A sette anni dall’approvazione della Legge 24/2017, il 1° Marzo è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il tanto atteso decreto attuativo previsto dall’art.10 comma 6 della Legge Gelli-Bianco. Ma non basta. “La norma è stata applicata al 90%. Mancano ancora tre decreti attuativi”. A ricordarlo è stato Federico Gelli direttore Sanità, welfare e coesione sociale della Regione Toscana, a margine di un evento organizzato dalla Fondazione Italia in Salute lo scorso 14 maggio a Roma.
La Legge 24/2017 rappresenta una pietra miliare nel panorama legislativo sul tema, perché introduce un obbligo assicurativo assolutamente non scontato in quanto prima dell'approvazione della norma moltissime strutture pubbliche e private non avevano nessuna forma di copertura assicurativa, ma risulta ancora manchevole. I tre decreti mancanti riguardano competenze dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass), l’istituzione di un Fondo Nazionale di garanzia e la gestione dei flussi informativi. Nello specifico, il primo decreto “delega l'Ivass a disciplinare i soggetti che vogliono svolgere questa funzione all'interno del sistema sanitario pubblico”, ha detto Gelli. In buona sostanza l’ente avrà in compito di stabilire i requisiti e caratteristiche delle compagnie assicurative che devono avere un “impianto solido per evitare strascichi anche gravi lasciati da compagnie di dubbia provenienza e consistenza, nel passato recente”.
Il secondo decreto riguarda l'istituzione di un Fondo di garanzia, “fondo che abbiamo previsto nella legge che viene alimentato da una percentuale di tutte le polizze contratte nel sistema sanitario pubblico e privato e che permetterà di avere due peculiarità: la prima consiste in un aiuto per i liberi professionisti che non possono usufruire del sistema protettivo previsto per il personale dipendente del servizio sanitario pubblico o privato e che devono continuare a pagare importanti cifre sulla copertura assicurativa”, ha spiegato ancora Gelli. In questo caso, “il fondo di garanzia aiuterà questi professionisti per contribuire quota parte dei loro costi delle loro spese assicurative”.
Come precisato da Gelli, la parte però più rilevante del fondo è destinata ai cittadini. “I cittadini che hanno subito un danno, ma che per vari motivi, non dovessero più avere la copertura o una sufficiente copertura, potranno usufruire del Fondo nazionale. Quindi doppia garanzia sia del cittadini che hanno subito un danno sia dei professionisti che svolgono attività professionale”.
Terzo e ultimo decreto mancante riguarda le norme a disciplina delle “modalità di gestione dei flussi informativi tra i Centri regionali del rischio clinico, Agenas e Osservatorio nazionale delle buone pratiche”, ha precisato Gelli.
Dello stesso avviso è Domenico Mantoan, Direttore generale di Agenas che ha ricordato come, nonostante la Legge Gelli sia una “una norma sacrosanta, il miglior prodotto di quel periodo in cui venne approvata, andato via Gelli dal Parlamento, nessuno ha preso in mano questa legge. A sette anni di distanza mancano ancora decreti attuativi da emanare”, ha detto. Inoltre, “L’applicazione è stata poi troppo frammentata tra Ministero Salute, Istituto superiore di Sanità, Agenas e Regioni. Risultato: nessuno è ‘padrone’ di questa norma”. Per questo motivo, secondo Mantoan “l’applicazione della legge 24/2017 deve essere affidata ad un unico ente che riesca a farsene pienamente carico”.
Vanno però fatte rispettare le direttive. “Quanto all’autoassicurazione o autoritenzione delle aziende sanitarie, questa all’inizio era una necessità. Quando però il tavolo di monitoraggio vede che alcune Regioni sfilano questi fondi per tenere in piedi i propri bilanci, non può far finta di nulla e lasciar fare”, ha precisato ancora Mantoan. “In questi anni, nel post Covid è ormai in atto una ‘rivoluzione’ in sanità. Si sta creando un’ecosistema unico dei dati sanitari. Abbiamo poi ulteriormente affinato uno strumento unico: il Piano nazionale esiti. Siamo cioè in grado di valutare anche il singolo professionista. Questo deve diventare un metro di valutazione anche per le compagnie assicurative e per l’autoritenzione”, ha concluso Mantoan.
Uno dei cardini della Legge 24 è affidato all'Istituto superiore di sanità: la creazione di linee guida e buone pratiche. “Si intende così limitare il range della possibile colpa medica e escludendo tutti quei casi in cui il professionista abbia rispettato linee guida o buone pratiche”, ha spiegato Rocco Bellantone presidente dell’Istituto Superiore di Sanità. “L'istituto è impegnato ormai da qualche anno nella produzione, insieme alle Società Scientifiche delle linee guida che hanno una metodologia molto accurata, molto puntigliosa, che richiede tempi molto lunghi di elaborazione e anche dei costi non indifferenti. Da quest'anno oltre a continuare nella produzione di linee guida siamo rivolti sempre più alle buone pratiche che vedono un procedimento molto più snello e quindi se ne possono produrre il numero sempre maggiore”.
Tanto c’è ancora da fare, ma altrettanto è stato fatto.
Come ricordato da Gelli, la legge nella sua completezza ha “innovato” il sistema sanitario. “Non è un caso che le principali università del Paese abbiano dedicato un'attenzione a questa norma istituendo dei master di primo e secondo livello per la formazione dei professionisti che dovranno ricoprire il ruolo di Risk Manager”, ha ricordato. “Una grande attenzione è stata rivolta anche da parte del mondo del diritto con le sentenze della Corte di Cassazione, sia la sezione penale che la sezione civile, e poi ovviamente la grande attenzione che abbiamo avuto da parte del mondo scientifico e da parte delle associazioni dei cittadini. Tutto questo importante percorso che io definisco culturale è associato anche a scelte di natura gestionale organizzativa che hanno avuto una ricaduta importante all'Istituto superiore di sanità, in Agenas e poi ovviamente nelle Regioni e nelle Aziende Sanitarie del sistema pubblico, ma anche nelle strutture sanitarie private”, ha concluso Gelli.
“È noto che la Legge 24 ha ribaltato il paradigma della responsabilità sanitaria trasformandolo in quella che noi definiamo ormai la sanità responsabile, l'assunzione responsabile del rischio”, ha detto Maurizio Hazan, avvocato e presidente della Fondazione Italia in Salute. “È un percorso lungo e importante. La giurisprudenza ha registrato quelle che sono i principi di fondo e in qualche modo ha cercato di sostenere una certa diminuzione dell'approccio inquisitorio verso la categoria dei professionisti e degli esercenti delle professioni sanitarie e ora abbiamo, in maniera un po' inaspettata, l'emanazione dei decreti attuativi che completano la parte assicurativa. Ma in realtà non sono soltanto decreti assicurativi, sono decreti che disciplinano le modalità di copertura del rischio quindi calzano perfettamente con quelli che sono i principi di fondo della Legge 24 in cui il rischio è la proposizione centrale”, ha proseguito l’avvocato.
“Il decreto attuativo pone certamente delle nuove regole assicurative di una certa portata, l'azione diretta ad esempio, il fatto che le strutture debbano assicurare tutti i loro ausiliari per le responsabilità dirette extracontrattuali, ma soprattutto il decreto attuativo ha anche introdotto molte norme di miglior gestione e miglior governo del rischio clinico”. Secondo Hazan dunque, “al netto di alcuni imprecisioni di formulazione che aprono dei dubbi interpretativi e che saranno forse risolti nella prassi, sono dei decreti molto importanti perché spostano in avanti quella che è l'asticella dell'impegno verso la sicurezza delle cure”.
“In tutto questo, anche gli obblighi di formazioni dei medici sono parte del decreto. Rendendo vigenti le norme in materia assicurativa rendono automaticamente vigenti sia l'azione diretta che le norme sulla correlazione tra gli adempimenti degli obblighi formativi e l'efficacia delle polizze”, ha concluso Hazan.