Gentile direttore,
da tempo l’Agenas si sta impegnando a migliorare i propri sistemi di monitoraggio delle performance regionali in sanità. Ne è prova la recente terza indagine nazionale sulle reti tempo-dipendenti di cui ha riferito Qs due giorni fa. L’analisi prende in considerazione la rete cardiologica per l’emergenza, quella dell’ictus, quella del trauma e quella dell’emergenza-urgenza, non includendo a differenza della seconda indagine la rete neonatologica e dei punti nascita. L’indagine ha molti meriti, primo dei quali è fornire dati e informazioni comparative utili per una riflessione di sistema e per possibili interventi correttivi. Vale però la pena di ragionare su alcuni aspetti critici della metodologia adottata dall’Agenas nella sua analisi.
La terza indagine presenta una novità molto significativa: mentre la precedente analisi veniva fatta sulla base di un questionario con risposte “autodichiarate”, questa integra le indicazioni del questionario con l’utilizzo di alcuni indicatori di volume e di esito prevalentemente ricavati dal Programma Nazionale Esiti e con alcuni dati sulle singole strutture eroganti. Questi ultimi dati sono riportati in una sezione anagrafica delle strutture ospedaliere di ciascuna Regione davvero interessante. Questionario, dati e indicatori si riferiscono all’anno 2022. Il questionario esplora per ciascuna rete le quattro aree della struttura di base, dei meccanismi operativi, dei processi sociali e dei risultati e del monitoraggio. Inoltre sono previsti degli approfondimenti per le tre reti dell’ictus, dell’emergenza cardiologica e del trauma.
Sulla base delle risposte alle domande del questionario (per ogni domanda è prevista una risposta positiva o negativa) si calcola per ciascuna rete un indice percentuale definito RTD (Rete Tempo Dipendente) e sulla base di alcuni indicatori selezionati si calcola per ciascuna rete l’indice SDO (essendo calcolati gli indicatori sulle Schede di Dimissione Ospedaliera). Assieme i due indici portano ad un terzo indice percentuale (l’indice ISCO, Indice Sintetico Complessivo di valutazione) in cui quello RTD influisce per il 30% e quello SDO per il 70%. L’indice ISCO non è stato calcolato per la rete del trauma a causa della carenza al momento di indicatori validi. Il tutto dà una idea di scientificità nel calcolo di questo indice, se non fosse per la presenza di alcune possibili importanti fonti di distorsione. La prima, in realtà grossa come una casa, riguarda il questionario autocompilato. Il problema non è la buona fede di chi risponde, che è ovviamente fuori discussione, ma la “oggettività” delle risposte. Facciamo uno dei tanti possibili esempi: rispondere positivamente (come chiede il questionario al punto B.1.17) alla domanda “Sono stati definiti e applicati i criteri per la presa in carico dei pazienti che accedono alla Rete Cardiologica per l'emergenza in ottemperanza al DM 70/15 ?” richiederebbe non sono una Delibera Regionale che definisca questi criteri, ma anche un sistema che ne monitori a livello regionale l’applicazione.
Purtroppo, ancora una volta, pur in presenza di questi limiti, l’Agenas utilizza l’indice ISCO per fare classifiche, scelta che deve avere un fondamento “ideologico”, altrimenti non si spiega, visto che è quello già avvenuto con la classifica dei migliori ospedali d’Italia creata in base ai dati del PNE. La produzione di questa classifica delle reti regionali tempo-dipendenti non dovrebbe essere l’obiettivo principale dell’indagine, ma lo diventa perché ne è l’aspetto più “notiziabile” e quindi più politicamente spendibile. Di questo rischio ho trovato immediata conferma in un comunicato stampa di ieri della Regione Marche in cui si celebrava il primo posto nell’indice ISCO della rete cardiologica. Ovviamente il comunicato non faceva alcun riferimento alle criticità emerse nelle diverse reti compresa quella cardiologica e so per certo che non suggerirà alcun intervento migliorativo né sul piano programmatorio che gestionale. Se la indagine si limitasse a enucleare i problemi e a fornire i dati per analizzarli farebbe un gran servizio. Ma questa mania delle classifiche ne riduce molto il potenziale impatto.
Un’altra criticità è rappresentata dalla contraddizione per cui l’indagine sulle reti tempo-dipendenti si fa sulla base delle indicazioni del DM 70, di cui però non si valuta la applicazione nelle diverse Regioni. Per cui si arriva all’assurdo che la rete per l’emergenza cardiologica migliore d’Italia, quella delle Marche, è totalmente disallineata come numero di unità operative di cardiologia con UTIC agli standard del DM 70 (12 censite dalla indagine dell’Agenas contro le 10 da DM 70) e anche come emodinamiche, che dalle 5 del 2022 stanno diventando 6 per una popolazione di un milione e mezzo di abitanti. La attuale Giunta delle Marche avrà buon gioco a mantenere questa rete ospedaliera diffusa, che ha fortemente voluto e che tanto elettoralmente ha pagato, perchè i dati Agenas confermano in fondo che “il fine giustifica i mezzi”. Quando l’Agenas si ricorderà l’importanza del monitoraggio di tutto il DM 70 e non solo dei suoi singoli pezzi sarà sempre troppo tardi. Perché da noi nelle Marche su quelle difformità si stanno costruendo nuovi ospedali.
Una ultima annotazione. Queste classifiche sulle nostre sanità regionali sanciscono in modo mortificante e costante il divario nord-sud. Anziché usarle solo per (giustamente) denunciare il rischio che l’autonomia differenziata peggiori ulteriormente quel divario, non è il caso di cominciare a usarle per pensare a come colmarlo?
Claudio Maria Maffei
Coordinatore Tavolo Salute Pd Marche