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Farmacia: percorso universitario inadeguato alle sfide odierne


L’evoluzione della professione di farmacista richiede competenze che oggi appaiono estranee al percorso universitario. È quanto emerso nel corso dell’incontro promosso ad Urbino dalla Conferenza dei presidi delle facoltà di Farmacia italiane, per la presentazione della terza ricerca sul futuro della professione realizzata dall’Università Bocconi per conto della Federazione degli Ordini dei farmacisti.

15 OTT - Farmacia, industria, distribuzione intermedia, Azienda sanitaria locale e Ospedaliera, Sistema regolatorio. Sono questi - al momento ma non è escluso che nel futuro possano aumentare - i sei settori ai quali il laureato del corso di Laurea in Farmacia può indirizzarsi al termine degli studi. E all’interno di ognuno di essi vi è un gran numero di “sottoaree” occupazionali che possono facilmente adattarsi a un “esperto del farmaco”. Ma solo in apparenza perché ognuno di questi settori appare in profonda evoluzione e in quest’ambito le competenze e le professionalità richieste diventano sempre più ampie e differenziate. Cosa può fare, dunque, il giovane laureato in Farmacia per poter individuare con la maggior precisione possibile il proprio futuro lavorativo? Che, fin da subito gli apre dinanzi un numero enorme di possibilità. Tutte legate però all’acquisizione di competenze del tutto nuove. Tanto da far pensare non “alla professione del farmacista” come ha spiegato nel suo intervento Erika Mallarini, docente del Public Management & Policy Department della SDA Bocconi, ma alle “tante ‘professioni di farmacista’ che il contesto sociale ed economico oggi propongono”.
Ed è stata la stessa Mallarini ad aprire lo scorso 13 ottobre a Urbino dinanzi alla Conferenza dei presidi delle facoltà di Farmacia italiane, l’incontro dedicato alla presentazione della terza ricerca realizzata dall’Università Bocconi per conto della Federazione degli Ordini dei farmacisti sul futuro della professione: un’analisi approfondita delle dinamiche del settore sanitario - le scelte in materia delle singole Regioni, solo per citare uno dei temi più importanti - della produzione - i nuovi indirizzi delle politiche organizzative industriali - e della distribuzione, intermedia e/o finale. Tutti ambiti nei quali è apparsa evidente la necessità di creare figure professionali con competenze ben più vaste di quelle attualmente fornite dal sistema formativo.
Le competenze richieste dalle nuovissime figure (Clinical Monitor, Medical Science Liaison, Local Affair Manager, Clinical Research Associate, Regulatory Affair Manager nelle aziende di produzione, Pharmacy Analist, Field Specialist, Training Manager nella distribuzione intermedia, Farmacista di Corsia, Pharmaceutical Care Manager nelle Aziende sanitarie, Responsabile dei servizi socio-sanitari, Specialista in particolari categorie di prodotto, Responsabile Acquisti, Responsabile delle Politiche di Pricing in farmacia: questi alcuni dei più incisivi esempi forniti) appaiono oggi - ha rilevato Mallarini - “sempre più estranee al percorso universitario”. “Mentre all’estero si osserva una rapida evoluzione verso la specializzazione del farmacista, questo non avviene in Italia, dove, a oggi, i percorsi formativi si limitano alla tradizionale preparazione accademica”. Che, ha ancora sottolineato, potrebbe essere “giudicata insufficiente e inadeguata” e indirizzare le scelte delle varie aree occupazionali verso figure diverse da quelle del farmacista ma in possesso delle specificità richieste. Una realtà della quale bisognerà tener conto anche nella costruzione del sistema della farmacia dei servizi: “Per mettere in atto le nuovi disposizioni - ha rilevato Mallarini - è indispensabile innanzitutto che i farmacisti di comunità siano disposti al cambiamento che tali norme comportano: non si può pensare di mantenere immutata la struttura “tradizionale” se tutto l’insieme circostante si sta evolvendo”. Tale cambiamento quindi non può “prescindere da un’intensa attività di formazione che consenta ai farmacisti di poter svolgere questi servizi per la comunità. Occorre creare, quindi, nuove figure specializzate nei vari comparti in modo da accrescere la percezione di professionalità e costruire credibilità nell’ambito dell’erogazione dei servizi”. Ma non basta: “sarà necessario ricorrere a standard qualitativi elevati e procedure operative certificate per mantenere l’immagine di operatori sanitari qualificati e vincere così la concorrenza delle altre strutture sanitarie operative sul territorio”.
»La ricerca” ha affermato nel suo intervento il presidente della Federazione degli Ordini dei farmacisti italiani Andrea Mandelli “pone sul tappeto questioni che interessano tutti noi: l’Università, la rappresentanza della professione ma anche tutta la fiera del farmaco, che si trova nella necessità di coprire questi nuovi ruoli, e che può essere positivamente coinvolta in iniziative che vadano a colmare il fabbisogno di formazione”. Gli ha fatto eco Giuseppe Ronsisvalle, presidente della Conferenza dei presidi della facoltà di Farmacia, rilevando come la ricerca sia stata “Un contributo importante all’analisi della situazione attuale, del quale ringraziamo la Federazione degli Ordini, alla quale ovviamente si deve rispondere meditatamente”. Per Ronsisvalle l’innovazione è una necessità, che purtroppo si scontra con le tante difficoltà che sta vivendo l’Università italiana. L’esigenza di specializzazione però potrebbe trovare risposta nella formazione post-laurea, tenendo presente comunque la necessità di salvaguardare il carattere unitario dell’attuale laurea in farmacia. “Credo che questa ricerca mostri ancora una volta come la Federazione cerchi di intervenire su tutte le esigenze della professione, anche attraverso un rapporto costante e costruttivo con la Conferenza dei Presidi, di cui questo convegno è il frutto”.

 

15 ottobre 2010
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