Disabilità, l’Italia metta fine all’istituzionalizzazione
di Pietro Pellegrini
26 FEB - Gentile Direttore,
in tema di diritti delle persone con disabilità le Nazioni Unite nell'agosto 2022 hanno approvato le “Linee Guida (LG) sulla deistituzionalizzazione, anche in caso di emergenza"
ora disponibili anche in italiano.
Nel nostro Paese la LG è poco nota e ancor meno applicata pur avendo l'Italia ratificato la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità con la legge 18/2009 che ben si raccorda con la 180 e la Costituzione. Mi permetto di citare alcuni passi significativi. Le LG intendono “guidare e sostenere Stati parti nei loro sforzi per realizzare il diritto delle persone con disabilità a vivere in modo indipendente e a essere incluse nella comunità, e di essere la base per pianificare i processi di deistituzionalizzazione”. In diversi Paesi la pandemia “ha portato alla luce una diffusa istituzionalizzazione, evidenziando l'impatto dannoso dell'istituzionalizzazione sui diritti e sulla vita delle persone con disabilità, e la violenza, l'incuria, l'abuso, il maltrattamento e la tortura, comprese le contenzioni chimiche, meccaniche e fisiche, che subiscono negli istituti.”
“L'istituzionalizzazione contraddice il diritto delle persone con disabilità a vivere in modo indipendente e a essere incluse nella comunità” e pertanto “gli Stati parti dovrebbero abolire tutte le forme di istituzionalizzazione, porre fine ai nuovi collocamenti in istituti e astenersi dall'investire in istituti.”
“L'istituzionalizzazione non deve mai essere considerata una forma di protezione delle persone con disabilità o una ‘scelta’. L'esercizio dei diritti previsti dall'articolo 19 della Convenzione non può essere sospeso in situazioni di emergenza, comprese le emergenze sanitarie. Non esiste alcuna giustificazione per perpetuare l'istituzionalizzazione. Gli Stati parti non devono usare la mancanza di sostegno e di servizi nella comunità, la povertà o le stigmatizzazioni per giustificare il mantenimento degli istituti o i ritardi nella loro chiusura. La pianificazione inclusiva, la ricerca, i progetti pilota o la necessità di riformare la legge non devono essere usati per ritardare la riforma o per limitare l'azione immediata a sostegno dell'inclusione della comunità.”
Le LG indicano che “esistono alcuni elementi che definiscono un’istituzione, come l’obbligo di condividere gli assistenti con altre persone e l’assenza o la limitata influenza su chi fornisce l’assistenza; l’isolamento e la segregazione dalla vita indipendente nella comunità; la mancanza di controllo sulle decisioni quotidiane; la mancanza di scelta da parte delle persone interessate su con chi vivere; la rigidità della routine a prescindere dalla volontà e dalle preferenze personali; attività identiche nello stesso luogo per un gruppo di persone sotto una certa autorità; un approccio paternalistico nell’erogazione dei servizi; la supervisione delle modalità di vita; un numero sproporzionato di persone con disabilità nello stesso ambiente.” Ancora la mancanza del diritto all’affettività, sessualità, privacy, ricevere visite e accogliere ed educare i figli.
Secondo i dati ISTAT al 1° gennaio 2022, i presidi residenziali attivi nel nostro Paese sono 12.576 con un'offerta di circa 414mila posti letto. Purtroppo non vi sono programmi di deistituzionalizzazione di anziani e disabili. Per la salute mentale i posti sono circa 30 mila (3,8% degli assistiti dal DSM) ed assorbono quasi il 45% della spesa dei DSM. Gli SPDC “no restraint” sono ancora una minoranza (19 su 318). Bisogna superare le Residenze, per incentrare tutta l'attività sociosanitaria, sul diritto ad avere una casa e su Servizi di Comunità e Prossimità.
Un’indicazione forte in tal senso viene dalle LG in base alle quali occorre aumentare i diritti delle persone con disabilità psicosociale in tema di consenso, imputabilità, partecipazione alle cure, superamento delle contenzioni e i servizi restraint. Occorre promuovere diritti alla salute, alla formazione, lavoro, reddito mediante strumenti e organizzazioni che li rendano esigibili. Ampliare i diritti significa contrastare linee che vedono in “Patti di rifioritura”, distorsione verso l’obbligatorietà delle cure del ruolo dell’Amministrazione di Sostegno, l’aumento delle misure giudiziarie, psichiatrizzazione del disagio e visioni neocustodiali.
Il recente editoriale di The Lancet del 17 febbraio 2024 (https://www.thelancet.com/action/showPdf?pii=S0140-6736%2824%2900308-8) ha rilevato il sostanziale fallimento del sistema britannico di salute mentale basato sul risk assessment e sui trattamenti coercitivi nella comunità. Infatti, essi non hanno impedito il crescente ricorso al ricovero obbligatorio e hanno aumentato stigma e discriminazione, specie verso le persone appartenenti a minoranze etniche e culturali, e determinato demotivazione e indifferenza negli operatori.
La forza delle evidenze e le LG richiedono, anche in Italia, la realizzazione di una cura basata sui diritti, centrata sulla persona, lo sviluppo di un atteggiamento solidale e compassionevole della comunità e una grande opera di deistituzionalizzazione affrontando in modo nuovo i problemi delle persone e delle loro famiglie.
Pietro PellegriniDirettore Dipartimento Assistenziale Integrato Salute Mentale Dipendenze Patologiche Ausl di Parma
26 febbraio 2024
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