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La Fnomceo e le donne. La mia risposta a Benci e le mie proposte

di Ivan Cavicchi

A mio avviso l’articolo di Benci, che pur solleva un problema molto serio, per quello che mi riguarda, fa largo impiego tanto della preterizione che della paralessi, finendo purtroppo per fare torto alle donne medico, perché usare questo argomento per fare polemiche non è utile né alle donne  e credo neanche a Benci

25 GEN - Nel leggere l’articolo di Benci (QS 24 gennaio 2018) ho avuto la spiacevole sensazione che la questione da lui affrontata sul maschilismo della Fnomceo, la cui analisi di fondo, anche se tardiva, condivido, fosse il pretesto per fare delle polemiche sterili e tra l’altro per farle in modo piuttosto subdolo soprattutto nei miei confronti.
 
Benci manifesta stupore nei confronti di coloro che scrivono “pensosi articoli su questioni mediche”, ma ignorano colpevolmente il problema delle medichesse discriminate.
 
Esattamente come ho fatto con i suoi bio-sfondoni e con le sue analisi sulla deontologia che continuo convintamente a ritenere inadeguate e poco convincenti, ritengo doveroso rispondergli come merita.
 
Prima però devo chiarire due concetti:
· la figura retorica usata  per far finta di dire qualcosa ma dire altro si chiama preterizione,
· quella con la quale chi scrive finge di non capire o di tralasciare si chiama paralessi.
 
A mio avviso l’articolo di Benci, che pur solleva un problema molto serio, per quello che mi riguarda, fa largo impiego tanto della preterizione che della paralessi, finendo purtroppo per fare torto alle donne medico, perché usare questo argomento per fare polemiche (“stupisce la mancanza di sensibilità .; stupisce il generale silenzio”, ecc. ) non è utile né alle donne  e credo neanche a Benci.
 
Intanto devo correggere le sue inesattezze. Lui si dichiara stupito che chi scrive “fiumi di inchiostrosulle questioni mediche” non abbia speso “una parola sull’anacronistico e sempre più spinto sessismo istituzionale”.
 
Caro Benci se ti riferisci a me ti sbagli e nel leggere dimostri di essere frettoloso, poco attento e forse anche un po’ prevenuto perché nel mio articolo “pensoso” sulla “questione medica” ho scritto testualmente“la Fnomceo è piena di contraddizioni da sempre, basta vedere la composizione del suo comitato centrale e la distribuzioni degli incarichi e poi l’esclusione delle donne”.
 
Ma non mi sono limitato a questo. Nello stesso articolo ho anche proposto una definizione che definisce l’ordinistica in generale una “sindacatocrazia a struttura oligarchica Enpam oriented. Per dire che l’esclusione delle donne non avviene per caso o perché Filippo Anelli ha problemi di misogenia, ma perché c’è un sistema da cambiare che Filippo Anelli ha trovato e che esclude e discrimina le donne in quanto sistema e che, per quanto mi riguarda, proporrò, nel mio piccolo, a Filippo Anelli e alla sua squadra di cambiare.
 
Si fa presto a fare della demagogia sulle donne medico e gridare allo scandalo il punto è “come” a sistema dato si cambia sistema. Certe esperienze di donne al comando della Fnomceo, ma non solo, dimostrano che questo sistema non solo esclude le donne ma le usa e spesso nel modo peggiore e più bieco in particolare quando fanno comodo per coprire quelle strategie per le quali, tanto per non sembrare generico, serve ad esempio un “presidente debole”. Se una donna è nominata, da qualche parte, da un sindacato questa risponderà non al suo genere ma al sindacato che l’ha nominata. Se non lo farà non sarà rieletta.
 
La discriminazione delle donne è una forma di uso perché nonostante le donne medico siano numericamente una maggioranza esse non fanno altro che votare uomini e questo paradosso è altrettanto deplorevole dell’uso delle donne quando gli uomini, magari del sindacato, decidono di usarle.
 
Ma c’è di più caro Benci nella paralessi di cui ti servi emerge chiaramente che non sei aggiornato:
· nel mio libro “Medicina e sanità; snodi cruciali” del 2010 considerando io la questione della discriminazione delle donne medico uno “snodo cruciale” ho dedicato a questo  problema un intero capitolo “le donne e la medicina” e dove tra l’altro denuncio ampiamente  quello che Benci sembra scoprire solo ora,
· nella “Questione medica” di tre anni fa  sono ritornato sull’argomento perché ripeto mi sta a cuore  e anche in questo caso ho scritto un capitolo “donne medico”.
 
Vorrei ancora  ricordare a Benci, un mio recente articolo, che immagino lui abbia letto (QS  7 gennaio 2018) con il quale pongo il problema del rapporto sindacato ordini proponendo di ripensare la forma della loro relazione, perché la cosa che Benci mostra di ignorare, ma questa volta non per paralessi, ma per altro,  è che l’esclusione delle donne avviene perché esse sono prime escluse dal sindacato e siccome il sindacato  è quello che decide chi mettere negli ordini, di conseguenza sono escluse dagli ordini.
 
Penso quindi che, per quello che mi riguarda, di aver speso sull’argomento molto più di “una parola” e che il nostro poco attento giurista, anche per non fare brutte figure, farebbe bene a leggere prima e quando legge a leggere bene.
 
Ma, polemiche  a parte, il problema resta.
 
Insisto, c’è un sistema che, in quanto tale, esclude dalla rappresentanza professionale non solo le donne, ma anche i medici indipendenti, i rompi scatole, i presidenti di ordini “sco”, cioè tutto ciò che non è sotto il controllo della sindacatocrazia.
 
Benci nel suo articolo propone di risolvere tutto ciò con una legge dello Stato che “intervenga con norme sulla parità di genere in organismi che sono pubblici”.
 
Io mi dichiaro semplicemente contrario. Trovo questa proposta pericolosa e inaccettabile e, come ho già scritto nell’articolo già citato, penso che debba essere la deontologia a regolare i rapporti tra sindacati e ordini cioè a decidere la forma della loro relazione e che la legge che già c’è, debba definire gli organismi e tutto il resto, ma che la rappresentanza sia un affaire interno da risolvere in piena autonomia. No grazie. L’esperienza della legge sugli ordini appena fatta mi basta e mi avanza.
 
A questo proposito avanzo una proposta: in attesa di cambiare il sistema credo che le donne medico debbano essere indennizzate subito per la loro esclusione dalla rappresentanza nella Fnomceo. La complessità del cambio di sistema e i suoi tempi non può essere un alibi per procrastinare la soluzione all’infinito.
 
Propongo quindi di derogare dai criteri ordinari attraverso i quali si definisce il comitato centrale e di cooptare da subito un numero di donne medico proporzionale al loro numero effettivo presente nelle diverse realtà di lavoro.
 
Non credo che basti una commissione a risolvere il problema della discriminazione. L’indennizzo di cui parlo è politico e in quanto tale riguarda l’organismo che dirige la Fnomceo.
 
Vorrei aggiungere che queste donne medico dovrebbero essere in Comitato centrale non perché sindacalizzate ma perché rappresenterebbero una precisa condizione professionale e un preciso soggetto di lavoro del tutto trasversale al sindacato augurandomi che la loro scelta non sia propagandistica cioè mettendo dentro scienziate e donne illustri ma medici che conoscono a livello di base, a livello ospedaliero a livello specialistico la vera condizione di lavoro della professione al femminile.
 
Anzi mi permetto addirittura di fare una provocazione cioè avanzare dei nomi: Sandra Morano, Maria Luisa Agneni , Ornella Mancin, Mirka Cocconcelli, Gemma Brandi, Concetta Liberatore ecc. Nomi a parte la vera provocazione è quella del criterio: ho scelto delle donne non per la loro appartenenza sindacale ma per le loro idee quelle che ho letto su questo giornale leggendo i loro interessanti articoli. Resta ovviamente una provocazione.
 
Una ultima cosa, caro Benci, se usi l’espressione al plurale “le questioni mediche” allora vuol dire che tu sei tutt’altro che “pensoso”. La questione medica è una e solo una, ed è, come chiarito anche  di recente da una mozione importante, semplicemente un sistema di fatti.
 
Ivan Cavicchi

25 gennaio 2018
© Riproduzione riservata

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