Quando la vita si si rigenera ‘grazie’ al tumore. In un libro l’esperienza di una paziente del Regione Elena
È stato presentato all'Auditorium dell'Ara Pacis a Roma ‘Blu. Prima di un altro inizio’ di Flavia Di Donato, scrittrice romana esordiente. Il chirurgo Michele Anzà: “Noi medici facciamo il lavoro più bello del mondo: abbiamo la straordinaria possibilità di 'aggiustare' qualcosa, portando alla guarigione un paziente neoplastico”.
22 MAR - “Ancora si stenta a chiamare il tumore con il suo nome, si dice “il male, la malattia, il problema”; il cancro non è un tabù ma una realtà più diffusa e pervasiva di quanto sembri. È fatta di uomini, di voci e vissuti differenti, di emozioni, di speranza. È vita vera, senza orpelli. Non va celata, va comunicata perché un’esperienza di malattia ha la stessa dignità delle scoperte scientifiche e dei progressi della tecnica”.
Così Flavia Di Donato, scrittrice romana esordiente, ha presentato il suo libro autobiografico “Blu. Prima di un altro inizio” presso l'Auditorium dell'Ara Pacis a Roma.
Il testo racconta la malattia, la guarigione ma anche una vita che si trasforma e si rigenera 'grazie' al tumore.
“Questo è un libro di rinascita e di ricostruzione di sé”, ha commentato
Lucio Pagnoncelli, professore ordinario di Pedagogia all'Università “La Sapienza" di Roma. “Un evento traumatico è qualcosa che ci mette in rapporto con il nostro corpo che oggi la società tende a ignorare completamente. Viviamo infatti in una sorta di conflittualità permanente e inconsapevole tra il sistema delle funzioni represse e quello delle regole sociali. La malattia ci mette invece in contatto con la nostra dimensione naturale e questo consente di rileggersi e rileggere la realtà in modo diverso. Questo libro è un inno alla vita, il superamento dell'io diviso che noi viviamo socialmente”.
Alla presentazione è intervenuto anche Michele Anzà, chirurgo dell'Istituto Nazionale Tumori Regina Elena che ha avuto in cura l’autrice.
“Faccio il lavoro più bello del mondo – ha commentato - ho la straordinaria possibilità di 'aggiustare' qualcosa, portando alla guarigione un paziente neoplastico. Mi entusiasma molto quello che faccio, è il mio modo di stare al mondo e di dare il mio contributo. Questo lavoro necessita di moltissima umanità, di entrare in empatia con il paziente; con lui si crea un rapporto di dipendenza molto forte, spesso è durissimo, faticoso, arduo, a volte si vorrebbe scappare. Invece bisogna essere sempre rassicuranti, soprattutto davanti alla paura di chi ti sta davanti, che rende tutto difficile e complicato. La necessità è quella di curare il malato e non solo la malattia: un buon rapporto con il paziente può facilitare il raggiungimento del comune traguardo della guarigione. Amo essere in ospedale, sono membro di una squadra con la quale raggiungiamo insieme gli obiettivi per i nostri pazienti. La gratitudine di chi guarisce mi commuove, grazie Flavia per il tuo bel libro”, ha concluso.
22 marzo 2018
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