I primi 20 anni della legge 251/00
di Saverio Proia
L’attuale fase di auspicabile ripensamento su come ricostruire il Ssn dovrebbe avere un disegno strategico più complessivo di costruzione del modello di governance in sanità con l’obiettivo di valorizzare le professioni sanitarie e sociosanitarie attraverso l’ applicazione estensiva, del complesso delle norme che le regolano, adeguandole in forma più evoluta sia per queste professioni sanitarie, ma anche per le altre professioni sanitarie - comprese quelle mediche - e sviluppando la potenzialità di quelle sociosanitarie
17 LUG - Vent’anni fa, con voto unanime dal Parlamento Italiano, veniva approvata la legge 251/00 “Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione di ostetrica”: nel quadro del complesso processo legislativo di riforma di queste, questa costituì’ la terza fase dopo il dlgs502/92 che portò la formazione all’università e varò i nuovi profili professionali e dopo la legge 42/99 che nell’abolire i mansionari e il concetto di ausiliarietà, dando valore di legge ai contenuti dei decreti sui profili professionali rese le competenze dinamiche in relazione ai contenuti formativi e dei codici deontologici.
Furono anni per le professioni sanitarie interessate nei quali una stupenda stagione di riforme cambiò, evolvendola, tutta la normativa formativa ed ordinamentale con immediate ricadute contrattuali in breve tempo rese esigibili: dall’inquadramento dal sesto livello, quello dei diplomati per capire, ora categoria C, si passò, in blocco, tutti in categoria D, cioè il settimo livello quello del personale laureato.
Molti la ricordano come la legge della dirigenza, ma questo fu uno degli aspetti e delle conseguenze rilevanti ma non l’esclusivo; innanzitutto per la prima volta, dopo tre legislature e dopo dieci anni da quando il Parlamento iniziò a esaminare i primi testi di legge sulla materia, il processo di riforma di queste professioni sanitarie entrava realmente vicino alla sua conclusione, o quantomeno alla sua definizione quasi complessiva (mancava la parte ordinistica che arrivò 18 anni dopo), grazie e per effetto della legge 251/00, in un quadro completamente mutato: infatti contrariamente al passato era avvenuto non più in contrasto o in contrapposizione tra professioni e in particolare con quelle mediche, ma in un clima di generale consenso, pur tenendo conto che le innovazioni introdotte non sono di poco conto.
Questo stupendo clima politico unitario e riformistico permise il varo di questa legge, che al contrario della legge 42/99 non fu d’iniziativa governativa, bensì d’iniziativa parlamentare, quasi tutti i parlamentari presentatori erano, tra l’altro anche medici, unificando in un unico testo proposte di legge in materia di quasi tutti i partiti di maggioranza e di opposizione riuscendo, così, ad essere varata all’unanimità e divenendo, a mio giudizio, la vera legge quadro del settore; forse è opportuno ricordare
L’art. 1 di tale legge sancisce che:
“1. Gli operatori delle professioni sanitarie dell'area delle scienze infermieristiche e della professione sanitaria ostetrica svolgono con autonomia professionale attività dirette alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva, espletando le funzioni individuate dalle norme istitutive dei relativi profili professionali nonché dagli specifici codici deontologici ed utilizzando metodologie di pianificazione per obiettivi dell'assistenza.
2. Lo Stato e le regioni promuovono, nell'esercizio delle proprie funzioni legislative, di indirizzo, di programmazione ed amministrative, la valorizzazione e la responsabilizzazione delle funzioni e del ruolo delle professioni infermieristico - ostetriche al fine di contribuire alla realizzazione del diritto alla salute, al processo di aziendalizzazione nel Servizio sanitario nazionale, all'integrazione dell'organizzazione del lavoro della sanità in Italia con quelle degli altri Stati dell'Unione europea.
3. Il Ministero della sanità, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, emana linee guida per:
a) l'attribuzione in tutte le aziende sanitarie della diretta responsabilità e gestione delle attività di assistenza infermieristica e delle connesse funzioni;
b) la revisione dell'organizzazione del lavoro, incentivando modelli di assistenza personalizzata”
Per effetto di questo quadro normativo è dato osservare che ciascuna delle 22 professioni sanitarie:
• è una professione autonoma (art. 1 l. n. 42/1999 e art. 1, comma 1, l. 251/2000), essendo stata abrogata la definizione di “professione sanitaria ausiliaria” ex art. 1, comma 1;
• l’oggetto della professione è costituito dalle “attività dirette alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva” (art. 1, comma 1, l. n. 251/2000);
• le funzioni proprie della professione sono definite “dalle norme istitutive dei relativi profili professionali nonché dagli specifici codici deontologici ed utilizzando metodologie di pianificazione per obiettivi dell’assistenza” (art. 1, comma 1, l. 251/2000);
• ulteriori funzioni possono essere stabilite dallo Stato e dalle Regioni “nell'esercizio delle proprie funzioni legislative, di indirizzo, di programmazione ed amministrative”.
Questo concetto è esaltato e rafforzato dalla portata della previsione dell’art. 1, comma 2, l. n. 251/2000 là dove attribuisce espressamente allo Stato e alle Regioni il compito di promuovere, nell'esercizio delle proprie funzioni legislative, di indirizzo, di programmazione ed amministrative, “la valorizzazione e la responsabilizzazione delle funzioni e del ruolo delle professioni infermieristico - ostetriche al fine di contribuire alla realizzazione del diritto alla salute, al processo di aziendalizzazione nel Servizio sanitario nazionale, all'integrazione dell'organizzazione del lavoro della sanità in Italia con quelle degli altri Stati dell'Unione europea”.
Quanto sopra evidenzia che la valorizzazione e responsabilizzazione delle funzioni e del ruolo della professione infermieristica e delle altre professioni sanitarie ad opera dell’attività, legislativa ed amministrativa, dello Stato e delle Regioni deve essere realizzata alla luce e nel rispetto:
• della competenza propria della professione, che si identifica con le “attività dirette alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva” (art. 1, comma 1, l. n. 251/2000);
• dell’evoluzione dei percorsi formativi definiti dalle istituzioni universitarie e formative per la professione dell’infermiere, come di ognuna delle altre professioni sanitarie;
• le professioni sanitarie pertanto non sono più configurate quali “ancillari” alla professione medica ed hanno visto riconosciuta la propria autonomia professionale, come una “normale” professione intellettuale.
La legge 251, inoltre, dando vita alla laurea (allora c’era il diploma universitario abilitante la professione) ora definita magistrale o specialistica, dette indicazioni per l’attivazione del servizio infermieristico, del servizio sociale professionale e delle altre professioni sanitarie e dell’istituzione di un nuovo dirigente sanitario proveniente da queste professioni; con questa legge si cambia l’organizzazione delle Aziende sanitarie: i servizi di queste professioni e in molte realtà aggregati in specifici Dipartimenti sono una realtà diffusa, centrale e strategica nella Aziende Sanitarie.
Oggi saranno forse 700 di questi nuovi dirigenti sanitari e dirigenti assistenti sociali, frutto degli articoli 6 e 7 della legge 251/00 inseriti nello stesso contratto dei dirigenti medici, veterinari e della altre professioni sanitarie, forse in numero non ancora adeguato alle esigenze delle aziende sanitarie e degli altri dirigenti, ma sono una realtà in crescita e con compiti e responsabilità crescenti.
Si è trattato, quindi, di una legge quadro che ha permesso il consolidamento anzi una forte accelerazione dell’evoluzione di queste professioni sanitarie e della professione di assistente sociale, compresa nell’articolo 7 successivamente di questo provvedimento, del loro protagonismo strategico per ruolo e per funzione quali soggetti altrettanto fondamentali in una avanzata visione di un organizzazione che attui il diritto alla salute, costituzionalmente garantito, attraverso il comune concorso della pluralità delle professioni e dei profili professionali.
Anche, ma forse soprattutto, per questa legge l’attenzione verso la valorizzazione delle professioni sanitarie e sociali è divenuta e in questo periodo lo è maggiormente, una scelta strategica fondamentale e centrale per il rilancio se non la ricostruzione di un SSN secondo i principi fondamentali, troppo disattesi, contenuti nella legge 833/78 di riforma sanitaria completamento del processo di aziendalizzazione nella sanità evolvendo l’organizzazione del lavoro in sanità in una modalità nuova e discontinua più adeguata all’evoluzione scientifica e tecnologica riuscendo a coniugare le attese, i diritti e le prospettive sia dei cittadini che degli operatori.
A distanza di vent’anni dall’approvazione della legge 10 agosto 2000, n.251 la stessa è attuata in tutte le Regioni, in molte integralmente, in alcune manca ancora l’attuazione del servizio sociale professionale, in altre le professioni sanitarie delle aree tecniche, della riabilitazione e della prevenzione non hanno ancora dirigenti espressioni della propria area, sinora garantita all’area delle professioni infermieristiche ed ostetrica, nonostante la ormai chiara definizione del quadro normativo e contrattuale di riferimento sia nazionale che regionale; purtroppo nonostante i sforzi anche personali quando ero al Ministero della Salute, l’obiettivo di dare una modalità uniforme di attuazione della legge 251/00 su tutto il territorio nazionale elaborata dall’allora Comitato Ministeriale delle Scienze Infermieristiche ed ostetriche che coordinavo, fu trasmesso dall’allora Ministro
Livia Turco alla Conferenza Stato-Regioni per divenire linee guida condivise, purtroppo il
Governo Prodi 2 cadde, per mano del consueto fuoco amico; purtroppo i Governi successivi non ripresero il documento che, però, nei contenuti vive in molte delle normative regionali attuative della legge 251/00. .
L’individuazione di servizi autonomi con responsabilità dirigenziale per tutte le aree delle professioni sanitarie e sociali del comparto costituisce il necessario presupposto per il raggiungimento dei livelli di autonomia e di qualificazione degli operatori conseguenti alla progressione conseguente alla riforma sia del loro percorso formativo mediante l’istituzione delle lauree abilitanti la professione, delle lauree magistrali, dei master specialistici e di quelli in management che dell’esercizio professionale di cui alle leggi 42/99 e 251/00, nonché della legge istitutiva della professione di assistente sociale.
L’attuale fase di auspicabile ripensamento su come ricostruire un SSN regolato dal missione di soddisfare prioritariamente il diritto alla salute e non i tagli dannosi quanto antieconomici nel medio periodo, ai bilanci delle aziende sanitarie, dovrebbe avere un disegno strategico più complessivo di costruzione di un processo partecipato e condiviso di costruzione del modello di governance in sanità e dei provvedimenti di ammodernamento del S.S.N., con l’obiettivo di valorizzare le professioni sanitarie e sociosanitarie attraverso l’ applicazione estensiva, del complesso delle norme che le regolano, adeguandole in forma più evoluta sia per queste professioni sanitarie, ma anche per le altre professioni sanitarie, comprese quelle mediche, e sviluppando la potenzialità, ancora carsica, di quelle sociosanitarie
Si potrebbe, così avviare ad una più radicale ed avanzata innovazione nell’organizzazione del lavoro che parte dalla riscoperta centralità dell’intervento nel territorio e di questo complesso di norme da adeguare e/0 attuare nella forma più estensiva e progressiva possibile la legge 251/00 è quanto mai attuale e tutta ancora da valorizzare e attuare la sua portata riformatrice..
Saverio Proia
17 luglio 2020
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