
© Riproduzione riservata

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