11 GEN - Gentile Direttore,
non mi piace affatto la retorica guerresca con la quale viene descritto il percorso terapeutico di chi ha una malattia neoplastica. “La lotta”, “la battaglia”, “il nemico”, “l'eroismo” e tutto il contorno di catene su FB, “condividi se sei solidale”, “metti un cuoricino”, etc. etc.
Non fa che contribuire all'alone di terrore e alla ghettizzazione di chi ha contratto una malattia e che, mediamente, non vuole essere considerato diverso dagli altri, un eroe, un combattente. Ne incontro centinaia, sono io stesso uno di loro, vi garantisco che non vengono in ospedale con l'elmetto ma con un normale cappello di una persona normale che affronta un serio problema della sua vita.
E che mediamente la maggioranza di loro non desidera essere considerata diversa dalle altre persone. Nemmeno essere accomunata in una comunità di “malati neoplastici”. Ognuno è diverso dagli altri, come nella vita normale, perché è nella vita normale che accadono queste cose.
Ognuno di noi è un mondo, collegato con gli altri non attraverso le proprie malattie ma attraverso la propria coscienza. Se proprio devo scegliere preferisco la leggerezza di quel filmato dell'Istituto nazionale dei tumori di Milano:
o quello dell'istituto dei tumori dell'infanzia di Seattle:
Stefano Canitano Medico radiologo Istituto dei tumori Regina Elena, Roma