I Giovani medici Anaao Assomed scrivono a Draghi: “Ascolti chi lavora ogni giorno negli ospedali”
In una lettera aperta i giovani camici bianchi del sindacato chiedono un incontro con il presidente del consiglio “per ascoltare chi lavora ogni giorno nelle corsie degli ospedali e, forse meglio di chiunque altro, può rappresentare le difficoltà reali e le possibili soluzioni”
20 GEN - “Sentiamo l’urgenza di scriverLe è perché siamo costretti a constatare, quotidianamente, sulla nostra pelle che la sanità pubblica non è stata, ancora una volta, considerata come merita, destinando al suo personale finanziamenti scarsi e insufficienti. Illustre Presidente, non possiamo continuare a fare spallucce di fronte alla drammatica situazione socio-sanitaria ed economica che stiamo vivendo, né possiamo trincerarci dietro l’ancestralità di alcune problematiche e l’apparente impossibilità a trovare una soluzione”.
È quanto scrivono, in una lettera aperta al Presidente del consiglio
Mario Draghi, i
Giovani medici Anaao Assomed nella quale elencano le criticità del sistema e le difficili condizioni di lavoro dei medici. La carenza di personale, la carenza di infrastrutture, ma, soprattutto, la carenza di una reale programmazione della presa in carico del paziente, sototlineano, tutt’oggi rappresenta il vulnus maggiore del nostro sistema sanitario. Nessuno sembra accorgersene. Eppure lo abbiamo detto in modi diversi, con toni diversi e in tempi diversi.
Per questo chiedono al Presidente Draghi un incontro “per ascoltare chi lavora ogni giorno nelle corsie degli ospedali e, forse meglio di chiunque altro, può rappresentare le difficoltà reali e le possibili soluzioni.”
Di seguito la lettera aperta
Illustre Presidente,
siamo giovani Medici e le scriviamo alla fine di un turno infinito di lavoro in ospedale, senza orari e senza pause. Dallo stesso campo di battaglia di quando un anno fa, il 13 febbraio 2021, Lei accettò la guida di questo Paese, colpito dall’azione repentina e destruente di una minuscola particella virale, falcidiato dai decessi, sconfortato dalla gestione entropica della salute. Quel magone, che noi Medici portavamo dentro ogni qualvolta si contava l’ennesimo decesso, l’ennesimo ricovero, l’ennesimo accampamento di ambulanze di fronte ai Pronto Soccorso di ospedali sempre più in difficoltà, non ci lascia. Quel magone accompagna, oggi come allora, ogni singolo collega quando entra bardato in un reparto Covid, e si trasforma in pianto quando ne esce, provato fisicamente, psicologicamente e, quasi sempre, con il viso disperato dei pazienti davanti agli occhi.
E purtroppo non è finita. La quarta ondata del virus sta riportando gli ospedali verso condizioni di sofferenza che mai avremmo voluto rivivere e che ci eravamo ripromessi di non rivedere quando, sei mesi fa, si chiudevano gli ultimi reparti Covid con urla di gioia e giubilo. Riemergono, invece, puntualmente, gli stessi problemi e, cosa assai preoccupante, siamo costretti a procrastinare le cure ordinarie che si trasformeranno in nuove emergenze.
La carenza di personale, la carenza di infrastrutture, ma, soprattutto, la carenza di una reale programmazione della presa in carico del paziente, tutt’oggi rappresenta il vulnus maggiore del nostro sistema sanitario. Nessuno sembra accorgersene. Eppure lo abbiamo detto in modi diversi, con toni diversi e in tempi diversi.
Se oggi sentiamo l’urgenza di scriverLe è perché siamo costretti a constatare, quotidianamente, sulla nostra pelle che la sanità pubblica non è stata, ancora una volta, considerata come merita, destinando al suo personale finanziamenti scarsi e insufficienti.
Illustre Presidente, non possiamo continuare a fare spallucce di fronte alla drammatica situazione socio-sanitaria ed economica che stiamo vivendo, né possiamo trincerarci dietro l’ancestralità di alcune problematiche e l’apparente impossibilità a trovare una soluzione.
Agli elogi su carta (straccia) che ci hanno accompagnato nella prima fase della pandemia, sono seguite le rinnovate aggressioni (se ne contano più di 3000 in un anno), le ore di lavoro straordinario non retribuite dalle aziende sanitarie (10 milioni l’anno), le giornate di ferie arretrate di cui non possiamo godere (5 milioni l’anno), condizioni di lavoro indecorose che negano i diritti più elementari, e, come ciliegina su una torta avvelenata, un contratto di lavoro già scaduto e nemmeno applicato.
Allora Le chiediamo, Presidente, è davvero questa l’idea che la politica italiana ha dei medici ospedalieri? Capri espiatori di disservizi e inadempienze organizzative dei legislatori, piccoli ingranaggi di quella elefantiaca macchina economica che è diventata la Sanità, operai della salute costretti a elemosinare condizioni di lavoro dignitose? Se così fosse, avrebbero ragione i 1500 colleghi che ogni anno scelgono di andare via da questo Paese. Se così fosse, sarebbe giustificata quella che erroneamente viene definita ‘carenza vocazionale’ ma che è, invece, una forte e chiara richiesta di aiuto delle nuove generazioni di medici/pazienti.
Noi oggi vogliamo fidarci di Lei. Vogliamo credere che si voglia investire seriamente nella sanità italiana, portando la spesa complessiva oltre quell’8,8% che è stato raggiunto nel 2021 e che, seppur migliorato rispetto al passato (+1,3%), ancora appare al di sotto della media UE28 (oltre il 9,5%) e a quella dei principali paesi europei con i quali dobbiamo confrontarci (Francia, Germania si attestano oltre l’11%).
Purtroppo però, nonostante per il nostro paese a 40 anni suonati siamo ancora i giovani medici, non siamo tanto giovani da credere ancora alle favole. Perché quello che leggiamo ci dice altro. Le risorse assegnate dal Pnrr alla Sanità (circa 20 miliardi) sono solo al sesto posto per importanza mentre, prevalentemente destinati alla ricostruzione della sanità territoriale mentre appena 2 miliardi arrivano dalla Legge di bilancio al Fondo Sanitario Nazionale al lordo dei costi del rinnovo del contratto di lavoro per tutto il personale del SSN.
E allora i dubbi e le domande iniziano ad assalire chi, come noi medici, è un po’ paranoico e visionario.
Sarà che il futuro del sistema sanitario vuole andare in contrasto con l’articolo 32 della Costituzione? Sarà che conviene di più trasformare il servizio pubblico per anni invidiato, ma molto costoso, in servizio privato?
Tutto questo e molto altro vorremmo dirle di persona se volesse concederci un incontro per ascoltare chi lavora ogni giorno nelle corsie degli ospedali e, forse meglio di chiunque altro, può rappresentare le difficoltà reali e le possibili soluzioni.
Le cure non possono attendere i tempi della politica perché qualsiasi ritardo comprometterà il nostro sistema sanitario e il capitale umano che con fatica riesce comunque a tenerlo in vita.
Chiudiamo questa nostra lettera con le parole del Presidente Mattarella che ha voluto citare “come patrimonio inestimabile di umanità, l’abnegazione dei medici, dei sanitari, dei volontari. Di chi si è impegnato per contrastare il virus. Di chi ha continuato a svolgere i suoi compiti nonostante il pericolo”.
Giovani medici Anaao Assomed
20 gennaio 2022
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