Le competenze avanzate tra troppi Don Abbondio e Ponzio Pilati
di Saverio Proia
Per fortuna con il rinnovo del Contratto della Sanità si è riusciti dall’Atto di indirizzo alla stesura dell’accordo, ad avviare l’attuazione del processo di affidamento delle competenze avanzate e specialistiche delle professioni sanitarie che grazie all’avvenuta legittimazione pattizia nelle modalità negoziali di attribuzione normativa ed economica nonché con i recenti graditi ed attesi “regali di natale” di cui ho già scritto negli ultimi articoli
07 GEN - Ho letto con attenzione i due recenti articoli su
QS di
Antonio Panti e di
Luca Benci, apprezzandoli e condividendoli completamente il primo ed in larga parte il secondo, articoli che da angolazioni diverse affrontano la questione delle competenze avanzate delle professioni sanitarie e dei rapporti tra le professioni; innanzitutto mi ha fatto estremamente piacere che Panti sulla questione del fatidico 283 bis mi abbia dato ragione, detto da lui è come aver conseguito una laurea honoris causa …
Ho apprezzato e condiviso la ricostruzione che ha fatto su come si sia sviluppata per prima in Regione Toscana la questione della implementazione delle competenze degli infermieri e delle altre professioni sanitarie. Dal suo racconto emerge che la iniziale richiesta è venuta proprio dall’interno della professione medica come bisogno per meglio rispondere alle domande di prestazioni sanitarie ad iniziare dall’emergenza con l’introduzione del See and treat e della Ambulanza India, cioè infermieristica ed il metodo di lavoro adottato che è stato quello di trovare l’intesa condivisa tra le professioni interessate.
Era questo alla base del mai attivato comma 566 cioè la concertazione tra professione medica e professione infermieristica, come con le altre professioni sanitarie per individuare quali ulteriori competenze avanzate o specialistiche si potessero attribuire concordandole e concordando formazione e protocolli necessari.
Purtroppo l’assenza di governanti e politici con levatura da statista, cioè che pensa agli effetti futuri e non all’immediato riscontro elettorale, come furono Maria Pia Garavaglia, Rosy Bindi, Monica Bettoni, Grazia Labate ed Ernesto Veronesi quando si varò rispettivamente i nuovi profili professionali ex art.6 del dlgs 502/92, la legge 42/99 e la legge 251/00, a seguito dei quali si levò analoga protesta dai soliti noti, impedì sia di attuarlo integralmente che di modificarlo…a loro confronto Don Abbondio era un eroico ed impavido guerriero celtico e Ponzio Pilato un inguaribile decisionista …
Così con altrettanta assenza di coraggio da statista non fu dato seguito all’Accordo Stato-Regioni sulla Cabina di Regia tra Ministero della Salute, regioni e rappresentanze sindacali del personale del SSN.
Due provvedimenti che dopo anni di demolizione del valore delle relazioni sindacali, rimettevano nelle leggi e nelle normative la concertazione dell’organizzazione del lavoro e la partecipazione alla programmazione del sindacato, conquiste progressiste che ogni sindacato che è tale avrebbe dovuto non solo valorizzare ma richiederne l’immediata attuazione estensiva…. Giustamente Benci ricordava che “
Quindi metodo concertativo come novità – puntualmente notata dal direttore di questo giornale che parlava di “novità sfuggita ai più”…ma come non ci sono più lemezze stagioni…non ci sono più sindacalisti come Lama, Carniti, Trentin…
Per fortuna con il rinnovo del Contratto della Sanità si è riusciti dall’Atto di indirizzo alla stesura dell’accordo, ad avviare l’attuazione del processo di affidamento delle competenze avanzate e specialistiche delle professioni sanitarie che grazie all’avvenuta legittimazione pattizia nelle modalità negoziali di attribuzione normativa ed economica nonché con i recenti graditi ed attesi “regali di natale” di cui ho già scritto negli ultimi articoli sia dei protocolli tra Regioni e FNOPI che l’individuazione dei master specialistici ex art.6 della legge 43/06 il processo avviato si sta sempre più concretizzando positivamente.
Per arrivare a questo risultato cioè la costruzione di una carriera anche professionale e non solo organizzativa per le professioni del comparto sanità, come già è per la dirigenza dello stesso comparto, ci sono voluti quasi quarant’anni, più del tempo che è stato necessario per aver loro rotto le catene dell’ausiliarietà, di aver portato la loro formazione all’università, di aver creato loro profili dirigenziali che dirigono dipartimenti i cui addetti sono di norma la parte prevalente della forza lavoro aziendale, ci sarà stato un motivo per giustificare questa assurdità.
È evidente, perciò, che riconoscere che l’infermiere e le altre professioni sanitarie possono, per fornire prestazioni sempre più adeguate, implementare e specializzare le loro competenze, certificherebbe che sono professioni complesse che posso diversificarsi al loro interno in più indirizzi formativi ed operativi e quindi si archivierebbe la favola nefasta del professionista “unico e polivalente” che può essere collocato indistintamente in qualsiasi articolazione aziendale.
Purtroppo e me ne dispiace, non posso condividere la riflessione di Benci sulle competenze avanzate e specialistiche nel contratto sanità quando sostiene che: “
Il nuovo contratto di lavoro del comparto sanità utilizza, invece, apertamente gli incarichi professionali, per formalizzare (più che introdurre), sia le competenze avanzate (esperte) che specialistiche”.
Affermazione in parte esatta, cioè si è partiti proprio dalla constatazione che in alcune Regioni le competenze avanzate sono una realtà consolidata e quindi debbono essere formalizzate contrattualmente per essere non solo apprezzate laddove già istituite ma anche per essere introdotte in tutte le Regioni…un cavallo di Proia, pardon
, di Troia per superare il noto immobilismo ministeriale sulla questione passando all’attuazione per via contrattuale, che è la via naturale perché si tratta di evoluzione dinamica dell’organizzazione del lavoro sanitario.
Ma poi Benci continua scrivendo
“utilizzando però una generica e scivolosa formula definitoria (in parte anche errata), soprattutto nella parte in cui precisa che gli incarichi professionali comportano l’attribuzione di compiti “aggiuntivi e/o maggiormente complessi e richiedono significative, elevate ed innovative competenze professionali rispetto a quelle del profilo posseduto.
Questa formulazione infelice e, ripeto parzialmente errata, non aiuterà certo nella sua applicazione rinfocolando polemiche mai sopite.”
Dissento totalmente, la definizione è invece perfetta, onnicomprensiva, solida e legittima, condivisa dai soggetti in causa: è ovvio che l’implementazione delle competenze o la specializzazione non possa che prevedere l’attribuzione di ulteriori compiti in più oppure maggiormente complessi che richiedono significative, elevate ed innovative competenze professionali rispetto a quelle del profilo posseduto, perché se non così come? Di quali polemiche mai sopite la sua applicazione sarebbe foriera? Quella con le rappresentanze mediche non me ho notizia, se ne ha nostalgia per permettere a qualcuno di pontificarci sopra e di rispondere, poi, per alimentare di nuovo libelli mediatici?
Invece la formula contrattuale usata contiene e sostanzia la logica della legge 42/99 che prevede che le competenze di queste professioni siano l’armonico e dinamico combinato disposto dei contenuti del profilo, del codice deontologico e della formazione, appunto la dinamicità è data non solo dal mutamento del codice deontologico ma dalla formazione che permette di acquisire nuove conoscenze e quindi nuove capacità operative e concettuali che implementano quelle del decreto istitutivo del profilo.
Continua sostenendo che “
E’ concettualmente – giuridicamente - errato infatti parlare di compiti aggiuntivi rispetto a quelli del profilo posseduto.
Sarebbe come affermare che le competenze di un medico specialista siano superiori a quelle mediche, essendone invece una naturale filiazione all’interno dell’alveo della stessa professione medica al più medico-specialistiche, ma sempre mediche. Delineate in questo modo le competenze avanzate e specialistiche si mostrano una sorta di alterità rispetto alla professione esercitante, quando invece devono essere concepite come naturali estensioni interne date dallo sviluppo professionale e formativo.”
Paragoni e ragionamenti che non sostanziano la sua critica, è ovvio che teoricamente un abilitato alla professione di medico-chirurgo potenzialmente possa operare un espianto o un trapianto di cuore, ma ci vuole un lungo periodo di specializzazione e di pratica post specializzazione perché questo medico possa acquisire ulteriori competenze maggiormente complesse e specialistiche diverse dalla quelle acquisite dopo la sua laurea e la sua abilitazione professionale, mi pare ovvio e comprensibile ai più, così come un infermiere specialista o esperto non sia un’altra professione ma l’evoluzione della stessa,.
Continua con
“La non eccelsa qualità normativa del disposto contrattuale rende difficile l’applicazione e il dibattito sui contenuti. All’interno del contratto la previsione della “Commissione paritetica” che dovrebbe lavorare alla revisione del sistema appare prima facieinteressante, ma decisamente disarmante quando stabilisce, nella propria agenda, la riconfigurazione delle professioni sanitarie come “aggregazione di profili aventi un carattere prestazionale”. Chi ha formulato l’articolo - o parte di esso – dimostra la non conoscenza del mondo professionale, del suo dibattito e delle sue dinamiche: in altre parole non conosce l’argomento”
A parte che è facile fare lo spettatore esterno che critica il lavoro altrui di chi invece ha dovuto faticosamente operare per fare sintesi mediata che, invece a me sembra nelle parte degli incarichi snella ed immediatamente applicabile, è evidente che chi critica ignora che la prevista riconfigurazione delle professioni sanitarie nella nuova aggregazione di profili aventi carattere prestazionale sia nell’area sanitaria, quindi un semplice mutamento nominalistico da ruolo ad area.
Invece l’aggregazione prestazionale o funzionale che dir si voglia è finalizzata a risolvere il contrasto giuridico tra l’art.1 del DPR 761/79, l’unico articolo ancora non disapplicato che prevede che assistenti sociali ed operatori sociosanitari siano inquadrati nel ruolo tecnico mentre la legge 3/18 li inserisce nell’area delle professioni sociosanitarie, chi critica questo articolo contrattuale dimostra di non conoscere il pluralismo del mondo professionale e visto che ho contribuito alla sua stesura, dire che non conosco l’argomento mi pare un pochino azzardato…
Sarebbe stata, invece, opportuna una critica al fatto che si è rinviato alla Commissione Paritetica, tra l’altro ancora non convocata, di questioni quale il superamento della desueta articolazione in ruoli del DPR 761/79 con l’istituzione delle aree funzionali sanitaria, sociosanitaria ed amministrazione dei fattori produttivi per la cui attuazione nel contratto l’Atto di indirizzo del Comitato di Settore Regioni Sanità aveva dato chiare direttive.
Saverio Proia
07 gennaio 2019
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