Lazio. “La riorganizzazione delle Asl non contempla tagli, ma solo fisiologica razionalizzazione”. Intervista a Vincenzo Panella
Da sei mesi in carica, il Direttore generale Salute e Politiche Sociali della Regione si sofferma sull'atto aziendale della Roma 2: “Siamo impegnati per evitare licenziamenti. Quelli decisi dalla società che gestisce il servizio di pulizia sono stati ritirati grazie al dialogo che come Regione abbiamo messo in campo e che proseguirà anche per gli altri servizi”. E conferma: “In provincia di Roma dal primo luglio 2018 resteranno solo 2 Aziende”.
25 MAG - Il processo di riorganizzazione delle Asl, e in particolare quello relativo alla Roma 2, “non contempla tagli, ma solo una necessaria e fisiologica razionalizzazione”. Per quanto concerne la complessiva politica del personale, “è in corso un radicale cambio di passo, che metterà fine alla piaga del precariato”.
Vincenzo Panella, dallo scorso dicembre Direttore generale Salute e Politiche Sociali, in questa intervista traccia un bilancio dei primi sei mesi del suo operato e rivela pieno ottimismo, anche in relazione ai nodi più spinosi, come quello della mobilità sanitaria. “La cifra di passivo è facilmente recuperabile”.
A che punto siamo con il processo di riorganizzazione delle Asl?
Si procede secondo il percorso tracciato dalla legge 17, approvata dal Consiglio regionale il 31 dicembre 2015, che prevede di arrivare entro il 2018 ad un numero di 8 Asl, rispetto alle 12 attuali. A Roma di fatto il processo è quasi concluso con la nascita delle Asl 1 e 2 che racchiudono quattro aziende e cioè le ex A, E , B e C. In provincia di Roma dal primo luglio 2018 resteranno solo 2 Aziende, mentre nulla cambierà nelle quattro province. Alla fine di questo processo il quadro organizzativo della sanità laziale apparirà profondamente semplificato con meno Asl e meno aziende ospedaliere e dunque con minori risorse destinate alla burocrazia e maggiori ai servizi sanitari per i cittadini.
L’Asl Roma 2 sembra mostrare alcune criticità: tagliate del 5% le unità operative, sia su base territoriale che ospedaliera. E poi il nodo dei contratti con le cooperative: molti lavoratori, circa 300, rischiano di andare a casa. E i servizi di pulizia nelle strutture ospedaliere. Come pensate di intervenire?
Gli uffici della Direzione regionale sanità stanno esaminando proprio in questi giorni gli atti aziendali della Asl Roma 2. Il processo di organizzazione avviato non contempla tagli, ma solo una necessaria e fisiologica razionalizzazione delle strutture di governo esistenti, senza per questo penalizzare il modulo operativo dei due importanti ospedali della nuova Azienda, cioè il S. Eugenio e il Pertini. Si procede con grande equilibrio e ascolto, evitando strappi. Infine dico subito che siamo impegnati per evitare licenziamenti. Quelli decisi dalla società che gestisce il servizio di pulizia sono stati ritirati grazie al dialogo che come Regione abbiamo messo in campo e che proseguirà anche per gli altri servizi. Aggiungo che, in parallelo, stiamo valutando anche l’Atto aziendale della Roma 1.
I sindacati denunciano anche carenze nel personale dell’Ares 118. Qual è la situazione? Anche nella Roma 3 si registrano voci di malcontento, soprattutto in relazione al Grassi di Ostia: mancati rinnovi di forniture essenziali e un’anarchica gestione dei turni di lavoro.
In questa fase l’Ares 118 non ha carenze di personale per via delle assunzioni a tempo determinato autorizzate per il Giubileo. La Regione Lazio ha concesso una deroga per 200 unità di personale così suddivise: 25 medici, 107 infermieri, 68 autisti/barellieri. Ma l’Azienda non avrà problemi nemmeno nel futuro. Sul personale infatti è in atto una vero e radicale cambio di passo rispetto a quanto accaduto negli ultimi 9 anni: nei primi mesi del 2016 abbiamo autorizzato assunzioni a tempo indeterminato di 493 unità, naturalmente anche per la Roma 3 (ex Roma D) che per far fronte alla grave carenza di personale è stata autorizzata ad immettere in ruolo ed a tempo indeterminato 54 unità di personale. Contando quelle autorizzate nei due anni precedenti, si arriva a 800. Ma c’è di più. Proprio in questi giorni sono stati pubblicati i decreti che indicano ai direttori generali il percorso da seguire per avviare la stabilizzazione dei lavoratori precari in sanità. Ora ci sono le condizioni economiche perché si ponga fine a questa piaga che limita la vita di troppi lavoratori.
I dati sulla mobilità sanitaria segnalano il Lazio tra le Regioni più in rosso. Quali le cause strutturali? State preparando interventi per invertire il trend?
Il saldo di mobilita sanitaria del Lazio è di 37 milioni di euro. Una cifra che si può facilmente recuperare aumentando l’efficienza del sistema soprattutto nelle province, cosa che sta avvenendo. In ogni caso il dato va spiegato bene: nella nostra mobilità passiva infatti storicamente sono conteggiate anche le prestazioni erogate dai presidi Bambin Gesù e A. C. I. S. M. O. M. (Sovrano ordine militare di Malta) che, pur trovandosi a Roma, sono considerati a tutti gli effetti enti con una propria autonomia. Questo dato formale comporta che nella matrice dei saldi regionali di mobilità le due strutture siano inserite come fossero altre due Regioni. Le loro prestazioni però, nel nostro caso, solo nominalmente sono fornite fuori regione, perché , come è noto, trovandosi a Roma il grosso viene fruito da cittadini della Capitale e del Lazio. L’ultimo saldo di mobilità attiva è pari a 292 milioni, mentre quella passiva è di 328. La differenza dunque è di 37 milioni.
Gennaro Barbieri
25 maggio 2016
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