Dirigenza Ssn e nuove regole d’accesso. Sinafo: “Un pasticcio da scongiurare”
di R. Di Turi e G. Console (Fassid Area Sinafo)
Lo stravolgimento, pur parziale, delle regole d’accesso determinerebbe non solo gravi ripercussioni sulla vita lavorativa e professionale di tanti giovani colleghi ma, anche e soprattutto, non garantirebbe l’ingresso, nelle strutture ospedaliere e territoriali, di professionisti adeguatamente formati
19 SET - In seguito all’incontro che si è tenuto il 7 settembre scorso tra rappresentanti della nostra Federazione e alcuni esponenti del Ministero della Salute, durante il quale abbiamo avuto modo di apprezzare le aperture del Ministero sulle tematiche rappresentate nel documento ad hoc predisposto da Fassid, riteniamo utile puntualizzare, in particolare, la posizione del Sinafo sulla questione degli accessi al Servizio Sanitario Nazionale.
L’accesso al SSN, regolamentato dalla normativa concorsuale inserita nei decreti 483/97 e 484/97, ha contribuito non poco a realizzare in Italia uno dei migliori servizi sanitari al mondo.
Ma, da più parti e per varie ragioni, si chiede una rivisitazione delle procedure d’accesso alla dirigenza. I prodromi di questo viraggio si sono già palesati nell’ambito della discussione sull’ex articolo 22 del Patto della Salute. Il Governo, in una prima bozza, aveva previsto che al SSN si potesse accedere direttamente anche senza specializzazione con il solo possesso, quindi, del diploma di laurea e abilitazione ma con un trattamento economico inferiore e, consequenzialmente, senza qualifica dirigenziale.
A seguito, anche, della presa di posizione di alcuni sindacati che hanno aspramente criticato la proposta, è stata cassata la possibilità del doppio canale di accesso (con e senza specializzazione) prevedendo un nuovo percorso formativo: creazione di reti regionali formative ospedale/università e previsione di nuovi contratti di formazione e lavoro a partire dall’ultimo anno di specializzazione. Inutile sottolineare che, anche con questa parziale modifica delle attuali regole, verrebbe necessariamente cambiata anche la normativa di accesso alla dirigenza che, come abbiamo ricordato, è regolamentata dai decreti 483/97 e 484/97.
Neanche il tempo per metabolizzare questa inversione di tendenza, che il Comitato Regioni – Sanità ripropone il doppio canale d’accesso con inquadramento non dirigenziale e con percorsi di carriera e livelli retributivi determinati dai CCNL.
A rendere più ingarbugliata tutta la questione, ci hanno pensato gli estensori di questa proposta che si sono premurati di sottolineare come tutte queste novità riguarderebbero solo i medici e non le altre categorie di sanitari. Forse è apparso di poco conto e del tutto marginale il fatto che i percorsi formativi e contrattuali sono del tutto speculari tra tutte le categorie dirigenziali sanitarie che, giova ricordare, sono oramai ricomprese nella stessa area contrattuale.
Quindi, nella considerazione che ciò che è stato previsto per i medici dovrà, per forza di cose, essere esteso anche alle altre figure (attualmente) dirigenziali non mediche, dobbiamo seriamente riflettere sulle criticità e sull’impatto che questa ipotetica riforma potrebbe determinare, ove effettivamente posta in essere, sull’intero sistema assistenziale e formativo.
Si tratta, a nostro parere, di una vera e propria reformatio in peius alla quale andrebbe incontro la dirigenza se fosse abolito il requisito della specializzazione per l’accesso al servizio sanitario nazionale. Il doppio canale previsto nella bozza ci ha immediatamente rimandato ai tempi in cui si ipotizzava una dirigenza riservata esclusivamente ai responsabili di struttura.
Cosa, questa, che non sarebbe da demonizzare in assoluto a patto però che non si creino, all’interno delle dinamiche gestionali e professionali, disparità di trattamento normo-giuridico-economico tra i professionisti. Quello che viene prospettato nelle prime bozze pubblicate, rappresenterebbe, a nostro avviso, un pasticcio non da poco.
Che senso ha l’assunzione di professionisti non specializzati da collocare in un limbo normo-giuridico per poi, forse mai, farli traghettare nella dirigenza a seguito di una iscrizione in soprannumero in una scuola di specializzazione? E coloro che sono già specializzati (e non ancora assunti) che speranze di assunzione avrebbero nel momento in cui i posti sarebbero già occupati e saturati dai colleghi originariamente orfani del requisito?
Ancora: che interesse avrebbero le aziende a incoraggiare il conseguimento della specializzazione per i loro strutturati collocati nel ruolo non dirigenziale nel momento in cui dovessero, dagli stessi, essere assicurate funzioni e linee di attività ad un “costo” certamente più basso di quello che si produrrebbe laddove gli stessi fossero traghettati nel ruolo dirigenziale?
Se una riarticolazione siffatta fosse approvata sarebbero, a nostro parere, messi in discussione sia il ruolo dirigenziale sia l’ esistenza stessa delle scuole e, in particolare, quella in Farmacia Ospedaliera. La scuola di specializzazione in Farmacia Ospedaliera viene considerata dai farmacisti (e siamo convinti che sia così anche per tutti gli altri professionisti sanitari, medici e non) un riferimento formativo irrinunciabile perché assolutamente professionalizzante. E’ opportuno ricordare che, ad esempio, per i Farmacisti il tirocinio pratico svolto all’interno del corso di specializzazione in Farmacia Ospedaliera prevede circa mille ore di impegno formativo “sul campo”. Questo percorso professionalizzante mette il singolo professionista nella preziosa condizione di conoscere e maturare esperienze in linee di attività di discipline aggiuntive e innovative quali HTA, farmacoepidemiologia, farmacoeconomia, farmacosorveglianza, galenica clinica oncologica e nutrizionale, sperimentazione clinica, gestione di banche dati, management ecc.
Tutte discipline che consentono di realizzare l’irrinunciabile opera di Clinical Governance che tanto giova alla razionalizzazione dell’uso delle risorse disponibili e ancor di più alla sostenibilità del sistema.
In definitiva, riteniamo che lo stravolgimento, pur parziale, delle regole d’accesso determinerebbe non solo gravi ripercussioni sulla vita lavorativa e professionale di tanti giovani colleghi ma, anche e soprattutto, non garantirebbe l’ingresso, nelle strutture ospedaliere e territoriali, di professionisti adeguatamente formati in grado di assolvere ab initio a quei compiti di tutela della salute e di salvaguardia dei livelli gestionali previsti dal nostro sistema sanitario.
R. Di Turi
Segretario generale Fassid Area SiNaFO
G.Console
Presidente Fassid Area SiNaFO
19 settembre 2018
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