Gentile Direttore,
un numero crescente di osteopati pubblicizza su vari canali la propria assistenza, pur non essendo la corrispondente competenza ancora accertata ai fini della regolare somministrazione delle cure proposte. Per tale ragione, la nostra associazione ritiene che l’offerta pubblica di trattamenti osteopatici, come quella recente rivolta a pazienti affetti da cronicità, possa ostacolare il compimento dell’iter legislativo per la professione di osteopata anziché sostenerlo in ottica di serena cooperazione istituzionale e inter-professionale sanitaria.
L'apporto innovativo dell’osteopatia nel Sistema Sanitario è stato identificato dal legislatore in ambito preventivo mediante intervento manuale volto a ripristinare mobilità, elasticità e funzionalità delle strutture sofferenti. Trattasi di trattamenti complessi non riferibili solo ad azioni distrettuali, bensì orientati ad inquadrare le condizioni di salute mediante identificazione delle relazioni tra disfunzioni stabilitesi nel tempo come causa di alterazioni e dolori. Quindi, oltre ad essere preventiva, l'osteopatia è anche e soprattutto complementare.
Ogni bravo osteopata, cioè, stabilisce relazioni interprofessionali con medici specialisti e altri operatori della salute allo scopo di condividere il progetto terapeutico ogni qualvolta sia necessario: egli parla la loro stessa lingua e condivide metodi di cura e modalità operative. Egli, cioè, non spettacolarizza on line le proprie abilità mediate video di trattamenti e “offerte speciali”, ma testimonia la propria educazione rispettando le regole deontologiche sanitarie e della privacy.
Si può quindi immaginare quanto seria debba essere la preparazione degli osteopati alla base dell'esperienza clinica e per la sicurezza dei pazienti. Purtroppo, però, a fronte dell'istituzione della professione, in Italia mancano ancora i criteri per identificare i professionisti e quelli per la loro formazione. Quindi, chiunque può dirsi osteopata: un paradosso il cui rischio si amplifica in caso di promozione indiscriminata e diffusa di trattamenti privi dei parametri legali di riferimento.
Pertanto, l’offerta di una seduta osteopatica gratuita per chi soffre di sindrome da long-Covid potrebbe rappresentare ammirevole contributo nel caso in cui si disponesse di un albo professionale di operatori convalidati a cui indirizzare gli utenti. Viceversa, in assenza attuale dello stesso riferimento, questa strategia potrebbe orientarsi alla mera promozione autoreferenziale, volta a confermare la deregolamentazione piuttosto che a sollecitare la definizione delle regole e dei comportamenti più idonei.
Luigi Ciullo