“Il 15% degli italiani regge il peso fiscale e di conseguenza la tenuta dei servizi pubblici sulle proprie spalle. ll 53.19% dei contribuenti, pari a 31,4 milioni di cittadini, versa soltanto il 6,21%: di tutta I'Irpef (11.75 miliardi) e forse una percentuale simile di altre Imposte. A pagare sono in pochi, quindi. Solo 6,4 milioni gli italiani che superano i 35 mila euro di reddito lordo e in sostanza reggono i conti di tutti gli altri. Per garantire a tutti la sanità occorrono 60 miliardi (Osservatorio annuale su entrate e spesa pubblica). Chi guadagna dai 55.000 euro in su si fa carico di circa il 42% del gettito fiscale e non riceve nulla in cambio” (cfr. osservatorio itinerari previdenziali sulle entrate fiscali realizzato dal Centro Studi e Ricerche)". Così Tiziana Cignarelli, Segretario Generale della Confederazione Dirigenza Pubblica Codirp, intervenuta in audizione sulla Legge di Bilancio attualmente in discussione, evidenziando “le contraddizioni e le sperequazioni di fondo del testo in esame, a partire dal quadro generale dei regimi fiscali, contributivi e pensionistici, sempre più diversificati tra categorie di contribuenti e lavoro pubblico e privato”.
“In più - prosegue in una nota - si è registrato nel 2023 un aumento delle entrate contributive e tributarie soprattutto dovuto dal lavoro dipendente, tuttavia l’aumento del drenaggio con questa manovra non comporta spese in favore di quei destinatari. Anche un approccio squisitamente ragionieristico, quindi, non trova coerenza nel disegno complessivo. La riduzione del cuneo fiscale è di fatto finanziata dal lavoro dipendente che vede penalizzato il regime delle detrazioni per redditi superiori a 40.000 euro, che sono gli stessi che reggono il sistema fiscale. Anche una manovra di stampo ragionieristico non dovrebbe limitarsi a recuperare gettito dragando dal solito bacino di lavoratori dipendenti e pensionati, a cui vengono pure riservati ulteriori peggioramenti e prospettive economiche e di vita lavorativa e pensionistica. Tanto premesso, la scarsità di risorse destinate ai rinnovi contrattuali imporrebbe che siano almeno indicate la distribuzione per settori dei vari CCNL Pubblici e le priorità delle destinazioni. Il tema della perequazione ed equiparazione dei trattamenti retributivi complessivi, anche di fine servizio e fine rapporto, deve essere comune a tutte le aree di personale dirigenziale e professionistico, nell’ottica di uniformità e parità di trattamento, soprattutto all’interno della medesima area di contrattazione, e così non è”.