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L’indagine sulle reti tempo-dipendenti e quella gran voglia di classifiche

di Claudio Maria Maffei

27 MAR -

Gentile direttore,
da tempo l’Agenas si sta impegnando a migliorare i propri sistemi di monitoraggio delle performance regionali in sanità. Ne è prova la recente terza indagine nazionale sulle reti tempo-dipendenti di cui ha riferito Qs due giorni fa. L’analisi prende in considerazione la rete cardiologica per l’emergenza, quella dell’ictus, quella del trauma e quella dell’emergenza-urgenza, non includendo a differenza della seconda indagine la rete neonatologica e dei punti nascita. L’indagine ha molti meriti, primo dei quali è fornire dati e informazioni comparative utili per una riflessione di sistema e per possibili interventi correttivi. Vale però la pena di ragionare su alcuni aspetti critici della metodologia adottata dall’Agenas nella sua analisi.

La terza indagine presenta una novità molto significativa: mentre la precedente analisi veniva fatta sulla base di un questionario con risposte “autodichiarate”, questa integra le indicazioni del questionario con l’utilizzo di alcuni indicatori di volume e di esito prevalentemente ricavati dal Programma Nazionale Esiti e con alcuni dati sulle singole strutture eroganti. Questi ultimi dati sono riportati in una sezione anagrafica delle strutture ospedaliere di ciascuna Regione davvero interessante. Questionario, dati e indicatori si riferiscono all’anno 2022. Il questionario esplora per ciascuna rete le quattro aree della struttura di base, dei meccanismi operativi, dei processi sociali e dei risultati e del monitoraggio. Inoltre sono previsti degli approfondimenti per le tre reti dell’ictus, dell’emergenza cardiologica e del trauma.

Sulla base delle risposte alle domande del questionario (per ogni domanda è prevista una risposta positiva o negativa) si calcola per ciascuna rete un indice percentuale definito RTD (Rete Tempo Dipendente) e sulla base di alcuni indicatori selezionati si calcola per ciascuna rete l’indice SDO (essendo calcolati gli indicatori sulle Schede di Dimissione Ospedaliera). Assieme i due indici portano ad un terzo indice percentuale (l’indice ISCO, Indice Sintetico Complessivo di valutazione) in cui quello RTD influisce per il 30% e quello SDO per il 70%. L’indice ISCO non è stato calcolato per la rete del trauma a causa della carenza al momento di indicatori validi. Il tutto dà una idea di scientificità nel calcolo di questo indice, se non fosse per la presenza di alcune possibili importanti fonti di distorsione. La prima, in realtà grossa come una casa, riguarda il questionario autocompilato. Il problema non è la buona fede di chi risponde, che è ovviamente fuori discussione, ma la “oggettività” delle risposte. Facciamo uno dei tanti possibili esempi: rispondere positivamente (come chiede il questionario al punto B.1.17) alla domanda “Sono stati definiti e applicati i criteri per la presa in carico dei pazienti che accedono alla Rete Cardiologica per l'emergenza in ottemperanza al DM 70/15 ?” richiederebbe non sono una Delibera Regionale che definisca questi criteri, ma anche un sistema che ne monitori a livello regionale l’applicazione.


La stragrande maggioranza delle Regioni ha risposto positivamente, ma su che basi? Io ho una buona conoscenza della realtà della Regione Marche che da sempre è attenta agli aspetti formali relativi agli adempimenti centrali (compresi quelli relativi alle reti tempo-dipendenti da anni oggetto di monitoraggio). La Regione Marche, infatti, al questionario ha dato una percentuale di risposte positive molto alta, classificandosi al terzo posto per gli aspetti generali della governance delle reti e al secondo per gli aspetti programmatori. Ma se uno cerca nel sito della Agenzia Regionale Sanitaria la pagina relativa alle reti tempo-dipendenti la trova praticamente vuota. Insomma, c’è un evidente squilibrio tra la alta autovalutazione che la Regione Marche fa del governo delle reti tempo-dipendenti e la bassa evidenza del modo in cui questo governo si esprime sia in termini di processo che di risultati. E le Marche non saranno l’unica Regione ad avere questo problema. Colpa del questionario, ovviamente, che lascia molti margini di manovra alla autovalutazione. Un secondo punto critico nel calcolo dell’indice ISCO riguarda la selezione degli indicatori per il calcolo dell’indice SDO. Questa è materia per i clinici, quindi mi limito a suggerire prudenza nel presentare questo indice come valido strumento di monitoraggio quantitativo delle performance delle reti tempo-dipendenti.

Purtroppo, ancora una volta, pur in presenza di questi limiti, l’Agenas utilizza l’indice ISCO per fare classifiche, scelta che deve avere un fondamento “ideologico”, altrimenti non si spiega, visto che è quello già avvenuto con la classifica dei migliori ospedali d’Italia creata in base ai dati del PNE. La produzione di questa classifica delle reti regionali tempo-dipendenti non dovrebbe essere l’obiettivo principale dell’indagine, ma lo diventa perché ne è l’aspetto più “notiziabile” e quindi più politicamente spendibile. Di questo rischio ho trovato immediata conferma in un comunicato stampa di ieri della Regione Marche in cui si celebrava il primo posto nell’indice ISCO della rete cardiologica. Ovviamente il comunicato non faceva alcun riferimento alle criticità emerse nelle diverse reti compresa quella cardiologica e so per certo che non suggerirà alcun intervento migliorativo né sul piano programmatorio che gestionale. Se la indagine si limitasse a enucleare i problemi e a fornire i dati per analizzarli farebbe un gran servizio. Ma questa mania delle classifiche ne riduce molto il potenziale impatto.

Un’altra criticità è rappresentata dalla contraddizione per cui l’indagine sulle reti tempo-dipendenti si fa sulla base delle indicazioni del DM 70, di cui però non si valuta la applicazione nelle diverse Regioni. Per cui si arriva all’assurdo che la rete per l’emergenza cardiologica migliore d’Italia, quella delle Marche, è totalmente disallineata come numero di unità operative di cardiologia con UTIC agli standard del DM 70 (12 censite dalla indagine dell’Agenas contro le 10 da DM 70) e anche come emodinamiche, che dalle 5 del 2022 stanno diventando 6 per una popolazione di un milione e mezzo di abitanti. La attuale Giunta delle Marche avrà buon gioco a mantenere questa rete ospedaliera diffusa, che ha fortemente voluto e che tanto elettoralmente ha pagato, perchè i dati Agenas confermano in fondo che “il fine giustifica i mezzi”. Quando l’Agenas si ricorderà l’importanza del monitoraggio di tutto il DM 70 e non solo dei suoi singoli pezzi sarà sempre troppo tardi. Perché da noi nelle Marche su quelle difformità si stanno costruendo nuovi ospedali.

Una ultima annotazione. Queste classifiche sulle nostre sanità regionali sanciscono in modo mortificante e costante il divario nord-sud. Anziché usarle solo per (giustamente) denunciare il rischio che l’autonomia differenziata peggiori ulteriormente quel divario, non è il caso di cominciare a usarle per pensare a come colmarlo?

Claudio Maria Maffei
Coordinatore Tavolo Salute Pd Marche



27 marzo 2024
© Riproduzione riservata

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