In Italia, mancano infermieri: formiamo medici
di Walter de Caro
28 AGO -
Gentile Direttore,quale è la risposta alla drammatica crisi infermieristica in Italia, con la carenza di oltre 100.000 unità nel raffronto con altri Paesi Europei? Aumentare il numero dei posti a Medicina, pur se questi già superiori alla media europea, nonostante le dichiarazioni delle organizzazioni di rappresentanza circa il rischio con questa scelta di creare una nuova pletora medica ed uno spreco di risorse pubbliche.
Il mese di agosto si chiude con il comunicato della Ministra Prof. Bernini sull’aumento a 19.544 dei posti per Medicina, 1.386 per Odontoiatria, 1141 per Veterinaria, sulla base delle risultanze del gruppo di lavoro – a trazione medica - costituito in seno al Ministero dell’Università, con l’obiettivo di “esaminare ed approfondire le criticità afferenti alla carenza di medici e professionisti sanitari nell’ambito del Servizio sanitario nazionale” presieduto dal Prof. Gaudio, già Rettore di Sapienza Università di Roma. Quindi oltre 4000 posti in più quest’anno, con la duplicazione dei posti nel corso degli ultimi anni.
In alcune realtà è vero mancano anche medici: mancano taluni medici di medicina generale e sono carenti le vocazioni per l’area emergenza (quindi specializzati, non generici laureati). La lamentata e limitata carenza medica – che gode per converso di alta eco mediatica - è attribuibile alle forme contrattuali, all’intramoenia, all’organizzazione dei servizi, alla carenza di programmazione in alcune aree, alla pervasività delle assicurazioni private anche per i dipendenti pubblici e non da ultimo anche dalla volontà della classe medica di mantenere lo status quo nell’agire professionale, limita lo sviluppo della competente autonoma degli infermieri e di altre professioni, per completare al meglio il percorso dell’assistito in particolare a livello comunitario, con la pratica avanzata e con la prescrizione.
Mentre in Italia – si continua a pensare solo al personale medico, negli Stati Uniti l’Amministrazione Biden – Harris, per il tramite del Dipartimento Health Resources and Services Administration (HRSA), informava di aver stanziato più di 100 milioni di dollari per formare e sviluppare gli organici infermieristici. “Ora più che mai, dobbiamo raddoppiare i nostri investimenti negli infermieri che si prendono cura delle comunità in tutto il Paese” ha dichiarato il loro Segretario Generale. Gli investimenti statunitensi sono destinati per le seguenti priorità: 1) Aumentare la presenza di Infermieri laureati, con la programmi di conversione e transizione degli infermieri “pratici” cioè non laureati. 2) Aumentare la numerosità di infermieri di pratica avanzata certificati formati e preparati a fornire servizi di assistenza primaria, assistenza per la salute mentale e i disturbi da uso di sostanze e/o assistenza sanitaria materna. 3) Sviluppare il numero di docenti infermieri attraverso finanziamenti per la formazione specifica e per incentivare la docenza infermieristica.
In Italia, niente di tutto questo, nulla si è fatto, per agire davvero per aumentare i numeri degli studenti o l’attrattività della professione infermieristica per le giovani generazioni, con la riduzione delle tasse o percorsi di transizione verso il lavoro, se non ipotizzare
accordi con Paesi extraeuropei per la carenza infermieristica.
Per i corsi di laurea in Infermieristica, i posti disponibili in Italia sono 19.747 (dati provvisori) - sostanzialmente uguali all’anno precedente e sovrapponibili a quelli di Medicina: per la specifica conformazione delle procedure di ammissione risulta a rischio la stessa copertura dei posti in particolare nelle università del Centro Nord, come già avvenuto lo scorso anno. Semplicemente formeremo più medici che infermieri.
Questo dato numerico se comparato alla maggioranza dei Paesi del mondo è sconvolgente: mediamente si formano e devono essere operativi almeno 3 (tre) infermieri per 1 (uno) medico (ad esempio nel Regno Unito vengono formati la metà dei medici rispetto all’Italia, circa 10.000, ed oltre il doppio di infermieri, con un trend crescente).
Allo stesso tempo, sono cominciati a circolare nel corso dei mesi taluni Disegni di Legge (i.e Assistente per la salute) ed iniziative regionali volte - in forma più o meno mascherata - a far transitare competenze infermieristiche - a personale ausiliario e di supporto. Un rischio enorme per i cittadini e un pericolo per la professione infermieristica tutta.
Voglio essere chiaro - come è la letteratura internazionale in merito: la sostituzione di infermieri con figure di supporto meno qualificate è legata a un maggiore rischio di decesso per gli assistiti, oltre che a numerosi indicatori di scarsa qualità dell'assistenza. Un conto, quindi, è prevedere figure che meglio formate possano supportare gli infermieri e che vengano “sperimentate” per verificarne l’impatto sull’organizzazione sanitaria, un conto è quello che da più parti e da alcune regioni e strutture sanitarie sta avvenendo. Semplicemente, per mere logiche di contenimento di costi, si sostiene la sostituzione di personale infermieristico con figure di supporto e/o con servizi esternalizzati come quello di “forzare” oltre i limiti le attività di deblistering dei farmaci, senza valutarne le ricadute. Tutto questo è un grave rischio per i nostri cittadini, con particolare riferimento alla popolazione anziana e fragile.
Nonostante il contributo offerto durante la pandemia, gli applausi e le promesse, appare chiaro che il contributo infermieristico non sia considerato inestimabile come invece è, non sembra essere visibile e cruciale per la vita delle persone come invece è. Gli infermieri salvano vite umane ogni giorno, senza clamore. Gli infermieri sono la colonna vertebrale dei servizi sanitari, sono vicini ai pazienti sempre: 24 ore su 24, 365 giorni l’anno. Allo stesso tempo, gli infermieri italiani sono malamente pagati, con poche prospettive di sviluppo, oggetto di violenza, si sentono poco coinvolti in molte delle decisioni che li investono, costretti a turni e pressioni difficilmente sostenibili. La demotivazione ed il disagio appaiono decisamente in crescita.
Questa situazione merita – con immediatezza - un intervento che riconosca agli infermieri l’impatto per la salute che hanno: si invita il Governo italiano ed i decisori ai diversi livelli ad agire per trattare la crisi nazionale del personale infermieristico.
Walter de CaroPresidente Nazionale CNAIExecutive Board EFNNMA
28 agosto 2023
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