I vecchi stereotipi dell’infermiere “tuttofare” faticano a morire
di Andrea Liberatore
14 DIC -
Gentile Direttore,
questo è davvero uno strano paese, se da un lato ci sono pensioni d'oro, vitalizi e privilegi intoccabili, banche salvate con i soldi dei risparmiatori che ha portato già il suo primo suicidio, dall'altro, dopo 6 anni di blocco stipendiale, alla nostra professione viene proposto un aumento contrattuale di (addirittura!) otto euro lordi al mese. Una miseria. Evidentemente tanta è la considerazione che è data dall'attuale governo alla nostra professione, d'altra parte non c'è da meravigliarsi visto che finanche un professionista della sanità come un chirurgo (Cristiano Huscher) sulla pagine del giornale.it si lasciava andare a cotanta elucubrazione mentale che riporto testualmente: “....nello svolgere una professione di cui sarebbero capaci perfino le scimmie l'unica differenza lo fa lo studio, senza quello, sei un infermiere?". Premettendo che siffatta frase si commenti da sola e che da sola basti a far capire la “caratura” dell'individuo che l'ha detta, preme al sottoscritto ricordare per l'ennesima volta, visto che non è ancora chiaro a tutti, chi è l'Infermiere e la sua importanza sociale.
Essere infermieri non significa più, secondo un’accezione vecchia e superata da decenni, avere esclusivamente un rapporto umano con il paziente, ancorato ai vecchi stereotipi del tuttofare, dalla padella e pappagallo da svuotare, al giro letti e nulla più, ma operare seguendo le evidenze scientifiche, una deontologia ed etica che portano a considerare il paziente stesso come parte del processo assistenziale, come fondamentale punto di partenza per il raggiungimento di esiti in cui la qualità rappresenta il discrimine.
Oggi l'infermiere è il professionista sanitario in possesso dei titoli (laurea in Infermieristica, laurea magistrale, dottorato di ricerca, master I e II livello) e requisiti previsti dalla legge, responsabile dell'assistenza infermieristica generale.
Già il D.P.R. n. 225/74 prevedeva, nella figura dell'infermiere professionale, una elevata competenza e professionalità (per questo si è voluto chiamare questo infermiere col termine di professionale) che non annoverava nel suo contenuto mansioni meramente esecutive.
Il Decreto 14 settembre 1994, n. 739 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 09 gennaio 1995, n. 6 -Regolamento concernente l'individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell'infermiere - che ha eliso la parola "ausiliario" nella definizione di infermiere.
La legge 26 febbraio 1999 n. 42 ha abrogato il mansionario dell'infermiere professionale (D.P.R. 14marzo 1974 n. 225) ed ha abolito nella denominazione della professione infermieristica l'appendice "ausiliaria" rendendola al pari del medico, professione sanitaria così come prevedeva già l'art. 2229 C.C. quale professione intellettuale. Per professioni intellettuali si intendono quelle che, seppur la prestazione si concretizzi in un fare materiale, si fondano su conoscenze teoriche o tecniche evolute che rendono l’atto una conseguenza di un processo mentale basato su principi e metodologie scientifiche.
La legge 10 agosto 2000 n. 251 stabiliva l'apertura delle classi universitarie per il conseguimento della laurea in Infermieristica e le relative specializzazioni e master. Il C.C.N.L. Comparto Sanità 1998-2001 individua nella categoria C e successivamente nella categoria D il collaboratore professionale sanitario (infermiere) definendolo: "Appartengono a questa categoria i lavoratori che, ricoprono posizioni di lavoro che richiedono, oltre a conoscenze teoriche specialistiche e/o gestionali in relazione ai titoli di studio e professionali conseguiti, autonomia e responsabilità proprie, capacità organizzative, di coordinamento e gestionali caratterizzate da discrezionalità operativa nell'ambito di strutture operative semplici previste dal modello organizzativo aziendale.
La Legge 01 febbraio 2006, n. 43 - Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche,ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie - prevede all'art. 1, co. 1: "Sono professioni sanitarie infermieristiche quelle previste ai sensi della legge 10 agosto 2000, n. 251, e del decreto del Ministro della sanità 29 marzo 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 118 del 23 maggio 2001, i cui operatori svolgono, in forza di un titolo abilitante rilasciato dallo Stato, attività di prevenzione, assistenza, cura o riabilitazione". L'art. 3 provvede a convertire in ordini professionali gli odierni collegi. Leggi a tutt’oggi non ancora del tutto applicate che purtroppo hanno lasciato di fatto immutato l’infermiere così come era, ovvero nella sua posizione di “ausiliarità”.
Tempo fa mi ha colpito molto una riflessione, intitolata “La dichiaro Dottore in Infermieristica”, pubblicata online sul diario di una sognatrice di Irene Muscia, che ben compendia il mio pensiero al riguardo e che iniziava così: “Chiedereste mai ad un medico di andare in farmacia a comprarvi le medicine? Direste mai ad un avvocato di farvi delle fotocopie di un libro solo perché ha la stampante nel suo studio? Chiedereste mai ad un architetto di darvi una mano a spostare i mobili di casa vostra? Direste mai al vostro commercialista di fare la spesa al posto vostro perché è bravo con i numeri? No. Perché non rientra nelle loro competenze. Bene. Perché non rientra nelle loro competenze? Perché vengono considerate figure intellettuali e non operaie; in funzione del fatto che hanno conseguito un titolo accademico. Hanno una Laurea.”
Detto ciò, se da una parte c'è chi ci definisce dottori delle padelle, chi braccia tolte all'agricoltura, chi come l'ex ministro dell'integrazione Cecile Kynege si sente offesa se viene chiamata “infermiera”, è consolante ricordare che il Santo Padre invece ha uguagliato Dio fatto uomo a un Infermiere, che cura le ferite del corpo e dell'anima, con le “mani” ma anche con la vicinanza, la tenerezza, la condivisione del dolore...con buona pace di chi ci considera “scimmie”.
Dott. Liberatore Andrea
Infermiere
14 dicembre 2015
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