Gentile direttore,
quasi per caso mi sono ritrovato tra le mani un documento del 1916 sui “Consigli per impedire la diffusione delle malattie veneree e sifidiliche” della città di Torino. Il contesto storico è fondamentale, la Prima Guerra Mondiale era in pieno svolgimento e la preoccupazione prioritaria era quella di salvaguardare l’efficienza fisica dei militari in licenza che dovevano tornare al fronte.
Questi manifesti, affissi davanti i dispensari celtici (termine che non ha a che fare con la cultura dell’antica Gallia o a riferimenti filo fascisti, ma concerne ad un’antica terminologia per indentificare la sifilide ovvero Morbo Celtico), elencavano una serie di raccomandazioni sui sintomi che si possono manifestare al contrarsi della malattia e sui comportamenti da seguire, e termina con questa frase: “Per conoscere i pericoli delle malattie di genere e quelle del lavoro in ispecie, e i modi di prevenirle e di combatterle è utile la frequenza alla Scuola popolare d’Igiene, gratuita, tenuta, nei mesi invernali, per cura dell’Ufficio d’Igiene”. Elemento fondamentale, ritenuto tale anche secoli prima.
Ed una volta terminato il percorso scolastico, la formazione deve continuare – o iniziare - anche in età adulta, nei luoghi di lavoro. Invece per quanto riguarda i professionisti sanitari un piano d’azione è già stato scritto, ma non ancora realizzato. Il PROGETTO CCM 2019 “Sperimentazione di nuovi modelli organizzativi integrati ospedale-territorio per la prevenzione e il controllo delle IST: percorsi diagnostico-assistenziali agevolati ed offerta di screening gratuiti mirati” dell’Istituto Superiore di Sanità prevede l’elaborazione urgente di un piano strategico nazionale e la necessità di offrire al cittadino una rete di servizi ben collegati tra di loro a cui accedere facilmente. Per attuare quest’ultima parte è necessario che vi sia un’inversione delle politiche economiche e manageriali messe in atto a discapito del Sistema Sanitario Nazionale.
Realizzare questi interventi richiede sicuramente tempo e programmazione, ma si potrebbero incrementare le ore di quei pochi corsi di educazione sessuale, realizzati da presidi volenterosi, per iniziare a spargere consapevolezza sessuale, e da parte del Ministero della Salute avviare una campagna di informazione e sensibilizzazione sull’utilizzo del preservativo, poiché non viene visto come strumento prevenzione e di protezione ma di insoddisfazione. Di fatti, notizia di qualche ora fa, per sensibilizzare all’utilizzo ed ai benefici, il direttore del Villaggio Olimpico per i Giochi Olimpici di Parigi distribuirà quotidianamente agli atleti dei profilattici.
Bastano poche semplici mosse per capovolgere l’incremento dei casi delle malattie sessualmente trasmissibili.
Massimiliano Cinque
Dottore in Farmacia