Gentile direttore,
la presenza “massiccia” di colleghi medici che si presentano alle assemblee per l’approvazione del bilancio degli Ordini è un fatto insolito che si sta diffondendo a macchia di leopardo in giro per l’Italia. Lo scopo di questa partecipazione pare quello di bocciare i bilanci costringendo i consigli degli Ordini a dimettersi.
Secondo la linea ufficiale ribadita su questo giornale anche dal dr. Panti (Qs 6 maggio) pare che questa attiva partecipazione sia dovuta a gruppi di medici no vax (ma i medici “radiati” perché no vax votano i bilanci?), ma da quanto si può leggere sui Social, altri gruppi contribuiscano a questa chiamata alle armi: uno in particolare è il movimento No Enpam che prende di mira gli Ordini considerati tappa obbligata verso l’Enpam (loro bersaglio ufficiale) che per i compensi che garantisce è il vero obiettivo finale di molte carriere ordinistiche.
Quali siano le ragioni più o meno valide di questi colleghi, quello che appare significativo è che per la prima volta nella storia recente degli Ordini, si segnala una forte presenza di medici che vogliono esserci per far valere le proprie ragioni.
Se non fosse che le ragioni sono discutibili e le modalità un po' barbare (in alcuni ordini sono dovute intervenire le forza dell’ordine a presidiare gli ingressi), sarebbe di sicuro un fatto estremamente positivo.
Per anni i medici si sono disinteressati dei loro Ordini, non sono andati a votare al momento del rinnovo delle cariche (la percentuale dei votanti è da molti anni irrisoria), per anni hanno lasciato che pochi eleggessero i rappresentanti ordinistici senza rendersi conto che in tale modo si lasciava la direzione della professione in mano a pochi, quei pochi che poi hanno continuato a rimanere solidamente in sella per anni.
Far cadere i consigli degli ordini non votando il bilancio non giova a nessuno e di sicuro non è la modalità corretta per un rinnovo necessario e opportuno di chi deve rappresentare la professione.
E’ necessario invece creare partecipazione, andare a votare in massa, presentare propri candidati, creare dibattito, discussione ed eleggere chi si ritiene più adatto a appresentarci. Questa è la democrazia e in democrazia vince chi ha la maggioranza. La strada non è semplice dal momento che da molti anni ormai le elezioni ordinistiche sono viziate da un intreccio consolidato tra ordini e sindacato che rende assai difficile che gruppi spontanei arrivino a nominare i propri rappresentati nei consigli (questo è anche il motivo della scarsa presenza femminile: le donne entrano solo se volute dai sindacati maggioritari). Ma se pure il percorso appare difficile non è impossibile, anzi è necessario se si vuole cambiare qualcosa.
L’ordine dei Medici deve essere la casa di tutti, il luogo dove ognuno può trovare ascolto ed esprimere le proprie idee. Mai deve diventare una controparte, mai deve essere appannaggio di pochi. E questo diventa tanto più possibile quanto maggiore è la nostra partecipazione attiva.
Certo la distanza tra gli ordini e i propri iscritti si è andata allargando anche a causa del covid e dei provvedimenti che gli Ordini sono stati costretti ad assumere come organi sussidiari dello Stato. Ma questo è solo la punta dell’iceberg di un malcontento verso una istituzione che rischia di essere vista sempre di più come un Ente vessatorio (dato l’entità di certe quote ordinistiche) e sanzionatore.
Mi gli Ordini ne sono consapevoli e stanno facendo uno sforzo per ascoltare i medici e far loro sentire che l’Ordine è al loro fianco? Si è fatta una riflessione all’interno degli ordini per rendere “accogliente” la casa dei medici? Si danno risposte alle tante domande della professione?
Quello che sta accadendo a livello ordinistico in giro per l’Italia è un altro segnale di insoddisfazione della classe medica che magari sbaglia vie e modalità, ma che deve essere ascoltato.
Il non farlo può veramente portare a una ribellione di massa perché ormai la situazione è diventata per molti versi insostenibile. Le analisi sono state fatte e rifatte ma le proposte, a parte alcune di tipo sindacale, non ci sono.
La Fnomceo aveva promesso di affrontare e fornire risposte concrete alla cosiddetta questione medica e la legge sul riordino degli ordini aveva fatto sperare in un rinnovamento della classe dirigente, ma tutto questo non è avvenuto.
Seve forse una rivoluzione francese per far capire che c’è bisogno di cambiamento?
Ornella Mancin