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Medici e Facebook: reputazione a rischio se la vita privata diventa pubblica


Lo sostengono i ricercatori dell’University of Otago, secondo i quali i giovani medici sottovalutano l’impatto che certe informazioni, foto e commenti possono avere sul rapporto medico-paziente.

27 LUG - Facebook è ormai diventato uno strumento comune, anche tra i giovani medici. Che tuttavia ne sottovalutano gli effetti sulla vita professionale. Alcune notizie sulla vita privata di un medico possono infatti creare nei pazienti dubbi sulla sua serietà, fino a mettere in crisi il rapporto di fiducia medico-paziente o alterarlo verso forme troppo confidenziali. Lo sostengono i ricercatori neozelandesi dell’University of Otago coordinati da Joanna MacDonald, che hanno analizzato il comportamento su Facebook di 220 medici laureati tra il 2006 e il 2007, valutando soprattutto il loro utilizzo delle opzioni sulla privacy e la natura del materiale proposto sulle loro ‘bacheche’.
Dall’analisi è emerso che un quarto dei giovani medici non adotta le opzioni per restringere la possibilità di accesso ai loro profili, rendendo di fatto pubbliche a chiunque – pazienti compresi – le informazioni sulla loro vita privata. Nel dettaglio, il 66% dei medici in esame usa Facebook in modo costante e attivo. Ma solo il 63% ha attivato il filtro che limita agli ‘amici’ l’accesso alle informazioni pubblicate nel profilo di Facebook. Le pagine degli altri medici sono accessibili a chiunque e nel 46% dei casi espongono pubblicamente foto mentre bevono alcolici, nel 10% dei casi addirittura foto in stato di evidente alterazione.
“Queste informazioni – commentano i ricercatori -, anche quando riguardano comportamenti legittimi e salutari, possono disturbare i pazienti oppure alterare la natura professionale del rapporto medico-paziente o peggio rovinare la reputazione del medico, come per chi appartiene a ‘gruppi’ come ‘Perverts United’”. Per queste ragioni gli esperti sostengono che durante il percorso formativo ai giovani medici dovrebbe essere insegnato anche a discernere con più attenzione tra pubblico e privato, e verso questo dovrebbero anche spingere le autorità regolatorie.
 

27 luglio 2010
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