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Perché non avremo più chirurghi. Landa (Sic): “Colpa della politica, non solo della crisi vocazionale”

di Lucia Conti

Nel 2010 il numero di medici assunti di ruolo in Chirurgia generale ha coperto solo il 10% del fabbisogno nazionale. Circa il 20% nell'area della Chirurgia specialistica. A spiegare a Quotidiano Sanità la causa di questa carenza è Luciano Landa, segretario nazionale della Sic.

13 OTT - Allarme carenza di medici in Italia. E soprattutto allarme carenza di chirurghi. Se ne parla da anni. Ma se i dati generali sui camici bianchi sono abbastanza noti, poco si sa di quanto sia effettivamente grave la crisi di chirurghi nel nostro Paese. Per scoprirlo, abbiamo contattato Luciano Landa, segretario nazionale Sic-Società Italiana di Chirurgia.

Dottor Landa, secondo le proiezioni, entro il 2018 in Italia mancheranno oltre 22.000 medici. Ma non esistono dati noti sulla carenza di chirurghi, nonostante questa area è riconosciuta essere la più problematica. Ha qualche numero da offrirci per capire l’entità del problema?
In realtà non esistono, o quanto meno non sono stati resi pubblici, dati ufficiali sulla specifica carenza di chirurghi. Un’idea del fenomeno può però essere ricavata da un’indagine svolta da Federspecializzandi nel 2010, da cui emerge che la quota di assunti di ruolo in chirurgia generale ha coperto solo il 10% del fabbisogno. Un po’ più alta la percentuale per la chirurgia specialistica, che ha coperto il 15% del fabbisogno in area toracica, il 20% in area pediatrica e il 25% in urologia.
Se si considera invece la quota di assunti rispetto al numero di medici usciti dalle scuole di specializzazione, il dato sale al 20% per la chirurgia generale e intorno al 30% per quella specialistica.

Colpa della crisi vocazionale?
Non solo. Come dimostra il fatto che la carenza di medici sia generalizzata e non solo nelle aree più critiche, come quella chirurgica. Infatti, in generale, rispetto al fabbisogno nazionale di medici previsto di 8.848 unità, i contratti a tempo indeterminato nel Ssn stipulati nel 2010 siano stati solo 1.389, cioè il 15,70% del fabbisogno.

E quali sono le cause?
La principale è l’incapacità delle Regioni di effettuare nei tempi stabiliti e nel modo appropriato una corretta analisi del fabbisogno. Unica eccezione sembra essere la Lombardia, ma in generale assistiamo a sono ritardi sistematici e prolungati. Per questo spesso il numero di posti disponibili nelle Scuole di Specializzazione viene stabilito sulla base di un bisogno pregresso che, tuttavia, non risulta congruo con le attuali esigenze. E così, dal 2006 ad oggi, i nuovi contratti di formazione specialistica sono stati 5 mila, a fronte di un fabbisogno stimato in oltre 7 mila unità. Oggi stiamo soffrendo l’effetto ritardato delle errate valutazioni del fabbisogno.

Il ministro Fazio ha già annunciato l'innalzamento da 7.300 a 9.500 unità della soglia di accesso alle Facoltà di Medicina…
Si tratta sicuramente di una buona notizia, ma non sufficiente. La carenza di medici, infatti, è legata anche ad altri elementi. Ad esempio al blocco dei contratti nella Regioni sottoposte a Piano di rientro. Una limitazione che, peraltro, pur rappresentando un risparmio nell’immediato, rischia in realtà di rivelarsi fallimentare nel lungo termine rendendo il sistema incapace di rispondere alla domanda assistenziale, causando un peggioramento dell’accesso alle cure e, di conseguenza, della salute dei cittadini. Ma questo farà crescere il bisogno di assistenza tra la popolazione… insomma, è un cane che si morde la coda.
Anche a questo, poi, è legato il gravissimo fenomeno di quelle strutture che, contravvenendo totalmente al comma 3, articolo 38, del Dl 368/99, utilizzano gli specializzandi per sostituire il personale di ruolo. Questo rappresenta non solo un’ingiustizia nei confronti di quei medici in attesa di concorso, ma un fenomeno pericolosissimo sia per gli specializzandi, sottoposti a rischi professionali altissimi, che per la salute dei pazienti, curati da personale in formazione che potrebbe, dunque, non essere pronto a fronteggiare tutte le situazioni e le eventuali emergenze.
Occorre ribadire con forza quanto previsto nel decreto legge: “In nessun caso l'attività del medico in formazione specialistica e' sostitutiva del personale di ruolo”.

Quanto alla crisi vocazionale, qual è la sua percezione del fenomeno?
C’è indubbiamente stata, per diverse ragioni. Quello di Medicina è un percorso molto lungo e faticoso, e l’idea di trovarsi a 32 anni ancora senza un contratto non è sicuramente incoraggiante. Per non parlare, nel caso specifico della chirurgia, del timore di procedimenti penali. Circa l’80% di noi riceve almeno una volta nella sua carriere un avviso di garanzia e il fenomeno del contenzioso medico-paziente è peraltro in crescita, anche per colpa di irresponsabili studi legali che sollecitano i cittadini a denunciare i medici, anche quando il cattivo esito di un atto medico era evidentemente inevitabile, perché ricordiamoci che in medicina il rischio zero non esiste.
A queste condizioni, la chirurgia è sicuramente un area meno appetibile di altre. E così, ci sono scuole di specializzazione che non riescono neanche a coprire i posti a disposizione.
C’è, tuttavia, da rilevare anche un altro cambiamento all’interno delle scuole di specializzazione. Sta crescendo anno dopo anno la presenza femminile in chirurgia e questo è sicuramente un dato positivo sia perché rileva il superamento di antichi pregiudizi, sia perché devo ammettere che quando le donne riescono a portare avanti la loro carriera, lo fanno con ottimi risultati. Molte volte anche superiori a quelli degli uomini.

In conclusione, qual è l’auspicio della Sic per rispondere a queste criticità?
Una ricognizione autorevole, approfondita e trasparente del fabbisogno, anzitutto. Il rispetto del ruolo degli specializzandi e la messa a concorso per i contratti a tempo indeterminato. Ma anche la soppressione o l’accorpamento di alcune scuole di specializzazione là dove possibile, tenuto conto sia delle materie che della ridotta domanda.
In sintesi, chiediamo di essere messi nelle condizioni di fare il nostro lavoro, contando su mezzi sufficienti per farlo bene.
 
Lucia Conti
 

13 ottobre 2011
© Riproduzione riservata

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