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“Scudo legale per i sanitari è incompleto e insufficiente”. Fnomceo chiede modifiche


La Federazione in audizione al Senato sulla conversione del Decreto legge del 1° aprile. “Chiediamo al Parlamento e al Governo un impegno ad aprire la discussione, all’interno di questo provvedimento, sullo scudo legale per i medici e i professionisti sanitari che hanno operato nelle strutture sanitarie durante i mesi più difficili dell'emergenza Covid”.

20 APR - Rafforzare lo “scudo legale”, che risulta “incompleto e insufficiente” per la tutela dei professionisti sanitari, “che hanno operato in un contesto straordinario”. E chiarire natura, meccanismo, ruoli e responsabilità nell’applicazione del cosiddetto “obbligo vaccinale” per gli operatori.
Sono le due richieste della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, presentate dal suo Presidente, Filippo Anelli, audito questa mattina alle 12 dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato. Argomento: la Conversione in legge del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, recante misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici.
 
“Chiediamo al Parlamento e al Governo un impegno ad aprire la discussione, all’interno di questo provvedimento, sullo scudo legale per i medici e i professionisti sanitari che hanno operato nelle strutture sanitarie durante i mesi più difficili dell'emergenza Covid – ha affermato Anelli -.Vanno messi in sicurezza anche dalle aggressioni penali, civili e amministrative, che certamente aumenteranno, stante il contesto drammatico emergenziale nel quale hanno operato durante il Coronavirus. Ed è inaccettabile mettere coloro che oggi noi riteniamo eroi nelle condizioni di doversi difendere per anni, per avere cercato con ogni mezzo, con generosità, con coraggio, di salvare delle vite umane durante il Coronavirus”. 
 
Il cosiddetto scudo penale introdotto dal provvedimento – ha fatto notare Anelli – riprende infatti l’articolo 590 sexies del Codice penale, introdotto con la Legge Gelli-Bianco, la 24 del 2017. Tale articolo esclude, per i sanitari, la punibilità per lesioni colpose e omicidio colposo cagionati da imperizia, quando siano state rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida, ovvero, in mancanza di queste, dalle buone pratiche. Raccomandazioni e buone pratiche che, di fronte a un virus sconosciuto, non potevano, almeno all’inizio, esistere. E che sono sostituite dalle prescrizioni normative per la campagna vaccinale, dalle indicazioni allegate ai vaccini approvati e dalle circolari ministeriali.
 
“La condizione di non punibilità non troverà spazio qualora sia provato il mancato rispetto delle predette coordinate e per i casi già verificatisi prima dell'entrata in vigore dell'art. 3 del decreto-legge n. 44/2021, per i quali ai fini dell'esclusione dei reati di specie occorrerà ricorrere ai principi generali vigenti nel nostro ordinamento penale – ha spiegato Anelli -. Restano quindi irrisolte tutte le questioni relative alla responsabilità civile per le eventuali lesioni o i decessi cagionati dai vaccini, per i quali troverà applicazione l'attuale paradigma delineato dalla legge 24 del 2017 col supporto del diritto pretorio che gradualmente ne dettaglierà i contorni tenendo conto della novità della materia e dei presidi sanitari oltre che delle condizioni assolutamente eccezionali in cui si iscrivono”.
Lo scudo si limita, quindi, a proteggere il personale medico dalla responsabilità penale derivante dalla vaccinazione anti SARS-Cov-2, ma non da quella civile. E, ad esclusione di quest’ambito, non tutela i medici neppure sotto il punto di vista penale.
 
“Non possiamo non esprimere la delusione da parte della categoria professionale medica per tale formulazione del disposto di cui all’art. 3, che risulta  incompleta e insufficiente per la tutela penale per i professionisti, che hanno operato in un contesto straordinario - ha continuato Anelli - Le disposizioni a tutela dell’operato dei professionisti durante il Covid non recepiscono appieno le richieste avanzate dal mondo medico, limitandosi a esimere i vaccinatori dalla punibilità per omicidio colposo e lesioni colpose a seguito della somministrazione del vaccino”.
 
“Questa Federazione ha chiesto a più riprese di tenere in debito conto le difficoltà che i professionisti sanitari hanno dovuto affrontare e stanno affrontando nella lotta contro il Covid – ha ricordato -. Professionisti che si sono trovati a combattere una malattia sconosciuta, per la quale le evidenze scientifiche sono in continuo divenire e derivano per la gran parte da studi osservazionali. Molte sono ancora le aree di incertezza su interventi e terapie, e maggiori erano un anno fa, quando tutto è iniziato”.
 
“Per questo, avevamo auspicato che a condizioni straordinarie corrispondessero interventi straordinari, che sollevassero il medico da atti professionali compiuti, lo ricordiamo, in un contesto emergenziale, da medicina delle catastrofi, e con il solo obiettivo di salvare vite- ha concluso -. Invece il provvedimento concerne esclusivamente la fase di vaccinazione. Argomento che, se ha fatto molta presa sui media, non preoccupava più di tanto i medici, abituati ad assumersi responsabilità in tutte le campagne vaccinali. Oltretutto, permangono forti dubbi che la punibilità possa essere esclusa laddove non vi siano atti medici propedeutici alla somministrazione del vaccino”.
 
Anche per quanto riguarda il cosiddetto “obbligo vaccinale” per gli operatori sanitari, Anelli ha parlato di norme “poco incisive”, che si limitano alla sospensione, “tramite un iter piuttosto farraginoso, dal diritto di svolgere prestazioni che comportano un contatto interpersonale”.
“Concordiamo con il Governo circa l’obbligatorietà della vaccinazione gratuita per i professionisti sanitari, obbligo che riguarda in maniera del tutto marginale i medici, ormai tutti vaccinati, salvo eccezioni rarissime – ha dichiarato -. Sarebbe utile una norma di legge più generale e strutturata, che consentisse la protezione del personale sanitario e dei pazienti”.
 
In particolare, secondo Anelli, va chiarita la natura della sospensione, che non si configura come una sanzione disciplinare in senso tecnico, né da parte delle aziende né da parte degli Ordini. Va inoltre restituito un ruolo al medico competente, che ora sembra del tutto bypassato dalla norma.
“Bisogna esplicitare la natura giuridica della sospensione del diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implichino contatti interpersonali o che comportino, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da COVID-19 – ha spiegato -. La norma, così come strutturata, presenta elementi di criticità nella sua applicazione. In primis, perché sembra collegarsi a meri aspetti di natura contrattuale, attribuendo un ruolo residuale agli Ordini professionali – Enti sussidiari dello Stato – che sono invece i soggetti tenutari per legge degli albi. In secundis, perché crea un discrimen tra medici dipendenti da una parte e i liberi professionisti dall’altra.  A parere di questa Federazione dovrebbe dunque essere introdotta una vera e propria sospensione dall’albo professionale che debba essere correlativamente comminata dall’Ordine professionale ope legis e quindi in via automatica”.

20 aprile 2021
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