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Cardiologia. Migliora il cuore degli italiani. In 20 anni rischi cardiovascolari ridotti del 10%


Più sotto controllo pressione, diabete e colesterolo, in calo l’indice di massa corporea e l’abitudine al fumo. Le donne sono meno virtuose Questi i risultati di uno studio italiano presentato in occasione del Congresso dell’Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri in corso Firenze.

01 GIU - Un pochino più magri e meno fanatici della sigaretta rispetto agli anni ‘80, con il colesterolo e la glicemia che non sforano troppo i limiti e la pressione che comincia a scendere. Cuore e vasi stanno un po’ meglio rispetto a vent’anni fa, perché finalmente gli italiani riescono a tenere maggiormente sotto controllo i fattori di rischio cardiovascolare più importanti. Il merito? Delle terapie farmacologiche, che molti hanno iniziato a seguire con maggiore costanza, e della consapevolezza sempre più diffusa che ciascuno possa fare tanto per ridurre il pericolo di infarti e ictus.
 
 
Lo rivelano gli studi discussi in occasione del Congresso nazionale dell’Associazione medici cardiologi ospedalieri (Anmco) chie si chiude oggi a Firenze. Studi che hanno coinvolto circa 3.500 italiani nell’arco di 20 anni, mostrando come i fattori di rischio cardiovascolare si siano complessivamente ridotti, contribuendo a diminuire in modo concreto l’incidenza di attacchi di cuore e ictus.
 
Uno scenario quindi positivo, anche se non mancano alcune ombre: le donne ad esempio tengono più sotto controllo la pressione, ma sta aumentando il numero delle fumatrici e se sono diabetiche non riescono a mantenere la glicemia nella norma; inoltre, una ricerca mostra che nei pazienti già colpiti da un evento cardiovascolare il cambio di stile di vita è fondamentale, ma si riesce a farlo solo se ci si comincia a impegnare subito o al massimo entro sei mesi, perché dopo la forza di volontà se ne va ed è più probabile non abbandonare le cattive abitudini.
 
I dati presentati a Firenze arrivano dal Progetto Valle dell’Irno Prevenzione, che in Campania ha coinvolto circa 3500 dal 1988/89 al 2008/2009 ogni dieci anni, registrando elementi come l’indice di massa corporea, l’abitudine al fumo, la presenza di diabete, ipertensione e ipercolesterolemia.
 
“I dati raccolti indicano che negli anni i fattori di rischio cardiovascolare sono lentamente migliorati – spiega Francesco Bovenzi, presidente Anmco – l’indice di massa corporea, ad esempio, risulta in lieve calo nonostante sia ancora mediamente elevato e vi siano ancora molti soggetti obesi. Un effetto ancora più evidente di miglioramento si è visto con il colesterolo: alla fine degli anni ‘80 non c’erano ancora le statine, nel 1998/99 i pazienti in trattamento erano meno di uno su dieci, oggi sono il 40 per cento e fra questi il colesterolo rientra nei limiti in circa il 90 per cento dei casi. Migliorati anche i livelli di chi non prende farmaci: grazie forse a un’alimentazione più attenta, la quota di soggetti con il colesterolo alto che oggi riesce ad avere esami non troppo sballati è quasi quadruplicata, passando da circa il 10% a quasi il 40%”.
 
Risultati simili anche per i diabetici: la percentuale di pazienti in cura con i farmaci è raddoppiata passando da circa il 30% degli anni ‘80 a oltre il 60%, tanto che oggi un diabetico su quattro riesce a tenere il glucosio nei limiti mentre 20 anni fa ci riusciva solo il 5%. “Nel caso del diabete però – osserva Vincenzo Capuano, coordinatore dello studio e Direttore dell’Uoc ed Utic dell’Ospedale di Mercato San Severino (SA) – si devono distinguere uomini e donne: le pazienti infatti sono state meno virtuose e solo il 7,5% di loro mantiene la glicemia sufficientemente bassa. La percentuale sale un po’ considerando le diabetiche in trattamento, ma non si supera di molto il 12%. Le donne risultano tuttora a rischio anche perché sono andate in controtendenza rispetto agli uomini nell’abitudine al fumo: il numero di fumatrici è cresciuto del 5% in vent’anni, mentre i fumatori sono in continuo calo”.
 
 
Un’ulteriore ricerca presentata a Firenze, condotta su 200 pazienti con infarto da ricercatori del Dipartimento di Psicologia dell’università di Milano-Bicocca, mostra peraltro che in caso di eventi cardiovascolari i cambiamenti nello stile di vita si possono mettere in atto soprattutto entro i primi sei mesi dall’attacco di cuore: in questo periodo nel paziente la volontà e la voglia di modificare le abitudini sono al massimo, come spiega Bovenzi “Entro sei mesi da un infarto due pazienti su tre fanno attività fisica regolare, appena uno su due lo fa a un anno di distanza. Anche l’abbandono delle sigarette si ha soprattutto vicino all’evento cardiovascolare: chi aspetta oltre sei mesi per dire addio al fumo è probabile che poi non ci riesca. Tutto ciò significa che dobbiamo aiutare i pazienti a cambiare presto e bene lo stile di vita: se riescono a vederne risultati tangibili, ad esempio perché calano la pressione e il colesterolo e si sentono fisicamente meglio, è più semplice poi mantenere le buone abitudini”.

01 giugno 2013
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