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Industria e farmacie: querelle sugli “sconti”


Il presidente della Farmindustria Sergio Dompé mette sotto accusa le farmacie: non solo non contribuirebbero alla manovra economica ma, addirittura ne trarrebbero guadagno. Puntuale la smentita della Federfarma: l’accusa “non è fondata”. La partecipazione alla manovra è solo alleggerita. E in ogni caso non ci sono ulteriori guadagni per il settore.

05 LUG - Di equità e di rigore si torna a parlare a proposito della manovra economica. Ma questa volta la questione viene affrontata sotto due differenti e ben distinti punti di vista proprio dalle parti che le norme sulla spesa farmaceutica ha chiamato in causa: industriali e farmacisti.
A dare il via alla querelle sono state le dichiarazioni di Sergio Dompé in un intervento pubblicato su Il Sole 24 Ore di domenica 4 luglio. In due colonne il presidente dell’Associazione degli industriali ha sottolineato come in un momento nel quale rigore e sacrifici vengono chiesti a un comparto che già ha molto dato nel corso degli anni, ci sia chi riesca a evitarli. E lo faccia “addirittura per legge”.

Si tratta delle farmacie che, grazie ad alcuni emendamenti, vedono salire il loro margine di guadagno sul prezzo del farmaco dal 26,70% al 30,35%. Un aumento che, rileva Dompé “verrebbe incredibilmente caricato, in gran parte, sull’industria farmaceutica”. Il meccanismo, stando all’analisi del presidente della Farmindustria, sta tutto nello “sconto” che le farmacie ottenevano dal settore della distribuzione intermedia (cui competeva prima della manovra un margine del 6,65% sul prezzo del farmaco) quasi sempre vicino a quel fatidico 3,65%.
Uno sconto che, alla fine, portava il margine della farmacie al 30,35%. Le norme originarie della manovra economica prevedevano ugualmente una crescita del margine delle farmacie (che, appunto, raggiungeva il 30,35%) ma permettevano al Ssn un recupero del 3,65, pari allo sconto operato dalla distribuzione.
In questo modo, si legge nell’intervento di Sergio Dompé, lo Stato sanava una situazione in contrasto con la legge e, al tempo stesso, apriva alle farmacie la possibilità di avere “un ruolo attivo e rilevante come presidio per la medicina sul territorio con nuovi servizi remunerati”.

Un’eventuale approvazione degli emendamenti – il riferimento è alle proposte del senatore Antonio Azzollini, tra l’altro relatore del ddl di conversione in legge della manovra (leggi qui l'articolo) – sarebbe, per Dompé “doppiamente iniqua”. Il margine dell’industria è infatti il più basso in Europa e in questo modo verrebbe ulteriormente compresso da “meccanismi tutti interni alla distribuzione”. E la stessa industria già “contribuisce significativamente” alla manovra attraverso i 600 milioni di risparmio derivanti dai tagli ai farmaci generici e con gli oneri connessi allo spostamento di altri 600 milioni di euro di farmaci, dall’ospedale al territorio.

La risposta dei farmacisti giunge attraverso una nota della Federfarma, nella quale vengono contestate le affermazioni di Dompé. Che la farmacia non contribuisca al contenimento della spesa farmaceutica ma “potrebbe addirittura guadagnare di più”, ha dichiarato Annarosa Racca, presidente del sindacato dei titolari di farmacia, “è un’affermazione non fondata”.
“Le farmacie” si legge nel comunicato “non hanno chiesto al Governo e al Parlamento di essere esonerate dai sacrifici, né tanto meno di guadagnare di più; hanno chiesto di pagare un importo sostenibile, proporzionato alle loro possibilità economiche, e hanno chiesto di ripartire equamente l’intero sacrificio richiesto sull’intera filiera, di cui fanno parte anche industrie e grossisti”. Oggi, invece, le misure ancora previste dalla manovra, gravano quasi per intero proprio sulle farmacie “chiamate a pagare, di tasca propria, oltre 400 dei 600 milioni di euro richiesti al settore, oltre a quota parte degli altri risparmi posti a carico dell’intera filiera”.
L’emendamento che dovrebbe essere presentato oggi dal relatore e presidente dalla V Commissione del Senato, Antonio Azzollini, pone a carico del’industria, per soli 6 mesi, una parte dell’onere (circa 130 milioni di euro). Non va inoltre dimenticato – prosegue la nota della Federfarma – che, “come richiesto a gran voce da Farmindustria e preannunciato dal ministro della salute Ferruccio Fazio” le gare, previste dal 2011, per ridurre i prezzi dei medicinali a brevetto scaduto saranno cancellate.
 
Dal 2011, quindi, stando a quanto previsto dall’emendamento Azzollini, l’industria non dovrà sostenere altri oneri. La farmacia, dal canto suo, “continuerà a contribuire al contenimento della spesa attraverso un nuovo sistema di remunerazione per i farmaci erogati a carico del Ssn” che peraltro, come sottolinnea Federfarma, non sarà più interamente agganciato al prezzo del farmaco ma dovrà garantire “una riduzione della spesa per il Ssn”.
 
Un’ultima osservazione i titolari di farmacia la riservano anche alla questione del trasferimento dall’ospedale al territorio di parte dei farmaci dell’assistenza farmaceutica ospedaliera. “In questo caso un eventuale sforamento della quota di 600 milioni, non sarà più ripianato dalle Regioni ma dalla filiera del farmaco, industria, grossisti, farmacie, come previsto dalla legge. Ciò comporterà un alleggerimento degli oneri per le Regioni, trasferendone il carico proporzionalmente sull’intera filiera”.
 
Il trasferimento prevede comunque che questi farmaci siano acquistati dalle ASL e poi affidati alle farmacie che li distribuiranno ai pazienti con un compenso fortemente ridotto: “nessun guadagno, quindi, per le farmacie, ma solo un’ulteriore forma di collaborazione al contenimento della spesa grazie al monitoraggio che le farmacie da sempre assicurano sui farmaci erogati a carico del Ssn”.
 

05 luglio 2010
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