"Tutte le leggi che riguardano la nostra responsabilità, compresa la legge 24, si riferiscono all’appropriatezza con le malattie ma in nessun caso alla adeguatezza con i malati. Ci permettiamo di chiederLe, signor Presidente, come si possa definire oggi le nostre responsabilità senza definire le complessità dei malati. Questa è la ragione per la quale nella nostra proposta del 2018 abbiamo distinto con grande nettezza la 'malattia' dal 'malato' e la complicazione dalla complessità. Nei confronti della complessità non si può essere appropriati, ma si deve essere adeguati. Per cui, se non si modifica giuridicamente questo squilibrio tra complessità e autonomia la partita per la nostra professione è persa".
Così il presidente dell'Omceo di Trento, Marco Ioppi, in una lunga lettera ad Adelchi D’Ippolito, presidente della Commissione per lo studio e l’approfondimento delle problematiche relative alla colpa professionale medica.
Poi Ioppi dunque, "non si tratta di depenalizzare l’atto medico, ma di depenalizzare semmai la complessità della medicina, cioè la sua 'impareggiabilità'. Quindi si tratta di penalizzare l’errore secondo legge ma nello stesso di depenalizzare l’insuccesso con una legge apposita, perché l’insuccesso causato dalla complessità non è una colpa. Ecco perché è così importante definire le due nozioni in modo chiaro e distinto. L’insuccesso dipende dal grado di complessità della medicina nel quale rientrano i limiti oggettivi della conoscenza e delle organizzazioni, le singolarità dei malati, i contesti e le situazioni, il problema è che per depenalizzare l’insuccesso oggi è necessario ridefinire giuridicamente il grado di complessità della professione medica".
"Il conflitto sociale tra noi e i cittadini - prosegue - non si risolverà mai se prima non viene riformata anche giuridicamente la riduzione del malato a malattia e di conseguenza se prima non viene riformata la definizione giuridica che, da essa consegue, della nostra professione. A noi oggi servirebbe che si avviasse una vera riforma giuridica della professione che definisca che la medicina è una 'scienza impareggiabile' e che il medico è una professione giuridicamente 'speciale”'.
"Difendiamo l’idea politica di 'contratto sociale' anche se riteniamo che essa a sua volta debba essere aggiornata. Infatti, nella nostra proposta i cittadini, i malati, hanno certamente dei diritti, ma hanno anche dei doveri anche se questi doveri ancora fino ad ora restano indefiniti. Il malato per noi è un 'archè', quindi è un principio generatore e ordinatore ed è quindi del tutto illogico che l’archè sia la nostra controparte o il nostro avversario o peggio il nostro nemico. L’archè ha sia diritti che doveri".