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Sperimentazioni cliniche e nuove norme europee. Cosa rischiano gli operatori “senza” assicurazione

di Daniele Rodriguez e Anna Aprile

Per mantenere la fattibilità della sperimentazione clinica all’interno delle strutture del Ssn, senza gravare sui singoli professionisti costringendoli all'onere economico di specifiche plurime assicurazioni, è necessario che il promotore della sperimentazione clinica si faccia carico autonomamente di meccanismi equivalenti all'assicurazione. Una questione da affrontare adesso nel ddl "Gelli"

02 MAR - Il regolamento (UE) n. 536/2014 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014, sulla sperimentazione clinica di medicinali per uso umano, è stato preso in considerazione da Quotidiano Sanità a più riprese (31 maggio 2014, 21 gennaio 2016), con particolare riferimento (9 luglio 2015, 13 ottobre 2015, 10 dicembre 2015) alle ricadute negative che la sua attuazione probabilmente comporterà per i comitati etici operanti in Italia.
 
Qui intendiamo focalizzare l'attenzione sulle novità da esso apportate in materia di assicurazione e, soprattutto, di liceità della non assicurazione per il risarcimento dei danni provocati dalle sperimentazioni cliniche, prospettando conclusivamente una soluzione che potrebbe essere veicolata nel contesto delle norme relative al sistema di assicurazioni delineato nel disegno di legge Gelli.
 
Di specifico interesse è l'articolo 76 del regolamento (UE) n. 536/2014.
Il paragrafo 1 recita: «Gli Stati membri garantiscono l'esistenza di sistemi di risarcimento dei danni subiti da un soggetto a causa della partecipazione a una sperimentazione clinica condotta nel loro territorio sotto forma di assicurazione, garanzia o di meccanismi analoghi che siano equivalenti, quanto a finalità, e commisurati alla natura e portata del rischio.» Si contempla dunque un sistema di risarcimento dei danni alla persona non necessariamente basato sull'assicurazione, essendo ammessi anche meccanismi analoghi all'assicurazione. L'espressione meccanismi analoghi all'assicurazione si presta ad almeno due interpretazioni. Una prima possibilità è che detta espressione comprenda il sistema, adottato da varie Regioni italiane, della cosiddetta autoritenzione, nella cui logica rientrano anche le scelte di quelle Regioni che hanno preferito assicurazioni con franchigie elevatissime (500.000 euro). Tali sistemi sono coerenti con il paragrafo 1, perché equivalenti, quanto a finalità all'assicurazione. Resta da stabilire se, nella singola Regione, il fondo previsto per l'autoritenzione, sia commisurato alla natura e portata del rischio, come stabilito dal regolamento (UE) n. 536/2014. La seconda ipotesi interpretativa dell'espressione in esame è che il promotore stesso organizzi in proprio un sistema analogo all'assicurazione specificamente dedicato al risarcimento dei danni da sperimentazione clinica. Ovviamente, anche in questo caso, i meccanismi analoghi del promotore devono rispondere ai requisiti dell’essere equivalenti, quanto a finalità, all'assicurazione e commisurati alla natura e portata del rischio.
 
Il paragrafo 2 dell’articolo 76 stabilisce: «Il promotore e lo sperimentatore utilizzano i sistemi di cui al paragrafo 1 nella forma adeguata per lo Stato membro interessato in cui è condotta la sperimentazione clinica.» La previsione di una forma adeguata per lo Stato membro suggerisce che, almeno per l'Italia, possa essere plausibile la prima fra le due ipotesi sopra prospettate circa i meccanismi analoghi all'assicurazione. Il fatto che, stando alle «definizioni» riportate nell’articolo 2 del regolamento (UE) n. 536/2014, promotore è «la persona, società, istituzione oppure un organismo che si assume la responsabilità di avviare e gestire la sperimentazione clinica, curandone altresì il relativo finanziamento», rende sostenibile anche la seconda interpretazione, perché proprio al promotore è attribuita la responsabilità della gestione e della messa a disposizione di adeguate risorse economiche. La discussione che segue è sviluppata anche con l’obiettivo di valutare quale delle due opzioni sia opportuno adottare nel nostro Paese.
 
L'ultimo paragrafo dell’articolo 76, il 3, recita: «Gli Stati membri non richiedono al promotore l'uso supplementare dei sistemi di cui al paragrafo 1 per sperimentazioni cliniche a basso livello di intervento se ogni possibile danno che un soggetto può subire a causa dell'utilizzo del medicinale sperimentale conformemente al protocollo della specifica sperimentazione clinica sul territorio di tale Stato membro è coperto dal sistema di risarcimento applicabile già esistente.» Questo paragrafo, da un lato, offre uno spunto per risolvere la questione dell'interpretazione della locuzione meccanismi analoghi all'assicurazione, dall'altro lato, introduce un elemento di complessità ulteriore, legato alle sperimentazioni cliniche a basso livello di intervento.
 
Per quanto riguarda l'interpretazione della locuzione, l'ultima parte del paragrafo 3 fa riferimento a sistemi di risarcimento già esistenti sul territorio dello Stato membro: ciò potrebbe avvalorare la tesi della congruità, ai fini della protezione della persona sottoposta a sperimentazione, dei meccanismi di autoritenzione elaborati da talune Regioni e comunque da gestire adeguatamente calcolando il maggior rischio connesso ai prevedibili risarcimenti da sperimentazioni cliniche.

L'elemento di complessità è dato dal regime speciale che viene introdotto con il paragrafo 3 per le «sperimentazioni cliniche a basso livello di intervento». Trattasi, come riportato nel «considerando» numero 11 premesso agli articoli del regolamento (UE) n. 536/2014, di sperimentazioni che presentano «solo un rischio aggiuntivo minimo per la sicurezza dei soggetti rispetto alla normale pratica clinica. Ciò si verifica in particolare nei casi in cui il medicinale sperimentale è oggetto di un'autorizzazione all'immissione in commercio, vale a dire che le sue qualità, sicurezza ed efficacia sono già state valutate nel corso della procedura per l'autorizzazione all'immissione in commercio, oppure, qualora tale prodotto non sia utilizzato in conformità dei termini dell'autorizzazione all'immissione in commercio, l'uso in questione si basa su prove di efficacia ed è supportato da pubblicazioni scientifiche sulla sicurezza e l'efficacia di tale prodotto, e l'intervento presenta soltanto un rischio aggiuntivo molto limitato per il soggetto rispetto alla normale pratica clinica.» Non intendiamo soffermarci sul significato e sul razionale di questa disposizione, sta di fatto che con essa è praticamente certo un consistente incremento delle sperimentazioni cliniche non coperte da assicurazione, perché tali saranno tutte quelle denominate a basso livello di intervento, oltre a quelle – indeterminabili dal punto di vista numerico – genericamente contemplate nel paragrafo 1 dell’articolo 76.
 
L’applicazione dell’articolo 76 comporterà il superamento dei disposti del decreto ministeriale 14 luglio 2009, recante i requisiti minimi per le polizze assicurative a tutela dei soggetti partecipanti alle sperimentazioni cliniche dei medicinali. In particolare, il comma 2 dell’articolo 1 del decreto stabilisce che «La polizza assicurativa deve garantire specifica copertura al risarcimento dei danni cagionati ai soggetti dall’attività di sperimentazione, per l’intero periodo della stessa, a copertura della responsabilità civile dello sperimentatore e del promotore, senza esclusione dei danni involontariamente cagionati in conseguenza di un fatto accidentale e/o imputabili a negligenza, imprudenza o imperizia …». È da ritenere che il citato decreto ministeriale sarà disapplicato (anche a prescindere da formale abrogazione) perché deriva dall’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 211, di attuazione della direttiva 2001/20/CE (relativa all'applicazione della buona pratica clinica nell'esecuzione delle sperimentazioni cliniche di medicinali) e tale direttiva è abrogata dal regolamento (UE) n. 536/2014.

Siamo comunque di fronte alla scelta di uno strumento normativo nuovo da parte dell’Unione Europea per disciplinare la sperimentazione clinica: si è infatti passati dalla direttiva al regolamento. Mentre la direttiva è un atto legislativo che stabilisce un obiettivo che i Paesi membri sono tenuti a realizzare, lasciando a ciascun Paese la facoltà di decidere come procedere, il regolamento è invece un atto legislativo vincolante di per sé, che va applicato nei suoi elementi costitutivi in ogni singolo Paese dell'Unione Europea e che non necessita di alcun atto di recepimento e/o di attuazione a livello nazionale.
 
In sintesi, da tutto ciò discende:
1) la concretizzazione di un sistema di scopertura assicurativa facoltativa per le sperimentazioni in genere;
2) il riconoscimento della regola della scopertura assicurativa per le sperimentazioni a basso livello di intervento;
3) il risarcimento in base ai principi dell'autoritenzione di una parte degli eventuali danni provocati alle persone sottoposte a sperimentazione.
 
La situazione che si delinea è che sempre più numerose sperimentazioni cliniche potranno non godere di copertura assicurativa, cosicché gli eventuali danni provocati alle persone sottoposte a sperimentazione saranno sempre più frequentemente risarciti in base sistema dell'autoritenzione. Non è tuttavia scontato che il sistema debba gravare sulle Regioni, essendo raccomandabile che se ne faccia carico direttamente il promotore della sperimentazione: abbiamo già indicato questa interpretazione come una delle due possibili ed a questo punto la sosteniamo.
 
Se sarà privilegiata l’opzione del ricorso all’autoritenzione regionale, verrà ad aprirsi un nuovo fronte per la possibilità della rivalsa (tema sul quale ci siamo soffermati in apposito articolo pubblicato in Quotidiano Sanità il 25 gennaio 2016) da parte delle aziende pubbliche nei confronti dei professionisti sanitari, in particolare medici ed infermieri, ai quali, partecipando ad attività di sperimentazione, fosse eventualmente addebitata una condotta produttiva di danno caratterizzata da colpa grave. Il professionista sanitario, coinvolto in sperimentazioni cliniche, tutelate con il sistema dell’autoritenzione regionale, si potrà trovare di fronte alla proposta di sottoscrivere polizze di assicurazione per la rivalsa da colpa grave con premi di maggior consistenza rispetto al passato, in funzione del maggior rischio legato all'attività professionale, perché la sperimentazione clinica (specie a quella a basso livello di intervento) andrà ad aggiungersi alla “semplice” pratica clinica.
 
Resta inoltre fermo il fatto che il soggetto danneggiato in conseguenza di sperimentazione clinica, potrà agire in giudizio, in base all’articolo 2043 del codice civile, direttamente contro il professionista sanitario, medico o infermiere in particolare, che abbia preso parte alla sperimentazione clinica. Dalla previsione di tale eventualità, scaturisce l’opportunità per il professionista sanitario della sottoscrizione di una polizza di assicurazione anche per responsabilità civile che contempli espressamente il rischio di danno alla persona derivante da attività di sperimentazione clinica.
 
Questa conclusione non appare soddisfacente per il professionista sanitario dipendente, che dovrà personalmente reperire un contratto assicurativo:
a) sia per la responsabilità civile;
b) sia per il rischio di rivalsa da parte dell’azienda sanitaria di cui è dipendente;
 
ciascuno delle due, in relazione:
I) sia alla consueta pratica clinica (argomento che abbiamo già discusso in Quotidiano Sanità il 14 febbraio 2016);
II) sia alla sperimentazione clinica in regime di autoritenzione regionale.
 
Occorre attivarsi per evitare che si creino le condizioni che porteranno ad uno scenario quale quello sopra prospettato. Per mantenere la fattibilità della sperimentazione clinica all’interno delle strutture del servizio sanitario nazionale, senza gravare sui singoli professionisti, costringendoli all'onere economico di specifiche plurime assicurazioni, è necessario che il promotore della sperimentazione clinica – e non il sistema dell'autoritenzione regionale – si faccia carico autonomamente dei «meccanismi analoghi che siano equivalenti [all’assicurazione], quanto a finalità, e commisurati alla natura e portata del rischio» previsti nel paragrafo 1 dell’articolo 76.

L’entrata in vigore del regolamento (UE) n. 536/2014 sarà probabilmente procrastinata rispetto alla data indicata del 28 maggio 2016; ciò non è una buona ragione per non prendere in considerazione da subito le questioni connesse all'applicazione in Italia dell'articolo 76.
 
Lo strumento legislativo al quale affidare disposizioni idonee a risolvere la questione può essere rappresentato dal disegno di legge Gelli, che già si sofferma, tra l’altro, sui profili assicurativi dei danni provocati dalle prestazioni sanitarie, anche se non dedica alcun articolo all'attività di sperimentazione clinica. Nell'ambito dei disposti in materia di assicurazioni (articolo 10, in particolare), essere inserito un comma che imponga al promotore della sperimentazione clinica, quando si avvalga dei meccanismi analoghi di cui ai paragrafi 1 e 3 dell’articolo 76 del regolamento (UE) n. 536/2014, di provvedervi autonomamente senza gravare sul sistema dell'autoritenzione regionale.
 
Daniele Rodriguez e Anna Aprile
Professori di Medicina legale
Università degli Studi di Padova 


02 marzo 2016
© Riproduzione riservata

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