Tutela delle fragilità e certificazioni medici di famiglia. Fimmg: “Si faccia chiarezza, serve una linea omogenea a livello nazionale”
Il sindacato dei medici di famiglia evidenzia come "oggi ci troviamo con un disposto normativo che ha chiarito chi debba fare cosa rispetto a queste certificazioni, ma dobbiamo prendere atto che non vi è stata al momento una proroga al limite fissato per il 30 aprile. Ricordiamo che un DPCM non può variare una legge, ci troviamo quindi in un limbo in cui questa prerogativa dei medici di medicina generale non è attivabile e nessun medico può certificare questa condizione, né tantomeno l'Inps può riconoscere questa prestazione a tutela del paziente fragile".
08 MAG - “La tutela delle fragilità è un tema che FIMMG ha sposato sin dall’inizio della pandemia, collaborando fattivamente con il Governo perché fossero chiariti gli attori, i limiti certificativi e le conseguenti responsabilità per le misure a garanzia dei lavoratori più esposti al rischio di contagio, così che si superassero le incongrue interpretazioni della prima stesura del provvedimento che chiaramente escludeva i medici di famiglia dalla procedura realizzabile da autorità sanitarie e previa certificazione di organi medico legali”. Queste le parole di
Silvestro Scotti, segretario nazionale generale FIMMG in merito alla questione sollevata da diverse associazioni per la tutela delle categorie più esposte ai rischi del contagio.
“La FIMMG, comprendendo le sollecitazioni di Associazioni di pazienti fragili, e in particolare di CittadinanzAttiva, si è fatta parte attiva affinché nei disposti normativi fosse chiarito il ruolo della medicina di famiglia, seppur nei limiti di quanto previsto dalla norma - aggiunge Scotti -. Oggi ci troviamo con un disposto normativo che ha chiarito chi debba fare cosa rispetto a queste certificazioni, ma dobbiamo prendere atto che non vi è stata al momento una proroga al limite fissato per il 30 aprile. Ricordiamo che un DPCM non può variare una legge, ci troviamo quindi in un limbo in cui questa prerogativa dei medici di medicina generale non è attivabile e nessun medico può certificare questa condizione, né tantomeno l'Inps può riconoscere questa prestazione a tutela del paziente fragile. Queste sono le ragioni che ci portano a sposare le preoccupazioni delle associazioni che oggi chiedono un’immediata proroga di queste tutele da considerare secondo i principi di legge con un’attivazione già nel prossimo decreto legge che sarà approvato”.
“Occorre però chiarire - ribadisce Scotti – che, sino a quando il Governo non farà chiarezza su questi aspetti, la medicina generale non potrà andare oltre quanto previsto dall’ultimo decreto legge in termini di temporalità e applicabilità della norma”.
Nonostante questo, FIMMG ha già incontrato
Raffaele Migliorini, dirigente medico legale presso il coordinamento generale Inps, per fare in modo che nel caso di un cambiamento dello status quo, questa volta ab initio siano già ben chiari i ruoli, le possibilità e i limiti dell’intervento dei medici di medicina generale.
“Tutti i medici della medicina generale - conclude il segretario generale FIMMG - sono pronti come sempre a fare la propria parte come soggetti a pieno titolo parte del Servizio Sanitario Nazionale. Corre l’obbligo di ricordare a qualche minus rappresentativo nell’area convenzionata, oltretutto nemmeno così rappresentativo della dirigenza medica come la CGIL, che non sono i modelli contrattuali di appartenenza che definiscono chi è parte e chi no del Servizio Sanitario Nazionale; ma piuttosto le Leggi dello Stato, tra cui quelle stesse istitutive del Servizio Sanitario Nazionale, e gli atti conseguenti che istituiscono le convenzioni e che in fondo, concetto difficile da capire da parte di chi ha una così scarsa competenza dell’area medica anche della dipendenza del Servizio sanitario nazionale, che la dipendenza per un medico dovrebbe essere una dipendenza economica non certo gerarchica. È e sarà così fintanto che i medici rimangono dei professionisti intellettuali, concetto che rappresenta il massimo di garanzia per i cittadini e non certo per chi al massimo considera l’Azienda sanitaria con i profili di un sistema industriale di vecchia maniera gerarchizzata che nemmeno quelle stesso sistema industriale oggi considera più validabile nel rapporto tra datore di lavoro e personale”.
08 maggio 2020
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