Gentile direttore,
nella nota congiunta di 12 tra società scientifiche e associazioni culturali, non competenti dello sviluppo psichico nella pubertà, né tanto meno dell’approccio psicoterapeutico al disagio connesso a tale sviluppo, si professa un’incrollabile fiducia all’uso salvavita dei bloccanti della pubertà. Poiché in campo scientifico le posizioni devo restare lontane dalla retorica e testate dal confronto con posizioni diverse, sarebbe opportuno che le società scientifiche responsabili della nota dessero chiarimenti su questioni importanti su qui la nota tace:
1) In che senso i bloccanti della pubertà sarebbero dei “salvavita”? In che cosa consisterebbe il pericolo per la vita dei soggetti a cui essi non si somministrano? Ci sarebbe un rischio di suicidio? È riscontrato un aumento statisticamente significativo del rischio di suicidio tra i soggetti che non assumono i bloccanti della pubertà rispetto a coloro che li assumono? Esiste un sufficiente numero di studi rigorosi che lo conferma?
2) Perché si continua a parlare di adolescenti senza chiarire l’età in cui i farmaci si somministrano veramente? Qual è in Italia l’età media dei soggetti a cui i bloccanti della pubertà vengono somministrati? È vero o non è vero che siano stati somministrati a bambini di undici anni o anche di meno?
3) Con quali criteri di diagnosi si stabilisce a chi somministrare la terapia visto che dopo la pubertà la grande parte dei soggetti incongruenti o disforici (intorno all’80%) esce da questa condizione? Dove si basa la certezza che la disforia del soggetto in trattamento non è transitoria? Ci sono dei dati che testimoniano quanti dei soggetti che professano l’incongruenza vengono trattati con i bloccanti (una piccola parte, una percentuale alta, tutti)?
4) Si pratica una diagnosi differenziale? Quale percentuale dei soggetti che afferiscono ai Centri riceve una diagnosi diversa da quella della disforia o incongruenza?
5) Che cosa significa sul piano scientifico l’espressione “guadagnare tempo e dare la possibilità all’adolescente stesso di esplorare ulteriormente il proprio percorso di affermazione di genere”? Lo sviluppo puberale è indispensabile per la costituzione della propria identità di genere. Come si fa a esplorare e costituire la propria identità di genere se si blocca questo sviluppo?
6) Nessuna delle Società firmanti ha competenze nel campo della psicoterapia. Esiste un confronto con i risultati ottenuti con la psicoterapia? Esistono casi di ragazzi a cui si propone la psicoterapia piuttosto che l’uso dei bloccanti? Si ritiene inutile o controproducente intraprendere questa strada? È vera o non è vera l’affermazione di una delle responsabili di Careggi che la psicoterapia è inutile perché anche i ragazzi cisgender (sic) non la fanno?
7) Si parla di approccio multidisciplinare. In che cosa esattamente consiste nei fatti? Quale è il ruolo, che dovrebbe essere fondamentale, della Psicoterapia? I Centri operanti in Italia con quali servizi psicoterapeutici collaborano?
8) I dati internazionali conosciuti dicono che il 98% dei soggetti a cui si somministrano i bloccanti vengono avviati alla transizione ormonale e chirurgica. La situazione in Italia è diversa? Nei vari Centri in cui si somministrano i bloccanti c’è un registro dettagliato di ciò che si fa o non si fa, ci sono studi, statistiche? Sembrerebbe che i ragazzi vengano avviati fin dall’inizio verso un processo di transizione senza che possano disporre di uno spazio di libera elaborazione e costituzione della loro identità.
9) Sono d’accordo le società e le associazioni firmatarie della nota con le affermazioni delle responsabili di Careggi che l’uso dei bloccanti è al servizio della transizione?
11) Perché delle società dal netto orientamento biomedico parlano genericamente di “sesso assegnato alla nascita”? Risulta che alla nascita si assegna un sesso diverso da quello biologico? Ci sono dei medici che pensano che il sesso biologico sia di nessuna importanza?
12) La sezione psichiatrica di SINPIA pensa che sia utile somministrare degli antidepressivi (con la dovutissima cautela) in alcuni casi di depressione nell’adolescenza con eventuale rischio di suicidio. Ha confrontato questo trattamento, se è favorevole, con quello con i bloccanti della pubertà. Pensa che gli antidepressivi siano meno efficaci dei bloccanti o hanno più effetti collaterali?
Il silenzio scientifico sui problemi reali che riguardano soggetti nell’ età critica dell’evoluzione psicosessuale e l’esaltazione di un approccio ideologico non fa bene alla medicina.
Sarantis Thanopulos
Presidente della Società Psicoanalitica