“Prendiamo atto con preoccupazione delle anticipazioni di stampa riguardanti i fabbisogni formativi per Medicina per il prossimo anno accademico, indicati dal Ministero della Salute e contenuti nell‘accordo che sarà vagliato dalle Regioni per poi approdare in Conferenza Stato-Regioni”.
Così il Presidente della FNOMCeO, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, Filippo Anelli. Per quanto riguarda i Laureati magistrali a ciclo unico per Medicina, Veterinaria e Odontoiatria la richiesta è di 22.188 (+1.272 in più rispetto ai 20.916 dell’anno passato e +2.881 dell’anno accademico 2022/2023 quando la richiesta era di 19.307 posti). Di questi, 19.286 sono per medico chirurgo, con un aumento di 1153 rispetto ai 18.133 dello scorso anno.
“Per i medici – spiega Anelli – una corretta programmazione va fatta da qui a dieci anni: tanto, infatti, ci vuole, per formare completamente un medico e metterlo in condizione di lavorare nel Servizio sanitario nazionale. Ci sembra quantomeno non oculato aumentare di 1000 unità i medici che arriveranno nel 2035: in quell’anno, infatti, andranno in pensione soltanto 6263 medici, 1000 in meno rispetto al 2034. Ci troveremo dunque, solo in quell’anno, con un esubero di 13000 nuovi medici specialisti, che andranno a sommarsi agli esuberi degli anni precedenti. Diverse proiezioni indicano infatti negli anni compresi tra il 2030 e il 2032 l’inizio di una nuova pletora medica”.
“Già oggi – conclude Anelli – non mancano i medici: ancora l’ultimo Rapporto FNOMCeO-Censis, che presenteremo domani, indica che in Italia non c’è carenza di medici perché sono 410 per 100 mila abitanti, dato superiore a quelli di paesi come Francia (318 medici per 100 mila abitanti) o Paesi Bassi (390 medici per 100.000 abitanti). Sono invece non attraenti nel Servizio sanitario le condizioni di lavoro e le retribuzioni contrattuali che, per i medici nella PA, nel periodo 2015-2023 sono addirittura diminuite in termini reali del 6,1%. È recente il monito della Corte dei Conti sulla crisi del Servizio sanitario nazionale, accentuata dalla “fuga” del personale sanitario, non adeguatamente remunerato. È dunque urgente non formare più medici, ma attrarre e trattenere i medici stessi, soprattutto i giovani, all’interno del Servizio sanitario nazionale. Quindi, anziché utilizzare risorse pubbliche per creare medici in esubero, che saranno costretti a fuggire all’estero o nel privato, in un circolo perverso che non farà che rendere sempre più fragile il nostro SSN, investiamole per rendere le retribuzioni dei medici coerenti con quelle dei colleghi europei”.