Donne medico. È arrivato il momento di concretizzare la contrattazione di genere
di Maria Ludovica Genna
Sono numerose le ricerche e le statistiche internazionali che mostrano che l’essere donna o uomo fa differenza e che le disuguaglianze di genere si incrociano con i processi di ristrutturazione ora in atto nella nostra società. Si sommano e soprattutto le complicano. Ed in Italia ne abbiamo un chiaro esempio nel Ssn, dove le donne sono la maggioranza soltanto in qualità di lavoratrici precarie e nel part-time e non fanno carriera
12 SET - Gli uomini, come insegna Marshall (2002), lottano dapprima per i diritti civili, quindi per quelli politici e da ultimo per i diritti sociali. Le donne, invece, continuano ancora oggi a dover richiedere contemporaneamente tutti e tre i tipi di diritto.
La difficoltà di una crescita dell’occupazione e di uno sviluppo del ruolo professionale delle donne non è una novità indotta dalla crisi imperante, sebbene in virtù di ciò si sia registrato un ulteriore e tangibile peggioramento della condizione femminile, in cui si intravedono chiari i primi segnali di una declinazione delle politiche sulle pari opportunità secondo un’interpretazione delle differenze non più incentrata sul genere, ma su un’idea generale di diversità.
L’attestazione di un approccio di tale tipo, cioè indistinto, si è tradotta in un depotenziamento della legislazione a sostegno delle donne e in una rimozione di fatto del gender-mainstreaming nelle politiche sociali e del lavoro.
Queste prime osservazioni rilevano una doppia tendenza rispetto al tema della parità di genere. Se da un lato appare come ampiamente condiviso, dall’altro vediamo svilupparsi nuove forme di discriminazioni, spesso dissimulate dai dati in crescita del ruolo pubblico delle donne e della loro visibilità sociale.
Sono numerose le ricerche e le statistiche internazionali che mostrano che l’essere donna o uomo fa differenza e che le disuguaglianze di genere si incrociano con i processi di ristrutturazione ora in atto nella nostra società. Si sommano e soprattutto le complicano. Ed in Italia ne abbiamo un chiaro esempio nel Servizio Sanitario Nazionale, dove le donne sono la maggioranza soltanto in qualità di lavoratrici precarie e nel part-time, non fanno carriera non occupando nella maggioranza dei casi posti decisionali e sono vittime del gender gap retributivo per il quale arrivano a guadagnare anche il 30% in meno del collega uomo.
Dall’indagine effettuata dall’Ordine dei Medici di Roma (2011), le donne medico nella maggioranza dei casi si sono dichiarate soddisfatte del proprio lavoro (60%) e apprezzate dai colleghi (85,5%), ma sovraccaricate di mansioni (54,4%) e assorbite dalla professione che le costringe a trascurare gli amici e la cura di se stessa (55%), i divertimenti (18,6%), il rapporto di coppia (10%) e quello con i figli (5,5%).
Nei dati emersi dal Questionario sul Benessere Lavorativo dell’Ordine dei Medici di Napoli (2014), le donne medico pensano di essere discriminate sul posto di lavoro sia per il genere di appartenenza che per gli impegni familiari e nello stesso tempo emerge un periodo di precariato significativamente più lungo degli uomini e con difficoltà notevolmente superiori rispetto alle colleghe coetanee del passato. In tale sondaggio il 47% delle donne – rispetto al 24% degli uomini - dichiara una perdita di guadagno o di ruolo in caso di malattia propria o dei familiari e risultano presenti in minore percentuale anche negli esercenti la libera professione intramuraria.
La contrattazione di genere si inserisce nel bisogno di una concezione universale dei diritti e il riconoscimento concreto delle differenze insite nel mondo del lavoro. Tutto ciò richiede una rivisitazione dei modelli interpretativi delle differenze di genere, con una visione consapevole dei meccanismi di conflitto che “la retorica della parità e dei diritti” contiene.
La contrattazione di genere diventa stimolo e metodo per avviare un processo di innovazione dell’organizzazione aziendale, nel riconoscere alle donne il diritto di lavorare e di realizzare obiettivi professionali e personali, traducendosi in occasione di rilancio e di e di sviluppo economico, così come a tal fine stabilisce il DECRETO LEGISLATIVO del 25 gennaio 2010, n. 5: “Attuazione della direttiva 2006/54/CE relativa al principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego” che all’art. 50-bis affida un importante compito ai contratti collettivi di lavoro: la prevenzione e l’eliminazione delle discriminazioni attraverso l’utilizzo di misure specifiche, di codici di condotta, di linee guida e buone prassi.
Da una recente ricerca sull’attuazione delle politiche di genere e degli effetti della contrattazione di secondo livello - nelle Aziende se ne fa poca – occupando le pari opportunità, tra i temi oggetto di contrattazione, una posizione del tutto marginale. Si pensi che solo il 17,5% dei contratti di secondo livello, censiti dall’Osservatorio IRES Lucia Morosini in Piemonte, contiene questi temi.
Ma come superare, con ottica di genere, il gap esistente nella vita lavorativa delle donne medico? Realizzando una rete fra le diverse esperienze attraverso il presidio continuo delle dinamiche sociali e istituzionali, con un potenziamento della contrattazione di genere, sia a livello centrale che periferico ed inserendo, con norme ad hoc, la figura ad esempio di Responsabile del Mainstreaming in ogni ambito decisionale e dove i soggetti di rappresentanza sociale possano individuare nuovi campi di azione.
Insomma, la contrattazione di genere deve dar finalmente luogo a “iniziative concrete e costruite su misura” nell’interesse dei lavoratori/trici, superando i limiti delle affermazioni generali e di principio e tendendo al miglioramento del clima aziendale e della qualità del lavoro, oltre che a contribuire efficacemente all’aumento della produttività degli indirizzi aziendali.
Maria Ludovica Genna
UOS Diagnostica Ematologica AORN Cardarelli Napoli
Direttore Osservatorio Sanitario di Napoli
12 settembre 2015
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