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Parlano gli operatori sanitari dell’Ospedale Vannini di Roma, vittime di aggressioni e minacce

Sono preoccupati e spaventati. “Le aggressioni, e non solo verbali, di pazienti e dei loro familiari sono all’ordine del giorno”, raccontano. “Non stupisce che in questa situazione i sanitari vicini alla pensione lascino anticipatamente o scelgano il privato, mentre i giovani medici non scelgono la Medicina d’Urgenza come specializzazione, prova ne sia che ultimamente 4/5 borse universitarie siano andate deserte”.

30 MAG - “Registriamo ogni giorno episodi di aggressività, come se si fosse instaurato nei confronti degli operatori sanitari un vero e proprio clima d’odio, dovuto forse all’insofferenza dei pazienti verso le restrizioni che sono state a lungo subite ma, aggiungo, giustamente imposte”. Lo racconta la dottoressa Cinzia Sighieri, direttore del reparto Medicina d’Urgenza e Pronto Soccorso dell’Ospedale Madre Giuseppina Vannini, preoccupata, come molti professionisti dei reparti di Pronto Soccorso e di Medicina d’Urgenza dei maggiori Ospedali romani. Per i professionisti del Vannini, dunque, “non stupisce che in questa situazione i sanitari vicini alla pensione lascino anticipatamente o scelgano il privato, mentre i giovani medici non scelgono la Medicina d’Urgenza come specializzazione, prova ne sia che ultimamente 4 / 5 borse universitarie siano andate deserte”.

Dopo il convulso periodo attraversato durante il Covid, è esploso il sovraffollamento e si moltiplicano gli episodi di aggressioni e minacce a medici e infermieri che ormai da più di due anni sono in prima linea nell’affrontare l’emergenza. “Pazienti, anche gravi, che avevano evitato i ricoveri durante la pandemia per evitare il contagio, affollano i Pronto Soccorso per affrontare le conseguenze di controlli a lungo rimandati, problematiche cardiache trascurate. E, naturalmente, le procedure Covid tuttora vigenti allungano i tempi d’attesa”, raccontano i professionisti del Vannini. 

“La situazione si è fatta drammatica” spiega la dottoressa Sighieri. “Nella zona dove operiamo, Roma Est, sono disponibili in totale 1300 posti letto per la Medicina d’Urgenza, contro una media di 1800 negli altri quadranti. Eppure si tratta di un territorio molto vasto e estremamente popolato. In questi due anni, in cui l’Ospedale è stato, su richiesta della Regione, trasformato completamente in Ospedale Covid, abbiamo affrontato l’emergenza con turni massacranti, pagando un prezzo altissimo anche emotivamente, perché stare accanto a pazienti trattati con la ventilazione non invasiva, anche giovani e sicuramente condannati, è stata un’esperienza dolorosa e ne soffriamo ancora tutti le conseguenze. Eppure, sembra che tutto sia stato dimenticato”.

Il personale sanitario che opera al Pronto Soccorso è preoccupato e spaventato. Le aggressioni, e non solo verbali, di pazienti e dei loro familiari sono all’ordine del giorno. In alcuni casi si è trattato di episodi molto gravi. Recentemente, riferiscono dal Vannini, “un nipote che reclamava le dimissioni di una donna molto anziana, contro il parere dei medici, ha aggredito due colleghi che hanno riportato contusioni e fratture; in altri casi sono stati segnalati ritardi e inesistenti trascuratezze nel percorso clinico, smentiti poi dai controlli delle Istituzioni”. 

Intanto la Direzione del Vannini ha rafforzato la sorveglianza nelle ore notturne e istituito percorsi separati, ad esempio un “percorso rosa” per le donne e i minori vittime di violenze  domestiche a cui viene garantita assistenza e anonimato.

30 maggio 2022
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