Il DM 77/2022 segna una pietra miliare nel ridefinire l'assistenza sanitaria territoriale, promuovendo un sistema più vicino ai bisogni della comunità e dei pazienti, e garantendo un adeguato accesso alle cure per le persone affette da patologie croniche e in condizioni di fragilità. Il documento introduce molteplici novità in tema di assistenza territoriale, tra le quali è opportuno ricordare le Centrali Operative Territoriali (COT), le Unità di Continuità Assistenziale (UCA), l’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI), la figura dell’Infermiere di Famiglia e Comunità, le Case della Comunità e gli Ospedali di Comunità; a queste si aggiungono l’integrazione della telemedicina come strumento fondamentale per l’assistenza territoriale, e la definizione di standard qualitativi e tecnologici omogenei.
Il rapido processo di adeguamento e implementazione del modello di assistenza territoriale nelle varie Regioni costituisce, tuttavia, una sfida significativa nell’ambito della gestione del rischio clinico, che risulta essere radicalmente differente rispetto al contesto ospedaliero. Un primo aspetto meritevole di considerazione riguarda la decentralizzazione dell’assistenza e la frammentazione delle risorse. Infatti, pur garantendo una maggior accessibilità alla cure, l’istituzione di strutture a bassa intensità di cura orientate verso la gestione di pazienti cronici, anziani o fragili porta ad operare all’interno di un contesto in cui la disponibilità di personale specialistico e strumenti diagnostici potrebbe essere limitata o non sempre garantita. La telemedicina, elemento centrale del DM 77, è un potente strumento per ridurre le distanze tra pazienti e operatori sanitari, ma introduce nuove complessità. Il monitoraggio a distanza, pur migliorando la gestione dei pazienti cronici, dipende dalla stabilità delle connessioni digitali e dalla competenza degli operatori e dei pazienti nell’uso di tecnologie avanzate.
Inoltre, il DM 77 sottolinea il ruolo attivo del paziente e del caregiver, un approccio che, se da un lato potenzia l’empowerment e la gestione autonoma della salute, dall’altro implica un’assunzione di responsabilità che potrebbe risultare complessa per alcune categorie di pazienti, specialmente per quelli più anziani o con limitate capacità di apprendimento e accesso alle tecnologie. Peraltro, il coinvolgimento attivo del paziente e del caregiver necessita di un adeguato supporto formativo e di un sistema di assistenza facilmente accessibile, al fine di ridurre il rischio scarsa aderenza alle cure e di errori gestionali. Lo scenario complesso che verrà a configurarsi nell’arco dei prossimi anni richiederà pertanto un particolare sforzo nell’adeguamento delle misure volte a garantire la sicurezza delle cure erogate, al punto da costituire un modello di gestione di rischio clinico specificamente orientato alle necessità del contesto territoriale.
Giuseppe Pasquale Macrì
Dipartimento Medicina Legale e Tutela dei Diritti in Sanità, Azienda USL Toscana sud est