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Quale sanità dopo la pandemia? Il Servizio Sanitario Nazionale alla prova delle elezioni

di Eleonora Mazzoni

20 SET -

Gentile Direttore,
a più di due anni dall’inizio della pandemia di Covid-19 troviamo un Servizio Sanitario Nazionale che deve recuperare quanto perso e al contempo diventare resiliente e rispettare i principi sui quali si fonda: universalità, equità, uguaglianza. Per fare questo ha bisogno di una volontà politica che spinga per una visione d’insieme, di lungo periodo. Da statisti, si potrebbe dire, e non da politici.

La sensazione che si ha leggendo i programmi elettorali in vista delle prossime elezioni è che manchi, invece, una tale visione. Sebbene i testi siano perfusi di punti che toccano vari aspetti relativi alla sanità e alla salute, difettano di una capacità di sintesi degli interventi strutturali e normativi necessari a garantire in modo organico la capacità del sistema di rispondere alle (nuove) sfide.

Il SSN giungeva al 2019 carico di diversi problemi, tra cui le complesse relazioni tra economia e sanità che già si esplicitavano nell’incapacità di garantire gli stessi diritti sul territorio. L’emergenza ha fatto da detonatore rispetto a questa consapevolezza e imposto un ripensamento radicale della governance e dell’assistenza socio-sanitaria. Si è poi resa palese l’interdipendenza tra scelte di macro e micro allocazione delle risorse che condiziona i processi decisionali relativi alla cura dei singoli.

Qui intervengono gli interventi voluti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. In capo al prossimo Governo, quindi, c’è la responsabilità di massimizzare il loro ritorno. È doveroso tenere a mente che gli investimenti del piano dovranno essere in grado di sopravvivere allo stesso, integrati nel sistema e resi sostenibili in termini di governance, organizzativi ed economici. Le risorse stanziate dovranno essere usate per ricostruire il capitale impoverito dalla crisi, e questo richiede di aumentare e migliorare l’allocazione di quelle spese correnti che di fatto rappresentano una forma di investimento.

Ci sono allora alcuni punti cui rivolgere l’attenzione in vista delle elezioni e da affrontare al loro indomani. Prima tra tutti la necessità di rafforzare la sanità territoriale e integrarla con l’assistenza ospedaliera. Questa non è nuova ed è legata all’esigenza di gestire il peso della cronicità, delle malattie oncologiche e la dinamica demografica: in Italia il 41% della popolazione è affetta da almeno una malattia cronica, percentuale che cresce con l’età (86,3% negli over 75) e con un’incidenza in aumento. Il cosiddetto DM 77/2022 si fonda proprio sull’idea che i servizi sanitari debbano tutelare la salute dell’intera popolazione e non limitarsi a prendere in carico chi si attiva per richiedere una prestazione sanitaria, secondo il modello della sanità di iniziativa.

Mai come oggi è stata evidente l’importanza di un sistema così costruito ma molti sono ancora i nodi da sciogliere. Tra questi il recupero dell’attività del SSN e il governo delle liste d’attesa, la progettazione organizzativa delle strutture previste dal DM 77/2022 e dell’integrazione socio-sanitaria, la salute mentale, la definizione dei fabbisogni formativi e piani di assunzione e suo finanziamento, la concorrenza tra pubblico e privato. È poi centrale l’urgenza di aggiornare i Livelli Essenziali di Assistenza.

Sul capitolo l’Italia soffre di ritardi cronici a partire dal 2017. Il sistema va ripensato tout court e l’aggiornamento delle prestazioni deve essere adeguato alla dinamica dell’innovazione pena la creazione di nuove disuguaglianze di salute. La questione diventa ancor più urgente se si pensa agli effetti della sanità sospesa che nel 2020 ha portato una riduzione dei ricoveri di 1,3 milioni (il 17%) e delle prestazioni di specialistica ambulatoriale di più di 144,5 milioni, che hanno interessato per la maggiore parte dei casi le strutture pubbliche (90,2%).

La digitalizzazione del SSN è poi fattore abilitante e dati e flussi informativi sono la chiave di volta per garantire l’efficacia della pianificazione e programmazione sanitaria. Qui non è trascurabile la sicurezza per cui serve una risposta di sintesi tra la necessaria circolazione dei dati sanitari per finalità di sanità pubblica e loro massima protezione.

Non meno importante, poi, il sostegno alla ricerca clinica, per rendere l’Italia competitiva nel circuito europeo delle sperimentazioni e valorizzare il suo capitale di competenze scientifiche. Anche qui scontiamo ritardi e frammentarietà: il processo di riorganizzazione legislativa avviato con la Legge 3/2018 non è ancora completo e da gennaio 2022 con la piena applicazione del Regolamento (EU) n. 536/2014 il passaggio definitivo alle sue disposizioni dovrà avvenire entro tre anni. Il Regolamento impone tempi e requisiti per cui una attuazione immediata degli standard previsti non è stata possibile in tutti paesi europei, tra questi l’Italia.

Nei programmi elettorali si trova accordo sulla necessità di potenziare l’assistenza di prossimità e sviluppare la Missione Salute, ma sembrano poche le proposte per guidarne la progettazione organizzativa. Inoltre, anche se l’agenda politica è attenta al tema della prevenzione e della promozione della salute, siamo ancora lontani dal capire come intervenire.

Sui Livelli Essenziali di Assistenza, solo Azione-Italia Viva entra nel merito della metodologia per la loro revisione, proponendo un aggiornamento sistematico, di disporre del nomenclatore nazionale e di garantire maggiori servizi e dispositivi tecnologici. Alcuni si concentrano sull’accessibilità delle terapie innovative (alleanza Sinistra e Verdi, di Azione – Italia Viva e del Movimento 5 Stelle) ma nel complesso i programmi si focalizzano solo sull’inserimento nei LEA di nuove patologie o prestazioni.

L’attuazione del Piano oncologico nazionale e del Testo Unico Malattie Rare, poi, compare nei programmi di Azione – Italia Viva, Fratelli d’Italia e Lega mentre, seppur di buoni intenti, le altre proposte si soffermano generalmente sulla volontà di intervenire per la prevenzione primaria e secondaria del rischio oncologico. Sulla ricerca clinica si punta sull’urgenza di rilanciare gli investimenti e adeguarli ai parametri europei. Coerenti con l’obiettivo, ma agli occhi di chi legge ancora difettano di concretezza.

In sintesi, nelle proposte dei partiti c’è di positivo una consapevolezza diffusa della centralità della salute come bene pubblico da tutelare e garantire. Tuttavia, i contenuti ricalcano la frammentarietà tipica del nostro SSN, trascurando le origini della crisi di sostenibilità con cui già si presentava nel 2019 e senza sviluppare un piano organico per il suo futuro. Resta da augurarsi che il nuovo Governo sarà in grado di dare risposte concrete alle tante domande rimaste aperte partendo proprio dall’analisi delle scelte di macro e micro allocazione delle risorse dalle quali dipendono la tutela della salute e l’equità di accesso dei cittadini.

Eleonora Mazzoni

Direttore Area Innovazione Istituto per la Competitività (I-Com)

 



20 settembre 2022
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